QUATTRO PUNTI PER DIALOGARE CON L’ ISLAM PROVE DI MODERAZIONE
giovedì 16 settembre 2004 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
ESISTE un Islam moderato? È inutile perdere tempo a farci questa domanda.
La risposta è palesemente: sì . Basta guardare la televisione del Dubai, dove
una simpatica signora tiene una regolare trasmissione sulla poligamia piena
di corrosivo humour. In generale in quasi tutti i Paesi mediorentali, specie
dopo i G8, le riforme sono in agenda: lo sbarco della guerra di George Bush
ha aperto una pagina altrettanto rivoluzionaria di quella aperta dallo
sbarco di Napoleone. Tutto il mondo arabo, persino la Siria si interroga,
dagli Emirati all’ Egitto. Bernard Lewis spiega che nella storia islamica,
specie del sultanato, c’ è un germe del principio di consultazione e di
delega. D’ altra parte bisogna essere chiari: l’ Islam è una religione i cui
testi sono pieni dell’ epos e della legge del grande guerriero, lui stesso
capo di 27 campagne, che fu Mohammed; vi ha grande spazio l’ ossessione di
una storia di grandezza interrottasi in modo oltraggioso; e l’ idea di
schiacciare la Cristianità che l’ ha sconfitto. Il desiderio di dominio di
questo Islam è totalitario e non trattabile, e ha migliaia di teorici e
milioni di seguaci.
Dov’ è dunque l’ Islam moderato? E può vincere? Non è difficile scorgerlo fra
la gente e gli intellettuali; ma è altrettanto vero che fra questi stessi è
cresciuto uno « shahidismo» , una religione di massa che onora e leonizza la
figura dello shahid che li libera dalle frustrazioni, promette la riscossa,
e compensa dalla sofferenza di vivere sotto regimi terroristi. I ritratti
degli shahid sono nelle case, nelle strade e nelle moschee, formano l’ air du
temp, servono ai dittatori, anche a quelli moderati, per canalizzare lo
scontento delle masse. L’ Islam moderato, date le caratteristiche piramidali
del mondo arabo (e, con enfasi, anche iraniano) può vincere solo attraverso
la parola della leadership, delle gerarchie religose, degli intellettuali,
solo per un ordine ai giornali, alle moschee, alle scuole. E per
identificarlo si possono proporre tre criteri, di cui il primo è argomento
sia di Magdi Allam sia di Paolo Mieli: la concreta presa di posizione contro
il terrorismo. Aggiungeremmo che alcuni Paesi arabi, come l’ Arabia Saudita e
l’ Egitto, da sempre combattono il « loro» terrorismo, e quindi devono dire:
combattiamo anche il terrore contro l’ Occidente. E devono proibire
l’ esaltazione del terrorismo suicida, religioso e politico. Ogni condanna ex
post è convincente, risulta solo un fatto di opportunità , come nel caso
repugnante di Hamas che nello stesso giorno chiede di liberare i reporter
francesi e uccide su un autobus 16 innocenti.
Seconda condizione: consentire la libera espressione politica e artistica.
Non basta per esempio che Gheddafi dichiari di essere sulla buona strada
quanto a armi distruzione di massa: bisogna sapere dov’ è finito il
prigioniero di coscienza Fathi Eljami (era sparito, forse ora è di nuovo in
vista); in Egitto bisogna smettere di persgeuitare Sa’ d Al-Din Ibrahim; in
Siria, in Iran (Siamak Pursand e decine di migliaia ancora), in Giordania...
liberare i prigionieri politici, cessare dalle condanne a morte. Terzo
punto: promuovere la condizione della donna, senza accampare inutili
illusioni etnocentriche (le loro, non le nostre) sul burqa, la poligamia, la
escissione, la lapidazione per crimini sessuali, e magari il delitto
d’ onore. Promuovere la donna significa il cambiamento totale del mondo
arabo.
Non ultimo punto per importanza: l’ Islam moderato proibisca l’ antisemitismo,
perché esso eccita al terrorismo. Consiglieremmo uno sguardo alle vignette
della stampa araba sulle presidenziali americane: Bush mette stelle di David
in un’ urna del partito repubblicano mentre Kerry le mette in quella dei
democratici (Al Ittihad, Emirati Arabi). Akhbar al Khalij, Bahrain: sopra un
candelabro tradizionale (Menorah) Bush balla sulle fiammelle accese... In
Egitto, Al Gumorrya (giornale statale) pubblicava un fondo sull’ attentato di
Madrid: « Sono gli ebrei con le loro mani puzzolenti e insanguinate dietro a
tutti i problemi. La loro più recente operazione è l’ attentato di Madrid» .
Anche dopo la tragedia dell’ Ossezia, gli ebrei sono stati accusati di essere
dietro l’ orribile attacco (come dietro quello delle Twin Towers) per i loro
interessi economici (Al Dustur, per esempio).
Queste quattro prove di moderazione del mondo arabo, qua e là tentate con
enorme, innegabile difficoltà . Ma almeno l’ interesse per la moderazione è
stato mosso, ciò che potrebbe aiutarci nella guerra al terrorismo, se
sappiamo evitare i finti moderati che cercano solo vantaggi.