PROMESSE E VETI DELLA CAMPAGNA ELETTORALE INCOMBONO SULLE TRATTATIVE PER IL FUTURO ESECUTIVO Quante spine nel trionfo del premier di fronte al pu zzle del nuovo governo Maggioranze schiaccianti in teoria, quasi impercorribil i in realtà
mercoledì 29 gennaio 2003 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
VITTORIA schiacciante di Sharon, discesa rovinosa dei laburisti,
affermazione potente dello Shinui, tenuta dei partiti di destra e
religiosi
e dei partiti arabi, sconfitta dell'estrema sinistra del Meretz, il
cui
segretario Yossi Sarid si è immediatamente dimesso in tv. Il crollo
di
Mitzna e la vertiginosa salita del Likud aprono giornate frenetiche
di
trattative, in forte contrasto con lo spleen di una giornata di
elezioni
tanto rivoluzionaria. Le elezioni infatti si sono svolte al
rallentatore,
l'astensionismo ha steso la sua ala mai conosciuta prima su tutta
Israele,
la gente per circa il trenta per cento ha preferito restare seduta al
sole
d'inverno ai caffè sul lungomare di Tel Aviv: non vado a votare, non
mi va,
non c'è nessuno che mi può promettere quello che voglio io. Che cosa?
La
pace, la ripresa dell'economia. Chi lo può ? Sharon, che non è
riuscito a
bloccare il terrore? Mitzna, che non ha saputo far di meglio che
riproporre
il fallito accordo di Oslo e Arafat come interlocutore? O il nuovo
venuto,
Tommy Lapid, il laico che ha radunato così tanti israeliani sulla
laicizzazione e quindi sulla modernizzazione del paese, spingendo la
gente a
un bizzarro acting out rispetto all'incubo del conflitto israeliano,
o
peggio, che basa tutta la sua campagna sul « no» ai religiosi, e non
su
progetti di pace.
Così , molto più che nel passato anche se meno che in tanti altri
paesi
democratici, gli israeliani sono rimasti a casa, mentre la frenesia
percorreva le sedi di partito che cercavano i loro votanti uno a uno
e li
portavano a votare quasi a forza. E' un segno dei tempi che denota
depressione, denota sfiducia; ma chi ha votato ha consegnato a
Sharon, quasi
tre volte quanto nel passato, la grande responsabilità di essere il
padre
difensore del il popolo dal terrore. Il premier dovrà impegnarsi a
procedere
verso uno Stato Palestinese che porti la pace. E nell'immediato, si
trova
tra le mani la patata bollente della formazione di un governo
impossibile.
Gli scenari sono così divaricati a dismisura, e uno è il peggiore
incubo del
primo Ministro: un governo con i partiti religiosi e nazionalisti,
con i
rabbini di Yesha, l'organizzazione dei settler, e con Shas, gli ebrei
orientali guidati da Ovadia Yossef, il grande « rebbe» tutto vestito
d'oro e
nero, che parla senza che si riesca mai a capire quello che dice,
come la
Pizia. E peggio ancora con Echud Ha Leumi, il cui capo Yvette
Lieberman, un
russo durissimo, lo offende pubblicamente come traditore del popolo
d'Israele perché ha promesso uno stato ai palestinesi. Oppure con
Effi
Eitan, il falco capo del Mafdal, il partito dei coloni, che sostiene
l'uso
della forza per uscire da questo conflitto in cui i terroristi sono i
protagonisti. Fare un governo con i partiti religiosi, con circa 70
seggi,
lo porterebbe su una posizione impossibile rispetto agli Stati Uniti,
che
chiedono a Israele di accedere rapidamente alla « road map» , il piano
che di
fatto promette lo Stato Palestinese.
Un governo di destra non potrebbe andare d'accordo con Bush, dovrebbe
rinunciare al prestito che gli Usa hanno promesso per l'economia
israeliana
in ginocchio, ma soprattutto non piacerebbe personalmente a Sharon,
che
vuole concludere la sua carriera con un qualche accordo di pace, e
che non
vuole essere troppo spinto a usare l'esercito al di là di quello che
a lui
appare giusto. Per questo ha bisogno dei laburisti. Dunque, che cosa
non
farà adesso Ariel Sharon per tirare il Partito laburista dentro il
governo!
Già nel discorso della vittoria durante la nottata ha lanciato a
Amram
Mitzna il suo messaggio: « Rinuncia a restare in disparte, in questa
situazione di emergenza sei obbligato moralmente ad accettare di
entrare in
un governo di unità nazionale con me» . Il sogno segreto di Sharon,
che con i
religiosi deve tuttavia mantenere un buon rapporto anche perché gran
parte
del pubblico del Likud è tradizionalista, sarebbe formare un governo
in cui
i laburisti accettassero di entrare.
Il terzo partner potrebbe essere l'altro grande vincitore delle
elezioni,
Tommy Lapid. Likud, laburisti e Shinui basterebbero a formare un
governo che
potrebbe contare su una maggioranza, anch'esso, di una settantina di
seggi.
La grande sorpresa elettorale è proprio Shinui, « Cambiamento» , che ha
fatto
la sua bandiera della laicizzazione della società israeliana. Tutti
sanno
che Lapid è un amico del Primo Ministro, che Sharon non è
personalmente
religioso. A Sharon piacerebbe un governo laico con Shinui e
laburisti, e
basta. Ma di fronte a questa possibilità si ergono molti segnali di
pericolo, di opposizione senza quartiere dei settler, di
manifestazioni di
piazza e campagne di delegittimazione. Eppure, come i laburisti hanno
giurato di non entrare in un governo con Sharon, accada quel che può ,
così
Lapid ha giurato davanti al suo elettorato di non sedersi mai accanto
a Shas
o a qualsiasi altro religioso: per lui sono tutti mangiapane a
tradimento,
che non fanno il servizio militare e che non pagano le tasse.
Potrebbe mai Mitzna, che ha fatto del suo rifiuto a un governo con
Sharon
una delle sue fallimentari bandiere, accettare di andare al governo?
Dipende
da vari fattori: fra tutti, Sharon gioca su quello della guerra
prossima
ventura, quella con l'Iraq. In caso di un attacco missilistico o di
altro
genere, la situazione di tensione crescerebbe oltremodo, il richiamo
della
foresta diventerebbe fortissimo, e Mitzna non potrà più tirarsi
indietro
quando gli israeliani avranno le maschere antigas sul viso. Questa è
l'idea
di Sharon, che potrebbe nel frattempo organizzare un governicchio
temporaneo, con i religiosi sempre sulla soglia d'uscita e la
promessa al
partito laburista di molti ministeri appetibili, anche a costo di
sacrificare personaggi importanti del suo stesso partito.
Ma per Mitzna la prova d'amore che consentirebbe poi il matrimonio è
un'altra: la garanzia potrebbe provenire proprio da una scelta di
Sharon per
un governo completamente laico, in cui un voltafaccia ai religiosi
simbolizzi la volontà di lasciare gli insediamenti, molto più di
tante belle
parole.
Attualmente occorre, comunque, qualche salvatore perché un governo
possa
essere formato, dato che un governo esclude i religiosi, l'altro
rifiuta
Mitzna: qui, per una volta il sistema partitico israeliano, che con
la
proporzionale dà tanta importanza ai piccoli partiti, potrebbe venire
in
aiuto. Formazioni mediane, come quella moderata di Nathan Sharanskji,
« Israel be Aliah» , o, su tutt'altro fronte, come i Verdi potrebbero
formare
alleanze che puntellino o ideologicamente (Sharanskji è
semireligioso) o
numericamente una maggioranza pericolante. Ma pericolante resterebbe,
e
tutti qui già parlano delle prossime elezioni. L'altra voce
insistente, è
che Sharon non formerà il governo, come la legge gli consente, per
dieci
giorni interi, in cui riprenderà subito i contatti con i palestinesi,
cercando così di spingere i laburisti a seguirlo nel governo.