Prevista per l’ erede di Arafat la condanna a cinque ergastoli Marwan Barghouti è stato giudicato colpevole di tre attentati con cinque morti. Le B rigate Al Aqsa: rapiremo soldati per uno scambio
venerdì 21 maggio 2004 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
GERUSALEMME
Giunge nel mezzo dell’ infuriare della battaglia di Gaza, da Tel Aviv, la
condanna di Marwan Barghouti (la sentenza è prevista per giugno e dovrebbe
contenere cinque ergastoli) per tre attentati terroristi con cinque vittime,
e somiglia a una battaglia essa stessa, come tutto in questa terra. Nessuno
è contento: certo, in carcere, non il 44enne leader dei Tanzim, e quindi
anche delle Brigate di Al Aqsa loro emanazione armata, che ha sempre
dichiarato l’ incompetenza di un tribunale penale a giudicare sulla sua
leadership politica « contro l’ occupazione» , perchè , come ha detto ieri
« finchè le madri palestinesi piangeranno, piangeranno anche quelle ebree» .
Non è contenta la procura generale, che pure si deve inchinare al consueto
rigore dei giudici, che di fronte all’ accusa di 36 attentati terroristi,
sommersi da 20 volumi di documenti che si è accumulata sui loro tavoli
dall’ aprile 2002 quando Barghouti fu arrestato, sebbene abbiano trovato
prove penali precise e definitive solo per un’ esigua minuranza delle accuse.
Non sono per niente contenti i palestinesi, che vedono in Barghouti un
leader eroico, un combattente della libertà che gli israeliani stanno
semplicemente perseguitando.
Mentre una manifestazione cui partecipavano anche israeliani del fronte
pacifista si svolgeva fuori del tribunale e Barghouti alzava le mani
ammanettate facendo il segno della vittoria, il deputato arabo israeliano
Mohammad Barakeh lo salutava gridando:« Marwan, quelli che oggi ti giudicano
alla fine negozieranno con te. Tu non starai in prigione a lungo come Nelson
Mandela» .
Molto più diretto il dissenso delle Brigate di Al Aqsa nata dai tanzim e più
nota per rappresentare la fazione armata del Fatah di Yasser Arafat, che ha
annunciato che il gruppo farà di tutto, come priorità centrale, per rapire
soldati israeliani in modo da scambiarli con Barghouti. Certo, per niente
felici i genitori, i parenti gli amici delle vittime dei 33 attentati
terroristi che Barguti era accusato di avere ordinato.
Un’ altra manifestazione marciava con i ritratti degli uccisi. Un dissenso
particolare l’ ha espresso il ministro Tommy Lapid, dello Shinui, che in
questi giorni si batte per convincere Sharon a uscire subito da Gaza: « Dopo
questo verdetto - ha detto - dobbiamo considerare l’ idea di mettere Arafat
sotto processo» . La sua osservazione nasce dal fatto che Barghouti, come
dice anche il verdetto erano « basati su istruzioni» di Arafat, che tuttavia
non dava ordini ma luci verdi. Barghouti è stato accusato giusto in base a
documenti che provano come esso fosse l’ anello di passaggio dall’ Autonomia
Palestinese alla lotta armata e terrorista. Adesso probabilmente il seguito
della sentenza sarà una serie di ricorsi.
Eppure tutti pensano in Israele che questo processo non chiude qui la
partita: questo 44enne, di fatto, nel gruppo della leadership attuale
dell’ Autorità palestinese possiede un insieme di caratteristiche adatte a
sostituire Arafat. Barghouti è un piccolo popolano laico e iconoclasta,
adorato dalla popolazione e uscito dalla costola di Arafat.
Il suo rapporto col Raiss è sempre stato di reverente arroganza, fin dai
primi momenti in cui Arafat gli ha dato il mandato dal settembre del 2000 di
costruire un movimento armato di piazza, e contemporaneamente una rete
sotterranea. Barghouti era un leader nato durante la prima Intifada e
cresciuto in assenza di Arafat sulla sua testa: quando il capo è tornato da
Tunisi gli si è donato, ma ha seguitato sempre a costruirsi, appunto, come
Tanzim, base ruspante, gruppi di contorno a sfondo violento.
Nell’ aprile 2002 l’ esercito, in seguito al terribile attentato di Natania ha
lanciato l’ operazione Muro di Difesa e ha trovato negli uffici del fatah e
dei Tanzim una quantità di documenti che provavano il passaggio di danaro e
di ordini su misura per chi sa intendere da Arafat a Marwan, e poi avanti
fino ai livelli esecutivi della catena del terrore. Stipendi, cinture di
tritolo, denaro per l’ organizzazione, ogni tipo di supporto, tutto era
annotato in lettere che passavano dagli uffici con cui aveva a che fare il
fatah e i tanzim di Barghouti. Bargouti, per altro era stato uno degli
uomini dell’ accordo di Oslo, un personaggio in stretto contatto con la
sinistra israeliana che parla un buon ebraico e che non ha alcuna simpatia
per Hamas.
Dal carcere cercò di mediare la famosa « hudna» , la tregua fra Fatah e Hamas.
Dopo il verdetto che lo trova direttamente colpevole dell’ assassinio di un
attacco nel gennaio 2002 in cui fu uccisa una donna, Yoela Cohen, che aveva
l’ unica colpa di fare benzina a una pompa scelta come obiettivo; di un
monaco greco nel giugno 2001, e di tre ragazzi che cenavano al « Seafood
market» un ristorante di Tel Aviv, nel marzo 2002, Barguti ha detto: « Sono
contro l’ uccisione di innocenti, ma combatterò fino all'ultimo contro
l’ occupazione» . In realtà , è evidente a tutti, come hanno detto i giudici,
che Barghouti è stato un personaggio fondamentale nel regime di terrore, ma
anche un bizzarro pragmatico, avverso alla mitologia di Arafat. « L’ accusato
“ - dice il verdetto - manteneva contatti con gli operativi attraverso
associati a lui vicini. Era responsabile di provvedere unità sul campo con
denaro e armi» . Un terrorista. Ma per lui non è detta l’ ultima parola.