PREMUTO DAGLI STATI UNITI CONCEDE MOLTISSIMO, MA DICE CHIARO CHE NON CEDERA’ AL PERICOLO KAMIKAZE Il premier punta sulla pace ma rafforza le difes e Non farà sconti al terrorismo, continuerà a combatterlo in tutte le forme
sabato 24 maggio 2003 La Stampa 0 commenti
LA decisione di Ariel Sharon di portare al consiglio dei Ministri
eppoi al
Parlamento la Road Map è di quelle che al tempo di Oslo si sarebbero
considerate « una decisione dei bravi» ; non sarà facile farla
approvare né a
destra né a sinistra. Per la sinistra, Sharon fa male a chiedere
qualche
modifica. Per la destra, Uzi Landau ha detto che la mappa è ben più
pericolosa del processo di pace che ha condotto poi alla seconda
intifada.
Però , quando fra pochi giorni George Bush verrà in visita in
Medioriente,
potrà dire che qualcuno ha dato seguito al grande disegno del 27
giugno
scorso e che, finalmente, il dopo Iraq è cominciato, anche se sotto
il
fuoco, per merito di Israele. In Sharon, la grande strategia politica
ha
fatto premio sulla tattica.
Infatti la decisione viene presa in piena tempesta terroristica: ai
cinque
attacchi che hanno avuto luogo nel giro di poche ore, l’ esercito non
ha
risposto con nessuna operazione speciale; né è stato dato un rilievo
militare operativo alla cattura di un peschereccio carico d’ armi
nelle acque
di Haifa, tributo degli hezbollah al terrorismo palestinese. Ma, a
lato
degli attacchi terroristici, che non sono certo un fenomeno nuovo, un
dato
inedito c’ è , ed è questo che Sharon vuole valorizzare nell’ ambito di
una
strategia più generale: il tentativo di Abu Mazen di sostituire il
regime
dittatoriale di Arafat con una gestione più democratica, che abbia
come
primo compito fondamentale quello di combattere il terrorismo.
Abu Mazen ha più volte ripetuto che non poteva neppure cominciare a
pensarci, se Israele nel frattempo non avesse accettato la Road Map,
perché ,
in quel caso, non sarebbe esistito nessun accordo che preludesse a
una pace
desiderabile per i palestinesi: una diversione semantica, perché è
evidente
che la fine del terrore, o almeno un qualunque segnale
dell’ intenzione di
farlo finire, è un prerequisito per qualsiasi trattativa di carattere
territoriale. I precedenti storici dicono che Israele alla trattativa
è
stato lungamente favorevole, e che anche i palestinesi si
avvicinarono al
processo di Oslo sembrando tali, ma che tuttavia mai, neppure durante
il
lungo processo di pace, furono disposti a fermare il terrorismo che
poi ha
preso il sopravvento.
E in ogni caso, la bontà di qualsiasi Road Map si può affermare
solamente se
il terrorismo cessa: che pace potrebbe mai essere quella che, persino
in
presenza di mille trattati firmati, persino in presenza di uno Stato
palestinese, contemplasse cinque attentati terroristici in dodici ore?
Dunque perché , in assenza di qualsiasi garanzia e persino in presenza
di una
rinnovata richiesta di Abu Mazen del diritto di ritorno dei profughi
- che
addirittura annullerebbe, com’ è comune opinione, lo Stato di Israele
-
Sharon accetta adesso la Road Map? Perché si appresta al congelamento
degli
insediamenti, mai fatto prima da nessun primo ministro israeliano,
allo
sgombero degli avamposti dei coloni, all’ immediato varo di
facilitazioni
economiche, all’ apertura dei check point e, nel giro di due anni,
alla
fondazione dello Stato palestinese?
Perché , sotto l’ urgenza americana, vuole fare iniziare il dopo Iraq,
una
fase fondamentale per Israele nell’ ambito delle dinamiche
mediorientali che
si spera possano avviarsi dopo la scomparsa di Saddam Hussein:
ovvero,
quella strada di democrazia e di rovesciamento dei potentati arabi
sostenitori del terrore che porti i popoli mediorientali a vivere
sotto
governi per nulla interessati al finanziamento e al sostegno dei
terroristi
suicidi.
Così Sharon - che ha sempre detto, fra cori di scetticismo, che
accettava la
Road Map, ma basava la sua accettazione sul discorso di Bush del 24
giugno
scorso e non sul pensiero europeo che spera che, in cambio di terra e
denaro, a spese di Israele, il terrorismo abbia fine - punta oggi
sulla
democratizzazione dell’ Autonomia Palestinese come primo passo per un
nuovo
Medioriente. Questa scelta però ha un risvolto, perché Sharon ha
sempre
ripetuto che non è disposto a giocare giochi politici sulla pelle dei
suoi
concittadini.
Quindi non ci saranno sconti al terrorismo in termini di sicurezza:
per
quanto è dato capire oggi, l’ esercito israeliano seguiterà a cercare
di
contenere il terrorismo e continuerà quindi la complessità crudele
dello
scontro con terroristi che si nascondono fra la popolazione civile.
In una
parola, come con la guerra in Iraq il terrorismo non è finito, così
avverrà
su quella parte dello scenario mediorientale costituito dallo scontro
israelo-palestinese. Ma la pace e il terrore non sono compatibili, a
meno di
considerare il terrorismo un inevitabile moloch da pacificare con
vite
umane.
Sharon e Israele accettano la Road Map ma, per evitare le critiche
interne
al governo, probabilmente alzeranno il livello di guardia.