Pragmatismo, piccoli passi, sincerità reciproca: ecco la nuova form ula del negoziato Per dimenticare Netanyahu
lunedì 12 luglio 1999 La Stampa 0 commenti
                
Fiamma Nirenstein 
GERUSALEMME 
CHI volesse comprendere com’ è andato ieri il primo incontro di Stato 
tra 
Arafat e Barak, avrebbe dovuto scrutare il linguaggio del corpo dei 
due 
leader, più che ascoltare le loro parole. Nel momento in cui Barak, 
contrariamente a quello che faceva Netanyahu, si è fatto incontro ad 
Arafat 
che scendeva dalla sua limuosine davanti alle scale; e nell’ attimo in 
cui 
l’ ha sostenuto come un padre quand’ era quasi in vetta alla rampa; è 
nella 
risata comune quando Arafat ha spostato l’ aiutante che gli fungeva da 
traduttore dalla sinistra, dove gli impediva la vista di Barak, a 
destra. Il 
risultato dell’ incontro è nell’ iterata comparazione che Arafat ha 
fatto tra 
Rabin e il nuovo primo ministro; sta nel dono del vecchio titolo 
« partner e 
amico» con cui sempre Arafat chiama Shimon Peres e con cui chiamava 
Rabin. 
Insomma, l’ incontro ha certamente confermato che la ripresa del 
dialogo c’ è , 
che l’ onore e la fiducia, la coppia senza la quale non si possono 
fare 
inviti a cena in onore della pace, è di nuovo disponibile in Medio 
Oriente. 
C’ è chi ha detto che si trattava dunque di un incontro d’ attesa, 
perché il 
Grande Partner Bill Clinton attende ancora a Washington la visita del 
premier israeliano dal sorriso di gatto e che quindi fino ad allora 
non c’ è 
giuoco. 
Ma non è stato proprio così : si era detto che Barak voleva mettere da 
parte 
l’ accordo di Wye Plantation per proporre l’ immediato inizio dei 
colloqui per 
lo statuto finale dei rapporti. Ma Arafat, evidentemente, appena si 
sono 
incontrati gli ha posto in veto a questa ipotesi: ne andava del suo 
onore. 
Lui ha firmato l’ accordo, lui lo vuole vedere realizzato. Barak 
tentennava, 
perché le varie erosioni territoriali prima di trattare l’ intero 
pacchetto 
certamente non gli convengono. Ma la soluzione è stata trovata: Barak 
ha 
capito al volo e ha annunciato senza battere ciglio che Wye sarà 
realizzato 
con il conseguente ritiro territoriale. Ma ambedue le parti hanno 
subito 
ribadito che questo avverrà contestualmente all’ apertura dei colloqui 
sullo 
stato definitivo. Quindi, tutti e due contenti. Non solo: da ambo le 
parti 
la dichiarazione di guerra al terrorismo è stata durissima: in altri 
termini, questo significa che Arafat promette a Barak, in cambio del 
ritiro, 
una guerra senza quartiere ad Hamas. Non è finito: alla popolazione 
palestinese dell’ Autonomia importa abbastanza, sì dei Territori, ma 
ancora 
di più di quei benefici concreti, piuttosto pochi fino ad ora, che la 
pace 
può portare con sé . Per questo i due hanno fatto una lista che 
riguarda il 
ritorno dei prigionieri, il porto di Gaza, e mille altre cose 
pratiche 
realizzabili in tempo breve. Ovvero le cose più facili, o almeno le 
meno 
difficili che Bibi rendeva impossibili; Barak invece le considera 
fattibili. 
Compresa quella inevitabile con cui Netanyahu seguitava a combattere 
come 
contro un immenso mulino a vento ideologico: la nascita dello Stato 
palestinese. Barak, realisticamente, sa che è inevitabile e anzi 
imminente, 
e più volte ha ripetuto nei giorni passati che deve nascere ma non 
per 
questo portare pericoli per la sicurezza di Israele. Arafat sa che in 
questo 
il suo interlocutore è più che serio; anche ieri il nuovo primo 
ministro 
israeliano ha ripetuto al mondo intero di essere un uomo di 
sicurezza, che 
tutta la vita ha combattuto per questo, e che tale resterà . Sa dunque 
bene 
che la realizzazione dell’ accordo di Wye, con i suoi due sgombri 
dell’ esercito, il passaggio a Sud-Ovest da Gaza al West Bank, il 
grande 
porto a Gaza, comportano accordi antiterrorismo di ferro. Ma d’ altra 
parte, 
Barak ha subito dato conto di aver capito che la parola non mantenuta 
è uno 
sgarro imperdonabile nel mondo arabo, una mancanza di rispetto. Per 
questo 
ha pagato la tassa della riconferma dell’ accordo di Wye; per questo 
adesso 
si avvia tranquillamente verso il Re Abdullah di Giordania, prossimo 
incontro, e seguita a condurre la diplomazia segreta con la Siria. 
Tutto il 
Medio Oriente non fa che guardarlo, e riguardarlo, e rigirarl da 
tutte le 
parti, e farlo risuonare per vedere se il suo metallo è autentico: 
intanto 
Arafat esce ad incontrare Mubarak, e cresce la sensazione 
fondamentale che 
si possono fare affari con questo generale dalla faccia di placido 
felino 
domestico. 
Ma attenzione, il mondo arabo ha anche subito capito quello che forse 
ancora 
il mondo deve accettare: neppure un centimetro verrà ceduto da Barak 
per 
compiacenza, per debolezza, o per opportunismo. Nello shuch, il 
mercato 
orientale, specie quello di Gerusalemme, la regola è ben nota: prendi 
in 
giro l’ ingenuo, ma non tentare di fregare chi ci capisce quanto te. 
            