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POLEMICA LA CITTÀ CONTESA A Gerusalemme l'Europa dà uno schiaffo a Is raele

venerdì 10 febbraio 1995 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME ISRAELE, si dice sempre, è una scheggia d'Europa in Medio Oriente. Ma la madre talvolta può essere incomprensiva; può persino tirare uno schiaffo. E così sulle macchine scure con le bandiere dei loro Paesi, il segretario di Stato spagnolo, Carlos Westerdorp, il ministro degli Esteri francese Alain Juppè e il segretario di Stato tedesco agli Affari mediorientali, Hans Friederich von Ploetz (in visita in Israele per il nuovo accordo commerciale con l'Unione europea) sono andati in visita ufficiale alla Orient House, l'elegante sede dell'Olp di Gerusalemme Est. Ormai, tutti lo sanno, l'Orient House è un pezzo dell'Autonomia Palestinese dentro Gerusalemme, anzi, la sede della sua rappresentanza, e non certo, o non solo, un centro culturale palestinese. Ha ricevuto la troika Feisal Husseini, anche lui, che lo si voglia o no, la più autorevole voce politica di Arafat a Gerusalemme. Si è affrettato Husseini, alla fine della visita dei tre ministri, ad assicurare i giornalisti che i colloqui avevano avuto per oggetto soltanto le difficili condizioni di vita arabe a Gerusalemme e il processo di pace in generale: perché ciò che la legge israeliana proibisce è proprio che l'Orient House funzioni da ambasciata dell'Autonomia Palestinese e tratti questioni politiche in suo nome. Ziad Abu Ziad, un altro dignitario palestinese, ha ripetuto che non erano argomenti amministrativi palestinesi quelli che erano stati trattati, quanto piuttosto questioni relative ai palestinesi che vivono fuori dell'Autonomia e che, alla fine dell'incontro, Juppè aveva promesso i buoni uffici dell'Europa per risolvere i problemi. Del resto, ha aggiunto Abu Ziad, non c'era bisogno di parlare dei problemi dell'autonomia di Gaza e di Gerico; tanto, subito dopo, la delegazione avrebbe viaggiato verso Gaza per incontrare Arafat. E allora che bisogno c'era, ha commentato la gente in Israele, di andare in visita ministeriale alla tanto discussa pretesa casa della cultura palestinese sita nel cuore di Gerusalemme? Non era forse questo uno schiaffo? Un messaggio che dice a Israele che anche i palestinesi in Europa sono già considerati in parte i padroni di casa a Gerusalemme? Il sapore della beffa si è fatto più intenso nel corso della giornata, quando è stato chiaro che anche il verdetto della Corte Suprema, dopo che alcuni gruppi di destra avevano presentato un'istanza per impedire la visita ufficiale all'Orient House, era stata respinta. Non solo, il viceministro degli Esteri, Yossi Beilin, il giorno avanti aveva risposto a numerose interpellanze parlamentari che con il ministro degli Esteri francese aveva ben chiarito che la visita sarebbe stata una pura e semplice visita di cortesia, aggiungendo che l'autorità palestinese, comunque, è una cosa, e l'Olp un'altra. Boati dal pubblico. Ma più tardi, ricevendoli, Rabin ha bacchettato i tre ministri: non si fa così , ha detto, quando si è ospiti in un Paese amico. L'Orient House svolge la sua autorità a Gerusalemme dal 1991 sotto la guida di Feisal Husseini, ma dopo l'accordo di Oslo avrebbe dovuto limitare le sue attività a tutto ciò che non ha un sapore statuale, amministrativo. Questo è riservato a Gaza e a Gerico. Invece nel '94 ci sono state 45 visite ufficiali, di cui 2 compiute da primi ministri. Nel novembre dell'anno scorso creò grande disappunto nel governo israeliano la visita del primo ministro turco signora Tansu Ciller. Per poco non ci fu uno scontro fisico fra le guardie del corpo israeliane della presidentessa e i palestinesi di picchetto sulla porta dell'Orient House. Un gioco pericoloso, sempre sull'orlo del baratro legale, sempre sull'orlo della chiusura della casa che il sindaco conservatore Olmert vede come il fumo agli occhi. Anche oggi molti hanno manifestato il loro disappunto sulla porta. Ma ciò che più conta, la visita di oggi apre di nuovo una ferita che sanguina dal 1967, quando il presidente francese Charles De Gaulle di fronte alla guerra dei Sei Giorni (Israele era stata attaccata) ordinò l'embargo delle armi per lo Stato ebraico. De Gaulle, in quell'occasione, chiamò gli ebrei: sicuro di sé e troppo dominante. Fino a quel momento, De Gaulle e la Francia erano stati i migliori amici d'Israele. Da allora, la sensazione che l'Europa, già matrice di tanti terribili eventi per gli ebrei, si associasse vieppiù alle posizioni arabe, e a quelle palestinesi in particolare, ha sviluppato negli israeliani una diffidenza unita a un'acuta nostalgia per quella che comunque è la patria d'origine di tutto il gruppo dirigente politico- culturale che ha fondato lo Stato. Di conseguenza, si è avuta una progressiva americanizzazione di costumi, un volgersi verso la sponda amichevole, un oblio delle generazioni nuove che solo ora, con il processo di pace e con il desiderio degli israeliani di sentire maggiormente le loro radici, si va mutando in curiosità , in viaggi, in letture di autori europei. E tuttavia questa resta una tendenza d'elite: la strada guarda passare le macchine con la bandiera francese e pensa che l'Europa è lontana. Fiamma Nirenstein

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