Più piano, presidente Obama...
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Il Giornale, 3 giugno 2009
Dovrebbe andarci più piano, dar segno di capire che la posta in gioco non è la sua popolarità. Invece Obama sembra incamminarsi sulla via del Cairo innamorato della sua stessa bontà, delle sue parole innovatrici, a tutto gas ancora prima di aver guardato negli occhi un mondo cui spesso la cortesia appare debolezza. Il presidente sembra in queste ore essere alla ricerca di consensi preventivi, plateali, le sue parole prima della partenza sembrano ripetere quello strano gesto di profonda riverenza nei confronti del re saudita che lasciò anche i suoi più grandi ammiratori stupefatti.
Obama si è espresso contro il pericolo di cercare di imporre la «nostra cultura» a chi ha «storia e cultura diversi». Pericoloso, difficile può esserlo. Certo però quando Obama specifica e dice che «la democrazia, lo stato di diritto, la libertà di espressione, la libertà di culto, non solo valori propri dell’Occidente ma sono valori universali» e quindi insiti anche nelle culture non occidentali, viene da ridere per la (speriamo voluta) ingenuità dell’affermazione, in cui si avverte o superficialità o cinismo; soprattutto essa fa compiangere i dissidenti, i condannati a morte, le donne oppresse, quelle torturate con mutilazioni genitali, gli omosessuali perseguitati. Si appanna l’America che ha sempre cercato di salvare gli oppressi, dall’Europa sotto il nazismo, all’Urss, all’Irak. Sembra ritirarsi dalla grande gara mondiale per istaurare la libertà. Obama ha dichiarato semplicemente che vorrà servire da esempio passivo, e ignora che invece l’Islam per esempio, si vede come esempio estremamente, aggressivamente attivo, in fase di espansione. Sembra che la visione da lui più volte espressa dell’Occidente come di un mondo sostanzialmente oppressivo, che deve fare ammenda e quindi essere trasceso, sia vincente nelle sue esternazioni.
Alla vigilia della partenza per il Cairo, Obama ha chiesto alle sue ambasciate di invitare i diplomatici iraniani alla festa del 4 di luglio. Una notevole concessione senza contropartita al Paese più minaccioso del mondo, uno che alla nostra cultura guarda con disprezzo mentre viola i diritti umani e prepara la bomba. Gli Usa serviranno all’Iran da esempio? Ne dubitiamo.
Un altro punto molto importante: Obama parte verso il mondo arabo dopo aver approfondito il divario con Israele. Parte dopo che alcune voci provenienti dalla Casa Bianca, poi smentite, riferivano che gli Usa avrebbero smesso di appoggiare Israele all’Onu usando il diritto di veto. Ma nel suo viaggio c’è già una pecca d’origine: la scelta di affrontare il medio Oriente senza una tappa in Israele. Va a trovare i Paesi arabi moderati sunniti scindendo così il nesso fra la loro buona volontà per un futuro di pace per il Medio Oriente dal rapporto naturale, di contiguità con Israele. Così, darà forza a chi rovescia tutte le colpe e le responsabilità su Israele, rimandando i problemi della democrazia, delle responsabilità. Infatti una gran levata di scudi antisraeliana che l’Egitto, per esempio, non si sognava da tempo, segna la visita. Obama ha avuto cura, proprio alla vigilia della partenza di usare molte parole dure: ha detto a Israele che «parte dell’amicizia è essere onesti... e oggi la corrente traiettoria nella regione è profondamente negativa non solo per gli interessi israeliani ma anche per quelli americani. Gli Usa, insomma, saranno duri con voi. Ho già detto che Netanyahu deve congelare ora tutte le costruzioni negli insediamenti e bloccare anche la crescita naturale. Datevi da fare». Qui Obama strappa gli applausi al mondo arabo, mentre sa (speriamo) che gli insediamenti, 500mila persone, sono un difficile, lungo percorso in cui le garanzie arabe sono molto diverse da quelle attuali. Lo dicono tutte le risoluzioni dell’Onu e i vari accordi sempre rigettati dai palestinesi (quello di Oslo, quello con Olmert e Livni): sono il punto di arrivo della trattativa, dopo che i palestinesi accettino la fine della violenza e accettino uno stato ebraico, senza ritorno dei profughi, su cui invece si hanno due bei «no» da Abu Mazen.
La sensazione è che la gran macchina pubblicitaria del viaggio macini insediamenti e ottimi rapporti col mondo arabo moderato a spese di Israele per coprire la difficoltà di affrontare la questione iraniana.
More slowly, President Obama...
Il Giornale, 3 June 2009
He should go more slowly, demonstrating that he understands that what is at stake is not his popularity. Instead, Obama seems to walk towards the road to Cairo in love with his own goodness, with his own innovative words, which go at full throttle before he has first looked in the eyes a world in which often courtesy appears as weakness. The president seems to be at this time in search of consensus estimates, blatant, his words before departure seem to repeat those of a bizarre gesture of deep reverence towards the King of Saudi Arabia, which have left even his greatest admirers perplexed.
Obama has spoken against the danger of trying to impose "our culture" on those who have a "different history and culture." Dangerous, difficult as it can be. Surely, but when Obama says that "democracy, rule of law, freedom of expression and freedom of worship are not just the values of the West but are universal values" and are therefore embedded also within non-Western cultures, one comes to laugh (we hope that is the desired outcome) in relation to the ingenuousness of the statement in which one notices superficiality or cynicism; especially this ingenuousness sympathizes with dissidents, those condemned to death, oppressed women, those tortured by genital mutilation and homosexuals persecuted. The America that has always sought to save the oppressed, from Europe under the Nazis to the former Soviet Union and more recently Iraq, is tarnishing. It seems to retreat from the great race to establish worldwide freedom. Obama has declared simply that he will serve by passive example and ignores instead that the Islam perceives itself as an extreme, aggressively active example in a stage of expansion. It seems that the vision, which he has repeatedly expressed of the West, is that of a substantially oppressive world, that should make amends and therefore, be transcended, is winning out in the expression of his opinions.
On the eve of his departure to Cairo, Obama has asked U.S. embassies to invite Iranian diplomats to their July 4th celebrations. A significant concession without exchange to one of the most threatening countries in the world, one that looks upon our culture with disdain while it violates human rights and prepares the bomb. Will the U.S. be as useful example for Iran? We doubt it. Another very important point: Obama departs towards the Arab world after having deepened the gap with Israel. He starts after some prominent voices from the White House, later denied, reported that the U.S. would stop supporting Israel at the UN by using the right to veto. But in his trip there is already an original flaw: the choice of confronting the Middle East without a stop in Israel. He goes to visit the moderate Sunni Arab countries thus breaking the link between their good will for a peaceful future for the Middle East by the natural relationship of contiguity with Israel. So, he will give strength to those who place all the blame and responsibility on Israel, deferring the problems of democracy, of accountability. In fact, a great rise in anti-Israeli shields that Egypt, for example, hasn’t dreamed of for some time, mark the visit. Obama has taken care, just before his departure of using many harsh words: he has told Israel that "part of friendship is to be honest...and that today the current trajectory in the region is profoundly negative not only for Israeli interests but also for American interests. The U.S., in short, will be hard on you. I have already said that Netanyahu must now freeze all settlement construction and block the natural growth of settler communities. Start doing it." Here Obama reaps applause from the Arab world, while he knows (we hope) that the settlements, 500 thousand people, are a difficult, long process in which Arab guarantees are very different from those at present. All the UN resolutions say it, as well as the various agreements, which have always been rejected by the Palestinians (that of Oslo, that with Olmert and Livni): they are the starting point of negotiations, after the Palestinians accept the end of violence and recognize a Jewish state, without the right of return for refugees, on which instead you have two loud "no’s" from Abu Mazen.
The feeling is that the great publicity machine surrounding Obama’s travel insists on settlements and on excellent relations with the moderate Arab world at Israel's expenses, in order to blanket the difficulty of addressing the issue of Iran.
Thank you for the English translation. In his speech, Obama described himself as "a student of history". I think he needs to learn the lessons of history, one of which is: appeasement never works.
Federico , Berlino
Dissento veementemente con il Suo articolo. Lei è veramente una reazionaria.Al contrario di Lei, ho trovato il discorso di Barack Obama estremamente equilibrato: ha citato la necessità ineluttabile, da parte di ogni istituzione araba (sia essa pure Hamas!), di riconoscere il diritto di esistere ad Israele, la verità incontrovertibile della Shoah. Tutti questi sono segnali fortissimi nei confronti dell'antisemitismo arabo, della politica dell'odio perseguita dai terroristi palestinesi e un segnale allo stesso Iran. Obama non è forse stato a Buchenwald, questa sera? Non è un segnale fortissimo?Se per risolvere la questione irananiana viene cercata innanzitutto la via diplomantica, cara Nierdenstein, se ne rallegri. E' più sicuro anche per Israele il quale, d'altro canto, viola gli accordi internatzionali di NON ingrandire o stabilire nuovi insediamenti nei quali, vale la pena ricordare, non risiedono normalmente certo campioni di democrazia o tolleranza – e che anzi mal vedrebbero una felice penna come Lei… che purtroppo, vedo, persegue nella via dei commenti inopportuni e dei giornali inopportuni in cui pubblicarli.Shabbat Shalom lach!
Fogarollo Edda , Italia
La politica di Obama sorprende?La politica di Obama non sorprende. Conoscendo le sue origini, temo che questo sarà solo l’inizio della politica estera di Obama. Il Presidente confida sul suo potere di seduzione per realizzare il suo piano di obamizzazione ed islamizzazione del mondo. Penso che egli causerà dei grandi cambiamenti mondiali, ed anche la grande America perderà il suo primato di super potenza mondiale.Israele, la nazione che più mi sta a cuore, non deve cedere alle promesse di quest’uomo. Sono convinta che, se Israele non cederà ai ricatti di Obama, potrà molto presto contare su nuove alleanze, ed anche l’economia si rafforzerà. Israele è una nazione speciale, nessun altro popolo al mondo ha saputo dopo quasi duemila anni di dispersione ritornare ad essere un popolo, nessun altro popolo della terra ha saputo costruire una nazione in pochi decenni. Israele forza! Dio è con te!
germani giuseppe antonio , Oristano
La nascita dello stato di Israele è stata voluta e autorizzata dall' Onu nel 1947, vorrei gentilmente sapere da Leise l'Onu ha pure autorizzato la nascitadegli insediamenti israeliani in Cisgiordania ?La ringrazio anticipatamente.Un Suo estimatore.
Gianfranco Brambati , LANGHIRANO (PARMA)
Non sono uno che se ne intende molto, e posso sicuramente sbagliarmi, ma:ho l'impressione che il Presidente Obama non sia all'altezza del compito che si è assunto;spero proprio di sbagliarmi.cordialmente.g.b.
Daphne Burdman , Jerusalem, Israel
Superb article Fiamma. My concern is the close relationship of Obama with Rhashid Khalidi - Arafat's public relations chief, and with Obama's professor, Edward Said at Columbia University, NYC, both originators of Palestinian National Identity and Palestinian identity as "victims". I am sure that he was indoctrinated by them and in their camp. Probably you know about them, but if you want some sources, I can send them to you.
Michele , Merate/Italia
Alla luce di quanto leggo, mi viene il forte sospetto che le voci sul fatto che Obama sia in realtà musulmano e che faccia solo finta di non esserelo siano proprio vere...
shady , trieste
Cara Fiamma, io e mia moglie Ti apprezziamo molto per la Tua tenacia e la chiarezza delle idee. Vista la tabella degli ospiti della puntata di oggi, molto sbilanciata a sinistra italiana uguale molto indecisi, Ti auguriamo di poter spuntarla. Al di là di tutto ciò, non ci è chiaro come mai un presidente come Obama sia così ambiguo nelle sue esternazioni e sia così apprezzato dalla sinistra nostrana. Per me è molto chiaro che lui va lì, nei paesi arabi, da dove traggo origine, e per far vedere che è diverso, deve dire e promettere delle cose assurde. Nessuno dei paesi arabi è democratico e la maggior parte degli apparati di stato sono persone corrotte ogni giorno ed ogni minuto si continuano a vendere per fare delle cose che sarebbero così ovviamente dovute. In uno scenario di questo tipo, il presidente del più grande paese democratico come può dialogare con persone non elette dal popolo, ossia i dittatori stessi che affamano il popolo. E' chiaramente una farsa e non porterà da nessuna parte, o al massimo farà vedere che è diverso ma il risultato sarà solamente un bel buco nell'acqua. Purtroppo solo un presidente cosiddetto guerra fondaio, ma così non era, come Bush, poteva veramente fare tremare questi dittatori. Il giorno 9 aprile del 2003 per me è stato un bel giorno, quando vidi la statua di Saddam cadere per le mani dei soldati USA e cittadini Iraqeni. Anche se non si dovrebbe dire, ma in cuor mio mi sono augurato che una cosa simile possa un giorno succedere in Siria, Libano e tanti altri paesi. Invece, tutto quello che succede è che questi dittatori si mettono d'accordo con gli iraniani, nemici storici, e si fanno coprire di denaro corrotti come sono. Se il mio giudizio non è errato, se Obama avrà successo con il popolo, le autorità lo copriranno di menzogne e il risultato sarà lo stesso. Purtroppo, la maggioranza dei popoli di quelle zone sono anche loro maggioranza silenziose e chissà se un giorno avranno il coraggio di fare la rivoluzione e liberarsi. Salut
Daniel Fuss , Torino
Cara FiammaSono un cittadino israeliano e americano cresciuto in Italia. Vorrei complimentarmi per il tuo impegno a sostegno di Israele e a quello del governo la cui politica estera condivido a differenza di quella del governo precedente di sinistra. Sono pero' convinto che sia necessario cercare una soluzione pacifica del problema palestinese ed ho apprezzato gli sforzi fatti dal governo Olmert in questa direzione. Sono rimasto deluso dal risultato delle ultime elezioni in Israele e dalla direzione del nuovo governo in questo contesto. Sono daccordo con Obama sulla necessita' da parte degli USA di esercitare pressione su Netanyau per dare nuovo impeto al processo di pace. Non vedo le azioni di Obama come ostili verso Israele, credo che abbia una visione al di sopra delle parti che alla fine portera' a una soluzione che serve gli interessi di tutte le parti coinvolte nonche' dell' intera comunita' internazionale.
PIER GIORGIO , TORINO
Ciao Fiamma ascoltando il discorso di Obama non ho trovato nulla di nuovo tranne il ricoscimento al mondo Islamico e il riconoscimento della diversita tra arabi e Mussulmani ma per quanto riguarda ISRAELE niente di nuovo sentiro questa sera cosa ne pensi shalom a presto
Mara Marantonio , Bologna
Gli Ebrei americani, e con loro molti altri, hanno scambiato Obama per il Rev. King di buona memoria, grande ammiratore di Israele e per questo forse un po' dimenticato; vuoi mettere com'è più suggestivo Malcom X?Un conto è vincere un'elezione alla Casa Bianca, impresa pur difficile; un conto è governare dalla Casa Bianca. Mi sembra di un dilettantismo pauroso, l'uomo. Pure disinvolto e cinico...Forse la cultura di Israele gli è estranea, come sostiene Benny Morris; ma allora anche la cultura del suo Paese gli è estranea... Senz'altro ha sbagliato destinatario nei suoi ammonimenti: non è Israele a dover accettare uno Stato palestinese, ma sono i Palestinesi a dover accettare uno Stato ebraico, anche per la loro sicurezza; nel caso magari che i potenti della zona dovessero stancarsi di loro e nominare altri come povere vittime del mondo; tipo Stalin quando minacciava la Krupskaja di mettere qualcun' altra a sostenere la parte della vedova di Lenin! Allora meglio per i Palestinesi, se ci sono guai, avere vicino uno Stato potente e democratico che li difenda, per non essere, loro, buttati a bere l'acqua del Mediterraneo.
vanni , italia
I problemi sul tappeto, pesanti, brutali e senza riguardi per nulla come macigni che rotolano lungo una china, non saranno governati (di soluzione non parliamo neanche) con le sole abilità nella comunicazione e cura dell'immagine, che - utilissime in quanto d'aiuto nell'intraprendere concreti passi ed attingere concreti risultati - non hanno valore fini a se stesse. L'America non può accontentarsi dei sorrisi e dell'incenso inebriante riservati al suo Presidente dai vecchi nemici; anzi forse dovrebbe appena appena insospettirsi. Prima o poi la strategia di Obama dovrà precisarsi, il prezzo della navigazione a vista si paga salatissimo e forse si sta già pagando. Nel bene e nel male non è che i Ronald Reagan si trovino sotto i sassi.
diocer , italia
Penso che Obama sia una sciagura per l'Occidente.Non capisco come gli americani l'abbiano potuto sciegliere.E ancor di più non mi spiego come Obama abbia potuto avere la maggioranza dei voti degli ebrei americani.