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Picchiata per il velo, l’Italia come Kabul

sabato 18 agosto 2012 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 18 agosto 2012

Se si vanno a vedere le statistiche, almeno 5000 donne l’anno vengono uccise nei mondi dell’immigrazione per motivi d’onore. In Inghilterra dove la presenza musulmana e quindi i costumi relativi alle donne sono più intensi, nel 2010 sono state uccise (e la cifra è ritenuta bassa rispetto alla realtà) 22 donne in quattro mesi, e di crimini collaterali ne sono stati denunciati 2283, più 500 minori. La lista è densa di nomi noti e l’accusa di partenza è sempre la stessa: eccessiva integrazione nei costumi occidentali, i padri assassini talora aiutati dalle madri lo ripetono come in un inconsapevole nuvola di nefasto attaccamento a un mondo perduto, a un paradiso forse mai esistito.

In Italia nessuno si dimentica i nomi di Hina e di Sanaa. Hina Saleem, ventenne pakistana,  uccisa nel 2006 dal padre a Sarezze nel Bresciano, e Sanaa Dafari, ragazza marocchina di 18 anni sgozzata dal padre, il cuoco Kataoul Dafani, perchè osava uscire con un ragazzo italiano. Ma i lettori sanno che queste sono solo due delle tante storie che diventano sempre più frequenti nel nostro Paese e in tutta europa. Il 28 maggio una madre indiana di un bambino di cinque anni è stata uccisa perchè vestiva all’occidentale; a aprile, a Brescia, la polizia andò a ripescare a casa una ragazza pachistana, detta Jamila, perchè la famiglia aveva deciso di recluderla completamente perchè giudicava troppo occidentale la sua educazione a scuola; il 3 ottobre del 2010 a Novi un pakistano massacrò con una pietra la moglie perchè aveva difeso la figlia che rifiutava un matrimonio combinato con un pakistano; sempre quell’anno un altro padre egiziano ha tentato di soffocare la figlia con un sacchetto di plastica ritenendo che non fosse più vergine... la lista è lunga, ci troviamo ad avere oggi a che fare con temi come la verginità, la libertà di movimento, la libertà di opinione come se fossimo tornati a cento, duecento anni fa. Dovremmo avere il coraggio di dire a noi stessi che di questo si tratta, non dell’interessante  proposta di un’altra cultura, ma di una posizione arretrata che uccide tutte le conquiste che sono state pagate lacrime sudore e sangue dalla nostra società, e che non siamo disposti a pagare questo prezzo. 

E che non ci si dica che si tratta di islamofobia, e anzi, che l’Islam non c'entra niente. E’ da questa viltà, dalla negazione del reale così ormai comune in Europa, che nasce la nostra responsabilità verso le ragazza uccise.

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