PESA ANCHE IL GIUDIZIO DEGLI EBREI IMMIGRATI DALL’ EX URSS, PREOCCUPAT I PER IL CRESCENTE ANTISEMITISMO NELLA LORO VECCHIA PATRIA Una visita « storic a» tra ricatti e sorrisi Il Cremlino corteggia Israele e riprende i legami con gli arabi
venerdì 29 aprile 2005 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
ERA un ragazzo tranquillo, troppo tranquillo per essere così giovane» .
L’ antica maestra di tedesco di Vladimir Putin, Mina Yuditskaya, felice e
tuttavia pensosa su quel ragazzo, oggi quasi un nuovo zar di Russia che non
vede da 32 anni, così esprime il suo sospetto sul presidente in visita in
Israele, e si prepara alla cena di gala con un vestito nuovo. Visita
felpata, a doppio taglio segreto, storica e pericolosa, sorridente e
minacciosa. Nessuno lo sente così chiaramente come i russi d’ Israele, quasi
un quarto della popolazione del Paese, molti ex refusenik, immigrati alla
caduta del comunismo. Con stupefatta ansia sono quelli che forse meglio di
tutti capiscono bene il grande giuoco di Putin, la posta di questa visita. E
gioiscono e si angosciano sospettosi.
La visita è in sé e per sé storica, e quindi un segnale positivo: un
presidente russo da queste parti non si era mai visto; si era visto, dopo un
primo momento di consenso nel ‘ 48 all’ ONU, solo il totale fiancheggiamento
dei Paesi Arabi tipico della Guerra Fredda, accompagnato, specie dal ‘ 67, da
teorie che perdurano fino ad oggi su Israele come longa manus americana
imperialista. Si era visto il sostegno sovietico senza mezzi termini di
tutti i nazionalismi panarabisti e socialisti, e la vendita di armi
(semigratuita) a Egitto, Siria, a tutti gruppi terroristi in guerra con
Israele. Dunque un segnale di distensione mondiale di per sé , segnale
all’ America e all’ Europa, che Putin abbia visitato nottetempo il muro del
pianto, abbia detto « toda rabba» (grazie mille) e shalom, mentre Sharon,
russo di origine, gli parlava invece in russo. Del resto i rapporti fra
Russia e Israele sono ottimi sia nel campo dell’ intelligence sul terrorismo
che in quello economico. E poi, ci sono troppi russi qui perché Putin possa
giocare sulla loro pelle, specie in tempi di accanito antisemitismo in
Russia.
Ma il presidente russo non viene adesso per caso: sbarca in Medio Oriente,
percorrendo la strada Egitto-Israele-Palestinesi, in pieno rivolgimento
democratico ispirato, a volte con le buone a volte con le armi, dagli USA.
Putin dà chiari segnali di avere mangiato la foglia: se resta fuori adesso,
proprio alla vigilia del consolidamento democratico in Iraq, delle elezioni
in Egitto e di un possibile ritorno a una road map israelo-palestinese dopo
lo sgombero da Gaza, rischia di non tornare in giuoco. E ha già dichiarato
che « l’ assenza della Russia dal Medio Oriente sarebbe una jattura per il
mondo» . Quindi, ecco l’ impronta dell’ orso: visita in Israele
baldanzosamente, pronto però a recedere dall’ annuncio di un’ eventuale
conferenza internazionale a Mosca sul Medio Oriente, buttata là come un
segnale di concorrenza agli Usa parlando con Mubarak, e subito rimangiata in
segno di buona volontà . E’ di buon carattere, non vuole fare dispetti: non è
gradita, non la nomina più .
Conferma invece la sua determinazione sul cuore del problema: l’ aiuto sia
all’ Iran per il nucleare che alla Siria per l’ aggiornamento del suo esercito
con la vendita d’ armi, cioè rivendica di fatto una totale autonomia di
giudizio su quelli che gli Usa definiscono Stati dell’ « asse del male» . Però
vuole essere partner internazionale gentile, e quindi assicura che la Russia
si impegnerà persino nel Consiglio di sicurezza dell’ ONU se l’ Iran dovesse
sgarrare dall’ uso non bellico del nucleare; e alla Siria, dice, venderà solo
missili a breve raggio che guai dovessero passare (« ma, per carità , non c’ è
pericolo» , dice Putin l’ ingenuo) agli hezbollah. Insomma, ha fatto con
Israele un poderoso doppio giuoco dedicato a nuora perché suocera, ovvero
gli USA, intenda: siamo amici, non vogliamo restare fuori dal giro
mediorientale che è il più caldo, ricordatevi che qui noi abbiamo amici più
vecchi di voi che erano vassalli di un impero e possono divenirlo di nuovo,
dato che ormai per la Russia è tempo di recuperare un grande ruolo mondiale.