PERSONAGGIO QUARANT'ANNI DI PACIFISMO Habibi, scrittore dei due mondi Premiato da Shamir e Arafat, è morto a 75 anni
venerdì 3 maggio 1996 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV NON è davvero abituale, in Medio Oriente, che un vecchio,
persino un grande vecchio che muore, lasci un vuoto altrettanto
cocente fra ebrei e palestinesi. Invece, la morte di Emil Habibi,
avvenuta ieri all'età di 75 anni, consegna al lutto personale e
morale da una parte uomini come il grande scrittore palestinese
Mahmud Darwish, che oggi metterà piede per la prima volta in Israele
per partecipare al suo funerale, e intellettuali ebrei come Amos Oz o
A. B. Yeoshua. E anche politici come Arafat, e come Shimon Peres.
Emil Habibi era un arabo israeliano, che aveva fatto un'arma politica
della sua doppia identità , e uno scrittore dal linguaggio ricercato,
colto, ma sempre fiero delle sue risonanze popolari. Il suo romanzo
più famoso , come dire un , era
stato tradotto in ebraico da un altro famoso autore arabo-israeliano,
Anton Shammas, che ha spesso raccontato come Habibi si divertisse a
lodare l'intraducibilità di certe espressioni arabe, troppo
sensibili e complesse, diceva, per essere traslate nella lingua
d'Israele. Con i cinque romanzi da lui composti, Habibi aveva vinto
nel 1992 il Premio Israele, il più alto riconoscimento che uno
scrittore di qui possa ricevere. E ne erano nate infinite critiche:
gli israeliani erano sconvolti che un arabo, e quindi non sionista,
potesse essere così onorato dallo Stato ebraico stesso; e i
palestinesi si avventarono su Habibi per chiedergli di rifiutare il
premio, che invece gli venne dato nientemeno che dalle mani del primo
ministro falco fra i falchi, Shamir.
nella sua coscienza araba racconta Yossi Helgasi un famoso
commentatore di cose arabe, compagno fin dagli Anni Cinquanta nel
partito comunista di Habibi, e suo amico personale
determinato nella scelta di fare da ponte su quell'oceano che divide
ebrei e palestinesi, che andò senza scomporsi a prendere il premio.
Dopo averlo preso Helgasi prosegue
sue spalle tutta la tragedia del suo popolo, ma anche che aveva
avvertito nelle mani tutta la sua forza. Mi disse "sentii che era
Shamir il perdente, e io il vincitore". Habibi è stato l'unico
scrittore a ricevere da una parte il Premio Israele, e un anno dopo
il Premio Gerusalemme dell'Olp e il Certificato di Merito dello Stato
di Palestina da Arafat. La chiave della sua passione pacifista e
internazionalista stava nell'avere appartenuto fin dagli Anni
Cinquanta al partito comunista israeliano, e dall'esserne stato
eletto per quattro legislature, dal 1951 al '73, alla Knesset, il
Parlamento di Gerusalemme. Ogni occasione qui, era tuttavia per lui
una spinta a levare la sua voce infuriata e passionale in difesa dei
suoi e contro gli israeliani. Anche i suoi libri erano politici: il
suo Opsimist è la storia della vita agra che un abitante di Nazaret
negli Anni Cinquanta sotto il controllo e l'egemonia israeliana (una
situazione enormemente cambiata oggi). Anche i suoi amici israeliani
di sinistra, anche i comunisti, alle volte litigavano ferocemente con
lui, ritenendolo un ingrato, un palestinese intollerante travestito
da deputato israeliano. Lo stesso facevano con lui i palestinesi.
le acque si ricomponevano sempre sulla sua intierezza morale, sul suo
essere insieme un patriota arabo e un uomo di pace, racconta
Helgasi. Che ricorda:
dell'assassinio di Rabin, reagì con rabbia e dolore, e la sua
depressione peggiorò . Il suo ultimo gesto pubblico, e in fondo il
suo testamento morale, è una lettera scritta dall'ospedale
all'indomani dell'attentato di Gerusalemme del 25 febbraio (che
Stampa ha pubblicato), in cui Habibi invitava gli intellettuali
arabi a venire allo scoperto, a protestare, a farsi finalmente vivi
per controbattere quell'orribile violenza religiosa che Habibi, da
laico autentico, aborriva con tutto se stesso. Fiamma Nirenstein