PERSONAGGIO IL Toaff, 80 anni attraverso la storia Fes ta in Campidoglio per il compleanno del rabbino
lunedì 15 maggio 1995 La Stampa 0 commenti
ROMA ALL'inizio è lieve e festiva la celebrazione alla Sala della Protomoteca del Campidoglio dell'ottantesimo compleanno del rabbino
Elio Toaff, con la folla romana vestita a festa, gli arazzi e i
dipinti che stanno a guardare dalle alte mura, il coro Ha Kol che
canta in ebraico armonie soavi. Il rabbino, che dal 1951 regge la
Comunità di Roma, siede in prima fila fra tutti i rappresentanti
delle istituzioni locali; c'è un cardinale, l'ambasciatore di
Israele Avi Pazner e moltissimi ebrei che nonostante il temperamento
focoso e prorompente di una Comunità provata dalla storia di 2000
anni di convivenza nella città del Papa, sono di buon umore, lo
amano, e si vede. Al tavolo della presidenza il sindaco Francesco
Rutelli, il senatore Paolo Emilio Taviani che condivide con Toaff
molta strada a partire dalla Resistenza, il presidente della
Comunità Claudio Fano, e l'assessore alla Cultura della Comunità
ebraica Luca Zevi. La storia degli ebrei quando è così lunga come
quella di Toaff è carica di tutti i simboli e dei grandi
interrogativi metafisici e storici del mondo: la memoria è il suo
peso, la convivenza, la tolleranza, la crudeltà , l'esilio, la
persecuzione, il riscatto. Ogni festa che abbia per protagonisti gli
ebrei è sempre un po' una . Il sorriso di Toaff,
la sua storia di grande conciliatore che ha ricucito i rapporti con
le istituzioni civili italiane del dopoguerra, e poi perfino i
rapporti con la Chiesa organizzando l'incontro col Papa in sinagoga,
aiuta a smussare gli angoli. I discorsi di Taviani e Toaff sono
gravi, problematici. Taviani, che ha tre anni più del rabbino,
ripercorre una lunga storia di due vite, e inizia la sua
requisitoria: occorre avvertire contro la menzogna storica, che può
ricreare situazioni simili a quelle negate; occorre avvertire contro
il perdono facile e soprattutto contro il perdono istituzionalizzato,
statualizzato, poiché il perdono è solo un sentimento intimo. E
soprattutto occorre avvertire contro Ario, il figlio di Caino, come
lui dice, ovvero contro il razzismo che ha permesso di uccidere
sistematicamente vecchi, donne e bambini, cosa mai avvenuta nella
storia prima della seconda guerra mondiale:
durante le guerre i bambini morissero, ma nessuno come i tedeschi
razzisti, si diedero ad uccidere i bambini programmaticamente a
centinaia di migliaia. Se Ario risorge (e viviamo una stagione non
tranquilla) bisogna schiacciarlo come il serpente. Toaff prende la
parola e il suo esordio è come di consueto in stile familiare,
umano, ornato dal suo accento toscano; ricorda la miseria di Roma nel
dopoguerra; l'umiliazione che subì al distretto militare quando
impugnando le leggi razziali gli dissero:
di voi; ricorda che suo padre proibiva al sarto di fare le asole
nelle giacche per evitare di portare il distintivo fascista. Ricorda
come fu avviato ai partigiani della brigata Garibaldi. Parla della
Libertà , sua compagna della vita insieme alla Bibbia e sua moglie
Lia. Ma poi d'un tratto Toaff, sempre così dolce e mite, sempre
conciliatore, se ne esce con un ricordo spaventoso, con un monito
terribile e inedito:
giustizia, quelle sì . E nonostante tutto persino la speranza: a
causa di quella scintilla divina messa dal Creatore dentro ogni
uomo. Fiamma Nirenstein