PERSONAGGIO IL SIGNORE DEL TERRORE L'ombra lunga di Yassin Torna lo s ceicco profeta di Hamas
martedì 23 giugno 1998 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV
IL leader di Hamas, lo sceicco Ahmed Yassin, che sta per tornare a
Gaza dopo più di un mese di spostamenti in tutto il mondo arabo,
è vecchio, è mezzo cieco, è paralizzato, parla con una voce che
dire stentorea è un complimento. Eppure, questa indubbia debolezza
è diventata l'immagine della forza dei reietti del mondo islamico,
della scalata al potere dell'integralismo per ora tenuto a bada in
quasi tutti i Paesi musulmani. Il fatto che Yassin torni mentre
Gaza festeggia la vittoria calcistica dell'Iran, aggiunge
eccitazione a eccitazione, senso di svolta a speranze di
rivoluzioni anti-Arafat.
Ma forse non tutto è come appare. Forse questo vecchio, avvolto
nelle bende bianche, che dalla sua sedia a rotelle semina un
messaggio di violenza, non è soltanto l'acerrimo nemico di Arafat
e del processo di pace. Yassin fu liberato dalla cella israeliana
in cui era detenuto per il suo ruolo di leader terrorista su
richiesta di re Hussein dopo che il Mossad fallì nell'attentato
contro Khaled Mashal ad Amman. Adesso, è proprio re Hussein, lui e
solo lui, il leader arabo che gli ha proibito di entrare nel suo
Paese. Invece sauditi, siriani, gli Emirati, il Qatar, il Kuwait,
l'Iran, il Sudan, lo Yemen, l'Egitto gli hanno srotolato
davanti tappeti rossi. Enorme è stato l'onore tributatogli, a
volte in palese antagonismo alla leadership di Arafat (come nel
caso del Kuwait); più spesso per mandare un messaggio di
pacificazione all'opposizione islamica locale (come nel caso dei
sauditi o dell'Egitto); altre volte per dimostrare al mondo che
esiste un fronte internazionale anti israeliano robusto e
determinato (come nel caso della Siria e del Sudan). Comunque
tutti, in testa l'Arabia Saudita, hanno aperto generosamente il
portafogli di fronte agli sfollati, alle madri abbandonate, alle
scuole di Corano e anche a quelle per terroristi suicidi, insomma a
tutte le opere di bene di Hamas, che oltre ad una forte intenzione
politica ha una grande rete di intervento sociale. Non si sa
esattamente con quale somma torni a casa lo sceicco, ma varia fra i
50 e i 300 milioni di dollari. Gli israeliani fino all'ultimo hanno
discusso se fosse sensato far rientrare a casa il leader
carismatico che ormai è anche ricchissimo. Poi, proprio i servizi
di sicurezza hanno suggerito che Arafat sarebbe stato costretto a
battersi strenuamente al suo fianco se non gli fosse stato dato il
permesso di rientrare, e che quindi tutta la situazione si sarebbe
estremizzata. Il rais aveva già fatto doverosamente sapere che se
gli israeliani non gli avessero rimandato il caro nemico, sarebbe
andato a prenderlo lui stesso in Egitto con l'elicottero personale.
Mentre era all'estero, Yassin ha detto molte frasi storiche. In
Kuwait: "Il cosiddetto processo di pace non è la vera pace, e non
è un sostituto per la jihad"; a Damasco: "Il primo quarto del
prossimo secolo vedrà l'eliminazione dell'entità sionista e lo
stabilirsi dello Stato palestinese su tutta la Palestina". In
Sudan: "La bomba pakistana è una grande acquisizione della nazione
araba e musulmana".
Tutte queste dichiarazioni ed altre ancora sono tuttavia il pane
quotidiano di Hamas, e ci dicono poco sulla politica attuale. Il
giro di Yassin viene a poca distanza dall'assassinio di Muhi
Sharif, l'Ingegnere numero 2, per mano dei suoi stessi compagni. È
stato uno dei punti più bassi della confusione delle fazioni
interne di Hamas, e il più basso nell'immagine esterna. Il viaggio
di Yassin è stata invece una sorta di incoronazione a carattere
statuale, una crescita di profilo politico dati i leader incontrati
e i fondi ricevuti. Ma nessuno dei politici incontrati da Yassin,
neppure i siriani o gli iraniani, gli hanno dato una benedizione
palese per gli attentati terroristi suicidi. È la sua
organizzazione caritativa, la sua purezza politica (per così dire)
che sono invece onorati in pubblico. Intanto Arafat, il cui governo
sotto il profilo della moralità pubblica è invece in crisi, ha
cercato Hamas come alleato. Per ora gli è stato risposto di no, ma
può darsi che la gita di Yassin corrisponda, più che a una
dichiarazione di guerra, a una istituzionalizzazione prossima
ventura, che potrebbe consentire ad Arafat di riprendere respiro e
agli israeliani di non essere immediatamente assediati dagli
attentati. È un'ipotesi. Può anche invece darsi che tutti quei
milioni di dollari servano solo a terrorizzare.
Fiamma Nirenstein