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PERSONAGGIO COMPLEANNO IN SINAGOGA Roma, il rabbino capo: <È ancora p resto per lasciare il mio posto> Feste e una mostra p er Toaff

venerdì 12 maggio 1995 La Stampa 0 commenti
ROMA TRA tutti gli auguri per i suoi 80 anni, quello bianco e dorato, ampio e ben impaginato, carezzevolmente illuminato dalla luce del potere temporale del Papa, è uno dei più graditi. Il rabbino Elio Toaff, gagliardo, me lo sciorina sul tavolo basso ornato delle rose rosa pallido che una signora gli ha mandato. Chi? Una delle tante. I divani di velluto, i mobili scuri, la collezione di piccoli oggetti ebraici (candelabri, mesusà , chetubà ) sul mogano delle librerie, sono così italiani, all'ombra di quella cupola in stile assiro-babilonese che gli ebrei italiani vollero orgogliosa per il loro Tempio di fronte al Vaticano dopo che l'unificazione d'Italia nel 1861 li aveva liberati dalle mura del ghetto. Elio Toaff, benedetto dal sole d'Italia e da quello interiore di un ebraismo pacato e nostrano, è un po' il Papa degli ebrei italiani: una figura ecumenica, pacata, al di sopra delle parti. Dice il messaggio del Papa: gli piace nella ricorrenza del compleanno del suo amico, che lo invitò a visitare gli ebrei al Tempio e che gli dette l'occasione di chiamarli fratelli maggiori, Cavaliere della Gran Croce. Ridacchia Toaff: nominava Cavaliere della Gran Stella di David. È dal 30 aprile, giorno del suo compleanno biologico, che al Tempio di Roma e in casa del rabbino, a 100 metri di distanza, è tutta una festa. Tutto un sancire la quasi immortalità e comunque l'immarcescibilità della forza spiritual-temporale di questo volto bonario, della sua parlata livornese, del lunghissimo regno, che dura sin dal 1951, del Rabbino Capo di Roma. Usciva allora dalla partecipazione attiva alla Resistenza: Campidoglio, domenica mattina, parli Paolo Emilio Taviani. Condividiamo questa parte della nostra vita, la Resistenza, la lotta ai tedeschi, la lotta per la libertà . E io la libertà la metto al primo posto fra i valori umani: è per questo che non ho nessuna simpatia per qualsiasi forma di integralismo, neppure per il nostro, che limita la libertà degli altri. Toaff è , certo, un uomo soddisfatto di se stesso: ha saputo ricostruire l'ebraismo italiano distrutto dalle deportazioni e dalle persecuzioni; l'ha organizzato, con scuole e istituzioni; ha ricostruito il rapporto con lo Stato italiano; ha portato il Papa in Sinagoga. Però oggi - confida nella penombra, seduto vicino alle rose - mi manca mia moglie Lia, morta 11 anni fa. Oggi, proprio oggi la vorrei qui: mi manca il suo consiglio, la critica, l'entusiasmo. È stato un grande amore. I quattro figli di Toaff Ariel, Miriam, Gady, Dani, di cui due vivono in Israele ed uno lavora ad Hong Kong, sono venuti il 30 di aprile con otto degli undici nipoti. La Comunità è in gran subbuglio alla vigilia della festa. Al Tempio si prepara una gran festa per il Santo Sabato con tante letture della Bibbia da parte dei suoi allievi e dei bambini della scuola in onore del Rabbino. Poi domenica, la grande festa civile in Campidoglio col sindaco e tutti gli amici e gli ammiratori di Toaff. Una mostra, in cui le foto lo mostrano nei momenti più importanti della storia, è stata allestita nel giardino della Sinagoga; ma in queste ore si cerca disperatamente un tendone perché le nuvole corrono sul gran cielo della capitale. Quanti regali ha avuto il rabbino? Pochi, e quasi tutti libri. Un portabiglietti da visita d'argento, di foggia antica, è il dono più audace. Il professore lo rigira in mano curiosamente: secondo lei?. Un gran pacco di auguri e di telegrammi vengono soprattutto dalla gente di Roma e dal mondo religioso cristiano. Gli scrive anche qualche politico, ma non tanti: Giulio Andreotti, Pier Ferdinando Casini, e qualche comunista fra cui il presidente della Regione Toscana Vanino Chiti, il capo della polizia Fernando Masone, molti amministratori locali. Naturalmente molti Gran Rabbini da tutto il mondo. Ma soprattutto le parole di augurio vengono dalla gente che gli ricambia il calore autentico di quella faccia tollerante e quieta: ; anni la calda parola dal pulpito del Tempio; È gente come lei che ci rende più liberi. Il Rabbino non ha nessuna ragione e nessuna voglia di lasciare il suo posto: si sente benissimo, ha ancora tanto da fare. Ma lui, quei 100 metri verso il suo ufficio fatti ogni mattina presto, seguiterà a percorrerli fino a 120 anni, come gli augurano in ebraico i suoi allievi. Un ebreo italiano felice di esserlo. Fiamma Nirenstein

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