PERSONAGGIO AHMAD TIBI UN LEADER TRA I DUE CAMPI
giovedì 19 gennaio 1995 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME CONSIGLIERE speciale di Arafat: questo certo è
l’appellativo che Ahmad Tibi preferisce. Tuttavia per esso non
rinuncerebbe agli altri cento attributi che lo caratterizzano. Arabo
israeliano e palestinese, affermato ginecologo con lo studio situato
nella via più importante di Gerusalemme Est, leader del nascente
partito arabo-israeliano che conta di defenestrare la vecchia
leadership con un’alleanza di ferro col movimento islamico. Nella via
Salah Din, poco lontano dalle mura della Città Vecchia, Tibi ci
riceve nel suo studio. In un angolo il lettino per le visite e i
segni evidenti della sua attività professionale, i guanti, il
disinfettante, i medicinali; nell’anticamera sono mescolati
giornalisti e donne in attesa di essere visitate. Molte le foto con
Arafat, molte quelle col presidente israeliano Weitzman. Le pazienti
aspettano fiduciose, evidentemente non gli importa che la radio sia
sempre accesa, sintonizzata ossessivamente sulle notizie; che il
telefono squilli incessantemente mantenendo Tibi in contatto con il
movimento che in questi giorni nei territori contrasta gli
insediamenti piantando alberi e tirando sassi. Molte telefonate
arrivano continuamente dall’Autonomia Palestinese, dai suoi ministri.
Certamente durante il giorno arriverà anche la solita telefonata di
Arafat che sta in contatto molto stretto con questo leader di
trentasette anni. Telefonano anche gli israeliani: Tibi risponde ai
suoi amici deputati e politici in un ebraico veloce. Ahmad Tibi fu
incaricato da Arafat di guidarlo nel rapporto con gli israeliani nel
settembre 1993. È stato così il vero mediatore fra Arafat e Rabin
durante tutto il periodo dell’accordo di Oslo, ed oggi seguita a
tradurre l’uno all’altro i sentimenti e le intenzioni reciproche.
soprattutto le paure, le suscettibilità , specifica.
svolto un ruolo nello spiegare ad Arafat quanto gli israeliani siano
sensibili sul problema della loro sicurezza; quanto sia importante
reagire immediatamente di fronte agli attacchi degli integralisti
islamici; credo di aver convinto Arafat a fare del suo meglio (e
davvero lo sta facendo) per aiutare a ritrovare i soldati israeliani
dispersi in azione. D’altra parte Rabin deve capire che per
consentire ad Arafat di avere una presa maggiore contro la violenza
islamica, deve superare le sue esitazioni nel realizzzare la seconda
parte dell’accordo di oggi. E come va oggi il processo di pace? È
divenuto esitante, riluttante, un morto da resuscitare. Ahmad Tibi
è nato nel 1957 a Taibeh, vicino a Ramallah, da una ricca famiglia
di proprietari terrieri. Dalla sua gioventù piena di esperienze Tibi
ha ricevuto in dono la faccia tosta di un israeliano e l’orgoglio
nazionale arabo. Ha studiato e lavorato con medici ebrei; ha subito
però lottato insieme ai palestinesi. Non ha nessuna intenzione di
uscire dall’ambiguità della sua condizione:
nazionalità , israeliano di cittadinanza. Un domani, con lo Stato
palestinese, credo che tuttavia opterei per tenermi la cittadinanza
israeliana. Ma in un futuro non escludo che anche noi, come tanti
ebrei in Israele, possiamo tenerci due passaporti. Lo chiamano
l’israeliano di Arafat:
tanti. Solo che ho la cittadinanza israeliana. E che vuole fondare
un nuovo partito che siederà alla Knesset nel 1996. Qui Tibi si
illumina, si eccita, si schermisce un po’, ma poi ammette. La strada
è già spianata. La gente lo vuole.
Camera è guidato da leader che hanno ottenuto cattivi risultati sia
sociali che politici per gli arabi israeliani. Prova ne sia che
viviamo in una condizione di inferiorità . I vecchi leader non hanno
mai condotto la nostra battaglia sul piano di una pura e semplice
lotta al razzismo. Invece si tratta proprio di questo. Occorrono
dunque molte azioni affermative, dobbiamo sviluppare la nostra
cultura, tenere alla nostra unicità , e conquistare le strutture dove
poterlo fare. Più soldi, più strutture alle città arabe di
Israele; più uomini nel governo. Per esempio, che sia un arabo
finalmente a sovrintendere alla cultura e alla scuola degli arabi, e
non un ebreo. Quanto a noi, se otterremo abbastanza voti, perché non
farli giocare con audacia rispetto alla formazione stessa del governo
come fa Shas, il partito degli ebrei religiosi? È ora che la vecchia
leadership araba vada a casa. Tibi non vuol sentir parlare del fatto
che è difficile per un Paese da sempre in guerra integrare appieno
una comunità di 850 mila persone che non fanno il servizio militare,
e che piuttosto simpatizzano in genere per il nemico (compreso
Saddam):
piena, non so, non credo. Non voglio servire in nessun esercito.
Tibi non è molto impressionato dall’integralismo islamico, tanto che
il suo alleato politico naturale sarà alle elezioni Abdallah Nimr
Darwish, il combattivo capo del Movimento islamico degli arabi
israeliani, un giovane pragmatico e moderno sempre fra i territori
occupati e Israele, che flirta con Hamas, e che comunque intrattiene
fitti contatti con tutto il mondo iper-religioso.
movimento pragmatico, che cerca un suo ruolo politico: ed è giusto
che finalmente venga rappresentato, appunto, politicamente. Una
coalizione Tibi-Darwish- comunisti metterebbe insieme dieci seggi, e
questo darebbe alla presenza politica araba davvero una bella spinta
verso l’alto.
araba in Israele, di fare di questo Paese lo Stato di tutti i suoi
cittadini e non più solo degli ebrei. Costi quel che costi. Anche a
prezzo del processo di pace?
quel che costi. Tuttavia è chiaro che gli occhi vispi e allegri di
Tibi sono volti allo Stato palestinese, alla spartizione di
Gerusalemme, e anche ai molti vantaggi che la modernità occidentale
può portare ai palestinesi e agli arabi in generale. Il telefono
squilla di nuovo. Una volta può essere Rabin, una volta può essere
Arafat, chissà in che lingua parlerà Tibi alla prossima telefonata.
Fiamma Nirenstein
