Peres: vogliamo la fine della violenza « I palestinesi sono i nostri p artner di domani»
giovedì 17 maggio 2001 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
SHIMON Peres, la mitica colomba, Premio Nobel per la Pace, oggi
nella
controversa posizione di Ministro degli Esteri del governo Sharon, è
di
ottimo umore nonostante un’ altra giornata di scontri e funerali. Le
sue
prese di posizione molto determinate e ottimiste somigliano a un
ultimatum,
ma non di guerra. Un ultimatum di pace.
Dopo la « Giornata della Catastrofe» dei palestinesi e il discorso di
Arafat,
in cui ha posto come condizione per la pace il ritorno ai confini del
67 e
il rientro dei profughi, come vede la situazione?
« E’ venuto il tempo di prendere una decisione, pena cadere nella
totale
perdita di controllo. L’ escalation conduce a questo. E nessuno ha da
guadagnarci: la "catastrofe" può ripetersi, non si può andare avanti
così ,
in una situazione di odio e di continue uccisioni» .
Ma dov’ è la soluzione?
« La soluzione non è in nuove parole, in lunghi documenti inutili. Vi
abbiamo
investito troppo tempo. Adesso si tratta di riprendere la strada per
realizzare tali accordi» .
Sharon, il suo primo ministro, forse non sarebbe tanto d’ accordo.
« E’ un errore pensare questo: Sharon è impegnato, e noi con lui, a
onorare
tutti gli accordi firmati. Il rapporto Mitchell ci propone una
scadenza
concreta di una settimana per prendere decisioni basilari. E’ un
testo molto
equilibrato che, salvo le osservazioni che ciascuna delle parti farà
entro
una settimana, se accettato impone di cessare il fuoco; di creare
misure di
fiducia; di stabilire un periodo di raffreddamento; e poi di tornare
ai
negoziati» .
Ma voi siete contrari al congelamento degli insediamenti, che è la
base
stessa di una ripresa anche secondo la Commissione.
« Noi siamo infatti d’ accordo per non stabilire nuovi insediamenti, e
ci
siamo impegnati a non crearne; a non confiscare terre per nuovi
insediamenti; a trattare il futuro delle colonie in negoziati
politici... E’
al tavolo, quando la parte palestinese avrà smesso con attentati,
agguati e
mortai, che si deciderà eventualmente sul congelamento. Le trattative
riprenderanno con con lo scopo di un accordo definitivo sulla base
della 242
e della 338 le risoluzioni dell’ Onu che riguardano la terra. Non
accettiamo
invece la 194, che concerne i profughi» .
Il governo attuale non dà segno di volersi rimettere al tavolo dei
negoziati
così urgentemente.
« Si sbaglia: il presente governo vuole portare il fuoco a una
conclusione, e
poiché siamo sempre stati soltanto attaccati, senza che una sola
volta da
parte nostra si sia compiuta un’ azione aggressiva, è logico che la
premessa
sia che Arafat dichiari di voler cessare il fuoco» .
Che cosa le fa pensare che fra una settimana, quando riparlerete alla
commissione Mitchell, qualcosa sarà cambiato in meglio?
« Il senso comune: Arafat non vorrà , credo, come non lo desideriamo
noi,
voltare le spalle all’ opinione pubblica internazionale e agli Stati
Uniti in
particolare. Accettare le conclusioni della commissione, sia pure con
le
proprie osservazioni, è un test definitivo» .
Non sembra che Israele voglia affrontare il tema degli insediamenti.
« Io e tutta la sinistra siamo entrati nel governo a condizione che
Sharon
stabilisse la sua disponibilità a negoziare e ad addivenire anche a
dolorose
concessioni. Si ricordi che Sharon non ha respinto il piano
egiziano-giordano, ci stiamo lavorando; che ha cercato di tenere
aperte più
comunicazioni possibile, commerci, permessi di lavoro (che sono stati
aumentati) per non penalizzare la popolazione, anche in tempi di
attentati
continui» .
Come giudica il suo vecchio amico Arafat?
« Lasci che mi limiti a chiamarlo al tavolo della pace e a ricordargli
che ha
la responsabilità di fermare il terrorismo e lo spargimento di
sangue. E
voglio ripetere: i palestinesi non sono i nostri nemici, ma i nostri
vicini,
e domani i nostri partner» .