PERCHE’ IL GOVERNO HA PREFERITO STOPPARE L’ UOMO DELLA PACE Uno sgarbo all’ amico americano Israele non vuole l’ Anp nella coalizione antite rrorismo
lunedì 24 settembre 2001 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
LA decisione di Sharon di fare di Shimon Peres « un ministro
dimezzato» ,
come ha denunciato lo stesso grande padre del processo di pace,
impedendogli
di incontrare Arafat, non durerà a lungo, ma le ragioni che l’ hanno
determinata, invece, sì , e causeranno altri grattacapi agli Stati
Uniti.
Non durerà a lungo: perché gli Usa continuano a chiedere a Israele di
togliergli questa « spina dal fianco» come ha letteralmente detto
l’ ambasciatore americano in Israele Dan Kurtzer; e Sharon per venire
incontro al grande amico americano ora potrebbe incaricare invece che
Peres
il ministro della difesa Fuad ben Eliezer, sdrammattizando la portata
dell’ evento; del resto, Sharon stesso aveva accettato e persino
promosso
l’ idea nei giorni scorsi, elaborandola minutamente in riunioni
casalinghe
con il suo ministro degli Esteri che per altro ha visto intanto Abu
Allah e
Saheb Erakhat.
Omri Sharon, che ha svolto incontri segreti con Arafat, anche in
queste ore
cerca di convincere il padre a dare il via all’ incontro. L’ America
nella sua
opera di arruolamento di Stati arabi nella coalizione antiterrorismo
ha
bisogno di Arafat come simbolo della possibilità per il mondo arabo
di
mettere da parte ogni conflitto anche quello più pesantemente
simbolico,
l’ intifada di Al Aqsa. E Arafat ha bisogno dell’ accettazione
americana,
perché il numero di attentati terroristici realizzati sotto l’ egida
della
bandiera palestinese durante quest’ anno di intifada dentro i confini
di
Israele pesa su di lui in un momento in cui Bush decide chi è con lui
e chi
contro. Ma Arafat a sua volta ha bisogno del biglietto di ingresso di
Israele, ovvero della patente di partner che gli avrebbe dato (e
probabilmente gli darà ) l’ incontro con Peres e la ripresa dei
colloqui.
E’ su questo punto che Sharon è stato attaccato da alcuni membri del
suo
governo, dal famoso ex dissidente russo e oggi ministro Nathan
Sharanskij,
dallo Shas, il partito religoso più grosso, dalle argomentazioni dure
e
molto incalzanti di Bibi Netanjahu, che si vede come il prossimo
primo
ministro. Persino il giornale dell’ intellighentzjai di sinistra,
Ha’ aretz,
autorevolmente ricorda che ai tempi del fallimento di Camp David
l’ Amministrazione Americana, secondo quando ha rivelato Martyn Indik,
allora
ambasciatore in Israele, non disse chiaramente ai palestinesi che
comunque
non potevano tornare all’ uso della violenza. Oggi, ancora una volta,
dice
Ha’ aretz, sembra che Arafat non abbia voluto usare tutte la sua forza
(come
si vede sul campo) per fermare la violenza; e sagnala che solo per
poche ore
è rimasto in cella Atef Abidat, indicato come il responsabile
del’ uccisione
della giovane donna morta in un agguato mentre portava a scuola I
suoi tre
bambini.
Ha’ aretz dice, e l’ hanno ripetuto a Sharon alcuni suoi ministri da
quando
sabato ha dato la luce verde all’ incontro, che non fare pressione
oggi su
Arafat per un vero impegno di cessate il fuoco, mette a rischio
risultati
profondi per il futuro. In sostanza, il comportamento di Arafat ha
suscitato
un’ ondata di disapprovazione sulla politica di Shimon Peres che pensa
che
comunque Israele debba sempre dar prova di fare la prima mossa per la
pace e
che questo valga comunque il prezzo; il Ministro degli Esteri è
fiancheggiato tuttavia da una vasta opinione pubblica, che vede
l’ incontro
come un’ insperata possibilità di riportare un po’ di calma in una
situazione
di sofferenza che dura ormai da un anno, un’ occasione da non perdere,
perché
adesso, o mai più , come dimostra il minor numero di colpi di mortaio
e di
colpi di arma da fuoco, Arafat ha intenzione di calmare le acque e di
tenere
a casa il terrorismo, almeno quello in cammino verso obiettivi
interni alla
Linea Verde. Ma un’ altra parte dell’ opinione pubblica, anche non di
destra,
immagina così dice Ha’ aretz, che « se gli Usa e la Comunità Europea
vogliono
che Israele e l’ Autorità palestinese tornino a parlare di pace, non
ci
devono essere equivoci su che cosa è un cessate il fuoco» .
I palestinesi sembrano relativamente preoccupati del fatto che
Israele
temporeggi anche se ciò toglie ossigeno al loro rapporto con gli Usa.
Gli
Usa vinceranno comunque, e Arafat per un momento può godere del fatto
che
sia Sharon a rifiutare. D’ altra parte nel sospetto israeliano che il
cessate
il fuoco (il quinto) non sia serio il raiss, vede una possibile
ripercussione nell’ atteggiamento di Bush. Quindi, la denuncia della
marcia
indietro di Sharon è intessuta di accuse proprio sulla sua natura
guerrafondaia, sul suo modo di governare: Arafat ha parlato persino
di un
piano di Sharon di rioccupare la zona A e B. Ciò è alquanto
questionabile:
in un momento di questo genere, in ogni caso Israele si guarderebbe
bene di
dare fuoco al pagliaio mediorentale, già sull’ orlo di un
imprevedibile
conflitto complessivo. E’ già abbastanza impegnato a spiegare lo
sgarro
della riunione cancellata, o rimandata.
Piuttosto, ciò che si può leggere è una alzata di capo tipicamente
israeliana, una botta di sincerità un po’ arrogante che mette in
discussione
il modo in cui l’ America forma la coalizione. Non vorrete mica, dice
implicitamente Sharon mentre Bush tratta con la Siria e l’ Iran,
tirare
dentro tutti, qualsiasi cosa facciano, comunque si comportino? Noi
non siamo
d’ accordo, e non ci piegheremo a un ordine quando dovesse
danneggiarci.
Questo sembra dire Sharon, e di sicuro questo allarma gli Usa, che
seguitano
a fare le loro pressioni.