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PERCHE’ E’ FINITA LA TREGUA CHE PER SEI SETTIMANE AVEVA ILLUSO LA POP OLAZIONE DELLO STATO EBRAICO La scalata di Hamas al potere del vecchio Raí ss U na crisi al vertice dell’ Autorità palestinese dietro il ritorno degli uomini -bomba

venerdì 20 settembre 2002 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME IL ritorno del terrorismo distrugge la speranza che si fosse aperta una nuova strada verso la pace, o almeno verso una tregua: e ciò che è peggio, è il risultato insieme dell'inerzia dell'odio, della lotta fra le fazioni, della confusione politica che domina l'Autonomia palestinese, della sua difficoltà di prendere quella strada positiva che gli inviati europei tentano disperatamente, correndo da un leader all'altro, di inculcarle. Erano ormai quasi sei settimane da quando era avvenuto l'ultimo grosso attacco terroristico in Israele. I cittadini di Tel Aviv di nuovo uscivano tranquilli con i bambini, guardavano le vetrine, si sedevano al caffè : « My Coffee Shop» , si chiama il bar da cui i clienti hanno potuto vedere in prima fila l'esplosione dell'autobus numero 4, nella via bohé mienne di Tel Aviv, la Allenby, all'angolo del viale di grandi ficus più bello della città , il Rotschild. « I feriti e i morti erano crivellati - ha raccontato una passante - i bulloni schizzati dalla bomba li hanno fatto letteralmente a pezzi» . Stavolta è stata Hamas; la rivendicazione dice gloriosamente: « Siamo tornati!» . Ma già mercoledì tre morti in due attentati, di cui uno attribuito ad Al Fatah e l'altro alla Jihad Islamica, avevano disegnato una nuova ondata di terrore. Roni Shahed, esperto di questioni palestinesi, precisa: « Non si tratta di una nuova ondata, ma di attentati che sono riusciti ad arrivare a destinazione perché l'assedio è stato in parte sollevato. Nel solo mese di agosto ci sono stati 393 attacchi terroristici, compresi colpi di mortaio, bombe ai lati della strada, cariche di esplosivo scoperte o scoppiate prima del tempo, agguati armati. La settimana scorsa 46 piani specifici sono scoperti» . La condanna dell'Autonomia palestinese dice soltanto: « Gli attacchi danneggiano il popolo palestinese» . Guardiamo ai motivi politici, al di là del fatto che i terroristi hanno avuto bisogno di tempo per superare la guardia particolarmente alta degli israeliani durante le feste ebraiche. La politica palestinese è in crisi: ci sono state le dimissioni del governo, c'è stata l'apertura di un dibattito sul terrore e sul rapporto tra Al Fatah e Hamas. Ma Arafat ha cercato di uscirne su un terreno falsamente consensuale, senza mai attaccare il terrorismo direttamente. E lo sceicco Yassin si è sentito sospinto a cercare la leadership per Hamas, la sua organizzazione, in questo momento di debolezza del Raí ss; non ha concordato sulla cessazione del terrore dentro la « linea verde» e uno Stato palestinese nei confini del ‘ 67, come debolmente propone Al Fatah, e ha continuato ad auspicare la distruzione di Israele. Così , il terreno di discussione non è mai diventato « come fare la pace» ; anzi, le varie organizzazioni (salvo qualche caso individuale) seguitano a gareggiare in massimalismo verbale; e le loro derivazioni, consapevole o no il centro, continuano anche a misurarsi su attacchi terroristici che ciascuno valuta a secondo del numero dei morti. Ultimo punto, ma molto importante, la possibile guerra contro l'Iraq spinge vieppiù i palestinesi a dimostrare con le armi che la questione mediorentale vera è la loro, e che deve essere risolta prima dell'attacco americano a Saddam. Comunque, diversi cortei, specie a Gaza, hanno marciato con il ritratto del dittatore iracheno in testa. Di fatto, dunque, la competizione per la leadership si sostanzia anche nella gara in cui c'è grande allenamento, quella della terrorismo. Sul piano tecnico, nel corso delle incursioni dell'esercito israeliano sono stati uccisi o fermati parecchi « ingegneri» , ovvero esperti di esplosivo. E la struttura di molte organizzazioni è stata danneggiata, specie in Cisgiordania (meno a Gaza): i Tanzim ormai sono divisi in gang locali; Hamas cerca una testa strategica; i latitanti non hanno molta esperienza del campo. Però si è creata una maggiore interazione negli attacchi: un gruppo costruisce la bomba; un altro recluta il terrorista suicida; un terzo fornisce il guidatore dell’ auto diretta all’ obiettivo. Dal centro, seguitano a giungere fragili segnali di guida, perché Arafat cerca di non alienarsi la base popolare che gli è rimasta e non prende posizione, mentre Hamas cresce di ruolo. Infatti i Tanzim soffrono comunque di divisioni interne di carattere personale e localistico che Arafat forse non ha considerato abbastanza seriamente. Probabilmente in queste ore di nuovo assedio alla Muqata rimpiange di non aver preso una posizione dura contro il terrore almeno a partire dalla strage di Pasqua, un punto di svolta nel disfacimento dell'Autonomia palestinese.

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