Fiamma Nirenstein Blog

PER I PALESTINESI DECINE DI CASE ABBATTUTE, PER L’ ESERCITO « SOLO TRED ICI» Gli israeliani lasciano le macerie di Rafah Sharon ha fretta di abbandona re Gaza

martedì 25 maggio 2004 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein GERUSALEMME Ieri i carri armati hanno cominciato, contro ogni aspettativa, a rollare via da Rafah, sulla sabbia bianca la gente ha cominciato a respirare sia pure a fatica, ha seppellito i morti e ha guardato a occhi spalancati il disastro dello scontro; i soldati israeliani hanno preso la strada, talvolta dopo anni, verso la casa, la famiglia, la vita normale. « Grazie a Dio andiamo a casa - ha detto un soldato dalla torretta aperta di un tank - Ma alcuni miei compagni, restano qui per sempre» . Il tributo di vite è stato alto, ma ancora di più sono i morti palestinesi. Fra le dune bianche della via di Filadelfia, dove si cammina solo fuori della strade perchè i tracciati sono pieni di mine palestinesi, inseguono i soldati israeliani le grida di dolore della popolazione palestinese che in quella zona ha sofferto oltre misura. Si capirà ora cos’ è stato questo scontro senza quartiere, in cui i terroristi hanno sparato senza pietà , gli israeliani li hanno inseguito giorno e notte uccidendoli e ferendoli, ma anche toccando, sia pure senza intenzione, la popolazione civile. Si capirà quante case sono state distrutte, e anche, ben presto, se le gallerie per il contrabbando dall’ Egitto delle armi (l’ esercito ne vanta 90 chiuse per sempre) sono state neutralizzate e quindi se lo scopo della più dura fra tutte le azioni di questa guerra è stata raggiunta. Le decisioni sono state prese molto in fretta. E probabile che l’ uscita veloce da Rafah; che la fretta di Sharon di sgomberare Gaza qualsiasi cosa ne dicano i suoi ministri e la sua base nel Likud;che l’ intenzione di Israele (lo decidono in queste ore l’ esercito e la procura generale dello Stato) di offrire ricompense per le case distrutte lungo la via di Filadelfia... siano non poco legate oltre che al biasimo internazionale, cui per altro Israele è abituato col bello e col cattivo tempo, a un fenomeno nuovo: il senso di sconforto senza precedenti che ha preso molta parte degli israeliani durante questa azione, alle sue immagini, alla distruzione delle case di Rafah, all’ uccisione di tanti civili. Non si tratta della consueta opposizione politica, dei consueti obiettori o dei movimenti pacifisti: è un profondo senso di infelicità generale nel vedere scene tanto crudeli, quali che ne siano le ragioni e anc\ he se hai ragione, a causa propria. E’ una società occidentale che non vuole piegarsi alla crudeltà della guerra; ed è proprio la fatalità di quello che accade che demoralizza. Giornalisti militari rotti a tutto, come Carmela Menashe, o giornalisti che seguono i palestinesi, come Shlomi Eldar, raccontano cose che non è facile a nessun israeliano ascoltare. Si parla di bambini uccisi, e anche se pare davvero che i due piccoli uccisi sul tetto sono stati uccisi nello scontro fra la popolazione e i terroristi che spingevano la gente allo scontro. Pure c’ è stato qualche giorno fa un piccolo di tre anni ucciso. Non importa che i soldati non intendessero, che si scusino dicendo che la guerra è guerra... Anche le immagini di altri bambini che camminano sulle rovine delle loro case trascinando l’ orsacchiotto o una fotografia, scolari che raccontano di non avere più libri ne vestiti, uomini che spiegano che tutto quello che avevano è rimasto là sotto, o gente che grida a altri rimasti dentro, mentre si avvicinano i bulldozer, di portare rapidamente all’ aperto il nonno Shlomi Eldar ha insistito particolarmente sulle « decine di case» distrutte, il Capo di Stato maggiore Boogy Yaalon dice che sono tredici, e che gli edifici distrutti lungo la strada di Filadelfia, sono il risultato di tre anni e mezzo di lotta per bloccare le gallerie, « L’ autostrada di armi pesanti» dei tunnel che passano sotto la strada di Filadelfia e entrano dall’ Egitto; ha anche ricordato che molte di quelle case sono in realà puri muri tirati su per coprire le gallerie sotterranee, un grosso business e una impresa criminale in joint venture fra palestinesi hezbollah, egiziani, vari Paesi sponsor del terrore, contro la popolazione stessa che ha tentato più volte di fermare i signori delle armi. Nell’ operazione, secondo l’ esercito, sono morte 53 persone, di queste 47 erano armate. Solo quelle gallerie, secondo il governo israeliano sono la vera origine, il vero sostegno del conflitto, e finchè non spariscono, non ci sarà pace perchè il flusso di armi seguiterà a essere vitale per le organizzazione terroriste. E tuttavia questo non ha fermato il ministro Tommy Lapid, del partito laico Shinui, dal dichiarare alla riunione di gabinetto che di fronte a una immagine di donna palestinese china alla ricerca delle sue medicine fra le rovine, non ha potuto fare a meno di ricordare sua nonna: Lapid che è ungherese, è stato bersagliato dal sospetto, da lui respinto, che volesse alludere alla Shoah. Non finisce qui: il Presidente della Corte Suprema Aharon Barak ieri in un solenne discorso dalla casa del Presidente in cui veniva per la prima volta nominato un giudice arabo per la Corte,ha avvertito della necessità di condurre la guerra senza violare la legge.

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