Fiamma Nirenstein Blog

Orrore quotidiano nella Città Santa

venerdì 25 maggio 2001 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein GERUSALEMME COME Giobbe, ieri notte Gerusalemme si è sentita ferita oltre la sopportazione umana. Le luci delle fotoelettriche puntate sulle macerie bagnate di sangue dei sepolti vivi, mentre danzavano la gioia di un matrimonio cercando di dimenticare gli spari che per tutta la giornata, per tanti mesi si sono abbattuti sulla città . Lungo le mura della Città Vecchia l'urlo così familiare da mesi delle ambulanze che corrono verso gli ospedali è diventato un coro assordante; e gli ospedali ormai zeppi dei feriti delle settimane scorse, ormai stremati dallo stillicidio continuo degli scontri e degli attentati dell'Intifada, hanno rischiato il tracollo sotto sotto il peso tragico di una nuova tragedia. E’ troppo, troppo, ripeteva la gente per le strade. Un gruppo di ragazzi vicino alla strada del crollo, scesi dalla macchina con le portiere spalancate e la radio tenuta aperta a tutto volume, sedevano per terra sotto choc, guardandosi senza parole, con gli occhi sbarrati. Gerusalemme per tutta la notte è stata una ferita aperta e sanguinante; nella città , così piccola e raccolta fra le colline, i rumori del disastro si udivano in ogni angolo, le ambulanze, la polizia, gli elicotteri; e vicino all'edificio crollato la folla dei parenti accorsi, respinti indietro dalla polizia per paura di ulteriori crolli , che urlava il nome dei suoi e piangeva, la televisione che trasmetteva senza sosta i numeri dei quattro ospedali dove i feriti da decine divenivano centinaia. La forza che la gente si è fatta in questi mesi in cui la guerriglia dell’ Intifada ha fatto di Gerusalemme una valanga di lava, un bersaglio di attentati, uno scenario di spari, in cui i feriti e i morti sono diventati una routine, è andata in pezzi. Dove può la gente di Gerusalemme ancora trovare il senso della vita, la voglia di andare avanti, quando oltre alla guerra anche il destino si accanisce? Intorno, da Betlemme a Ramallah, i vicini in guerra, i palestinesi hanno forse sentito un senso di umana pena per tanto strazio, possono avere intuito la disperazione di quel padre che davanti alle rovine gridava al microfono della radio: « Vi prego, chiunque abbia visto un ragazzo di 13 anni con i pantaloni rossi e la maglietta blu, chiami questo numero» . La telefonata è arrivata: il ragazzo era all'ospedale in buone condizioni. Che la pena porti almeno un po’ di pace e di comunicazione fra le mura di questa grandiosa e miserrima Gerusalemme, la città degli uomini, sempre più sola di fronte al destino e a Dio.

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