Ora la sinistra ci ripensa: basta fango su Israele
Il Giornale, 9 giugno 2010
Dopo le accuse rovesciate contro Gerusalemme, arriva il mea culpa di stampa e osservatori internazionali. Anche Henri-Lévy condanna la disinformazione. Reuters sotto accusa: sangue e coltelli via dalle foto
Israele è una discussione primaria nel mondo odierno, è il pomo della discordia, il pretesto preferito per attaccare l’Occidente, la migliore arma di legittimazione della vecchia bandiera sovietica totalitaria della pace a strisce, è il tarlo che rode l’anima degli ebrei di sinistra che adorano la loro legittimazione narcisistico-diasporica che li esime dalla poco elegante vicenda di essere un popolo, anzi, una nazione; e soprattutto è la questione che dà agli antisemiti la possibilità di esprimersi sotto copertura e alle maggioranze automatiche dell’Onu quella di farsi forti. È anche il migliore degli stendardi rossi da sventolare davanti al toro islamista, come hanno fatto da Istanbul Ahmadinejad, che di nuovo ha promesso di cancellare Israele, Bashar Assad dalla Siria ed Erdogan, il premier turco che sta costruendo una carriera islamista per il suo Paese sulla minaccia a Israele.
Ma il troppo stroppia e l’immensa quantità di fango rovesciata in questi giorni su Israele ha nauseato anche Bernard-Henri Lévy, uno dei critici più attivi (è autore insieme ad altri del documento detto Jcall della sinistra contro il governo israeliano, e ha subito criticato Israele dopo la vicenda della flottiglia) della politica israeliana: proprio su Haaretz, foglio pacifista e ipercritico, pur conservando le sue riserve sulla «stupidità» dell’operazione e del governo Netanyahu, condanna la disinformazione e la criminalizzazione antisraeliana.
Il mondo ci ripensa, e forse è anche perché la lenta presa di coscienza indebolisce la pressione, Israele si fa coraggio sulla questione della commissione. Gerusalemme ha molte buone ragioni perché Israele rifiuti una commissione internazionale che, secondo il Consiglio per i diritti umani dell’Onu (l’Italia ha votato contro), dovrebbe indagare sul comportamento dello Stato ebraico durante lo sfortunato arrembaggio alla nave Marmara. Il ministro degli Esteri francese Bernard Kouchner la trova una buona idea e per rafforzare il senso della commissione chiede che ne faccia parte la Turchia. Strano, dato il ruolo certo non neutro della Turchia nella vicenda e dato che Erdogan soffia sul fuoco e minaccia, insieme ad Ahmadinejad, di andare sulle coste di Gaza con le proprie navi, e addirittura personalmente.
In genere, le esperienze di Israele con le commissioni di inchiesta, e per di più con le istituzioni dell’Onu, sono disastrose: valga per tutti quella che, diretta dal giudice Goldstone, ha utilizzato solo fonti simpatetiche con i palestinesi per stilare un rapporto devastante sulla guerra di Gaza. Di fatto, esso proibisce a Israele di difendersi e cita solo i testimoni-attivisti che chiamano «civili» corpi armati e scudi umani di Hamas. Israele, che sa giudicarsi molto severamente da sola, come dimostra la commissione Winograd che fu spietata sulla guerra in Libano del 2006 e fece dimettere molti civili e militari, pianifica dunque al momento due commissioni di indagini indipendenti, anche se Netanyahu sta ancora aspettando l’approvazione americana per la seconda: la prima, militare, sarà guidata dal generale Giora Eiland, un personaggio pacato, ammirato per la sua cultura; la seconda dovrebbe essere formata da giuristi locali esperti in legge internazionale e marina e da due giuristi internazionali, di cui uno americano, come osservatori. Non sarà loro compito interrogare i soldati, che Bibi si guarda bene dal mettere sotto accusa direttamente. La commissione dovrebbe esaminare le condizioni dello scontro sulla nave Marmara, la legalità del blocco navale, la questione della “proporzione” nello scontro.
In realtà col passare delle ore, via via che molti osservatori internazionali, la stampa, le tv, Bernard-Henri Lévy e compagni fanno il mea culpa, le circostanze della vicenda della Marmara sono sempre più chiare. Si critica, come molti fanno, la modalità militare dell’attacco, ma che la nave dei «pacifisti» trasportasse dei ceffi armati appartenenti a un’organizzazione che ha fornito armi a Hamas, alla Jihad Islamica e anche ad Al Qaida e che fosse punteggiata di personaggi che volevano guadagnarsi il paradiso diventando shahid, è certo.
Quello che non si riesce a chiarire bene invece è il ruolo della Turchia, che ha varato la flotta benché avvertita del pericolo che comportava; che sapeva chi fossero gli uomini dell’IHH e che tuttavia ha lasciato che si imbarcassero in numero cospicuo senza check in da un porto diverso, che cavalca adesso la vicenda nel modo più plateale, usando Istanbul come piattaforma di lancio di operazioni bellicose. La Turchia agisce con foga in ogni campo: si è presa una reprimenda da Angela Merkel per essersi definita primo ministro dei turchi che vivono in Germania; ha fatto sollevare qualche sopracciglio quando di fatto ha cercato di salvare l’Iran dalle sanzioni offrendosi di arricchirne l’uranio; quando un’installazione di radar dentro la Turchia è crollata improvvisamente mentre la Nato avrebbe avuto bisogno di informazioni sulla Georgia, raggiunta dal radar.
Di grande rilievo il fatto che Abu Mazen si sia recato personalmente da Erdogan per spiegargli che ciò che sta facendo avvantaggia Hamas contro il suo peggior nemico, Fatah. Un incendio come quello che la Turchia minaccia di voler appiccare ai danni di Israele può diffondersi anche a danno degli incendiari.
Cara Fiamma, sai, é facile come sempre sparare sulla croce rossa(così come su Israele, sigh!) anche se sinceramente, non avrei fatto quell'intervento che hanno fatto.Un caro abbraccio, e un abbraccio, Ilaria.
ben , Torino
Era un errore che i soldati saliti senza poter protegge SE STESSI e con l'intenzione di non fare male a nessuno, perciò cerano i morti e i feriti GRAVE tra i soldati.I Turchi non devono fare finta di essere le pecore, perche non sono.KOL HAKAVOD FIAMMA.
Eliyahu , Gerusalemme Israele
un articolo eccellente, Fiamma!! Io voglio tradurlo in inglese ma adesso non ho il tempo per cio. Forse Lei ha un traduttore per far la traduzione in inglese?
alfonso margani , Firenze/Italia
La Turchia deve stare attenta. Finora Israele l'ha aiutata,ma or Erdogan cavalca la tigre dell'Islamisto. Ma stia attenta,perché i fanatici islamici sono una tigre impossibile da ammansire;non dimentichiama Godzbadeh,il primo premier iraniano dopo la Rivoluzione Khomeynista. ve lo ricordate?ogni giorno sbraitava davanti alle telecamere parlando di "complotto sionista".Anche se gli si rompeva un bottone della giacca dava la colpa al complotto sionista:ma non furono i sionisti ad obbligarlo a farsi filmare mentre pregava,con la barba di quattro giorni,e non furono i sionisti a impiccarlo:fu Ruhollah Khomeini!!
Sergio , Firenze
... Eppure è così semplice riconoscere che Israele ha sbagliato ad attaccare la flotilla. ... Nessuno è perfetto... O chi dice questo (e non esclude Israele) è accusato di antisemitismo, terrorismo e ecc. ecc.??
vanni , italia
Egregia Signora Nirenstein, per placare la Turchia pensiamo a una iniziativa pacifica, pacificante dopo tanti strepiti cruenti. Lei è ebrea di religione - credo - quindi direi neutrale in questa occasione, e potrebbe caldeggiare la cosa senza dar adito a sospetti di secondi fini, come potrebbe essere per me - cattolico quasi praticante - o per lo Stato del Vaticano. Dunque: chiederei che venisse celebrata, eventualmente concelebrata insieme con grecocattolici e armenocattolici, una bella Messa di suffragio in Turchia per Monsignor Luigi Padovese, in un luogo aperto, grande, una piazza. Ma anche uno stadio si presta; non necessariamente ad Ankara o Istanbul - ad esempio Iskenderun andrebbe benissimo. Ovviamente un collegamento internazionale TV via satellite sulla RAI (o anche Mediaset se è disposta a pagare), e comunque per i paesi che ne fossero interessati, Turchia inclusa. Un primo ma significativo passo - al quale dare un seguito fecondo - che contribuirebbe a dissipare ombre malintesi pregiudizi riserve sulla sensibilità umanitaria della Turchia e sulla temperie culturale che vi si respira. Ma non solo la Turchia, anche tanti paesi mediorientali a maggioranza islamica potrebbero trarne giovamento, mostrando il vero volto dell'Islam moderato. Solo un piccolo - primo - passo. Sarebbero rimossi tanti ostacoli ad una civile e tollerante convivenza, al dialogo interreligioso. So che non è facile, ma Lei conosce senz'altro i canali più opportuni attraverso i quali inoltrare la richiesta a chi può disporre in tal senso in Turchia (Gül? Erdogan? Penserebbero che “l'Europe vaut bien une messe” o non più?). A Lei le scuse per il tono acre di questa mia; a me la speranza in una misericordiosa assoluzione.