Obama nel pallone: va alla guerra, anzi no
Il Giornale, 11 settembre 2013
Obama si agita nelle sabbie mobili. E’ la sorte di chi usa troppi artifici retorici, di chi incarna troppi tipi di personalità insieme: non si può fare la pace e la guerra insieme, affermare il primato morale degli USA e aspettare che te lo voti il Congresso, difendere i bambini siriani e affidarne la sorte al buon cuore di Assad. La proposta del fidatissimo Kerry e dei malfidati russi (non è strano?) che Assad consegni le armi chimiche, e là più volatile e difficile da realizzare che si possa immaginare. Basta immaginare come verrebbero accolti nella Siria che brucia gli eventuali ispettori dell’ONU che dovrebbero ricevere il controllo delle armi chimiche, tutte tutte, sul terreno, e decidere che farne, basta pensare che ci sono più di cinquanta siti nascosti chissà dove. Ma è una proposta abbastanza astuta da bloccare tutto in attesa che si precisi, e abbastanza pacifista da riportare il sorriso sulle labbra di Obama a dispetto del fatto che non c’è oggi presidente più dilaniato. Obama è sollevato dal non dovere correre verso il cannone delle sue navi e sparare, ma non poteva avviarsi al suo “discorso alla nazione” di ieri notte in una situazione di maggiore confusione, da una parte dovendo sostenere la bontà dell’attacco con la foga con cui l’ha sostenuto fino ad ora, e dall’altro piantando una frenata per vedere come va la trattativa sulla consegna delle armi.
Obama ha ragione e ha torto, dice che bisogna attaccare e non bisogna, che la guerra deve stare in caldo finché non è chiaro se i siriani sono seri ma si deve aspettare che Putin e Assad, dopo essersi magari consultati con l’Iran, decidano in che termini l’ONU può accedere al loro controllo. Magari come l’IAEA alle centrifughe iraniane, mai mostrate veramente agli ispettori. Obama ha lasciato che tutte le decisioni gli scivolassero dalle mani: i russi trattano con i siriani, la Francia presenta una risoluzione al Consiglio di Sicurezza per garantire che se Assad non ci sta sia consentito l’intervento armato, il Senato Americano chiacchiera a vuoto perché tanto il voto è rimandato. Al fondo, la sua dichiarata repulsione per la guerra e per l’antico ruolo del suo Paese come nazione indispensabile e la sua determinazione a fermare l’uso delle armi di distruzione di massa formano una confusione concettuale dannosa per tutti.
Obama non ha la maggioranza al Congresso, non ha la simpatia della maggior parte degli americani, ha perso il sostegno dell’Inghilterra, gli sono venuti addosso l’Unione Europea e il Papa… da qui probabilmente nasce la scelta segreta che filtra in queste ore, di parlare con Putin della consegna delle armi a quattr’occhi a palazzo Costantino. L’effetto internazionale è che la Siria guadagna tempo per invenzioni come accumulare tutte le armi in città i cui cittadini diventano scudi umani; Assad può avere la possibilità di seguitare a governare la Siria, e si consolida il potere iraniano e degli Hezbollah, mentre la Russia diventa il mediatore indispensabile. Da protettore di Assad, Putin diventa il grande difensore della pace conservando la sua presa sul Mediterraneo.
Per gli USA, non è certo questo il modo migliore per celebrare l’anniversario dell’11 di settembre, una giornata in cui gli USA dovrebbero dimostrare forza e volontà di resistenza. Obama rischia di tirarsi indietro (almeno per ora) durante un periodo di grande insorgenza dell’estremismo islamico, mentre sono in marcia schiere di qaedisti armati fino ai denti, integralisti islamici odiatori dell’Occidente contrastati da dittatori sanguinari come Assad, mentre nel mezzo la popolazione civile decimata chiede disperatamente aiuto, e Obama deve annunciare di nuovo che la migliore cosa da fare è aspettare.
ho letto che per Israele la miglior cosa sarebbe la vittoria dei nemici di Assad. Si interromperebbe la mezzaluna sciita che ha capacità progettuali assai pericolose. (i sunniti arabi invece, grazie alla filosofia di Al-Ghazali possono solo comprare tecnologia. Purtroppo la vittoria sunnita sarebbe a fronte di massacri di sciiti e cristiani pacifici. Impossibile una soluzione ottimale..
biagiotti carlo dario , monza IT
In effetti l'atteggiamento del presidente Obama è stato quello del "sor tentenna". Parto, no resto, forse parto, no forse resto. A mio modesto parere non ha valutato attentamente la situazione, non ha tenuto conto che dall'altra parte sono schierati terroristi di ogni razza. E poi, infine, non ha valutato le conseguenze per Israele che essendo considerato la lunga mano degli USA era quella maggiormente esposta a rappresaglie.