Fiamma Nirenstein Blog

Obama nel paese delle buone intenzioni

venerdì 5 giugno 2009 Il Giornale 17 commenti

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"Il vero ostacolo: il mondo musulmano non è quello che il presidente USA dipinge"

Il Giornale, 5 giugno 2009


Sarebbe bello vivere nel mondo disegnato ieri da Obama al Cairo, ma il senso di realtà suggerisce che non sarà possibile. Tralasciamo le ovvie parole di apprezzamento per la volontà di pace e per il coraggio politico del presidente americano: chi potrebbe negarli. Obama ha tentato al Cairo di creare con la forza della sua magia una svolta epocale, quella in cui non esiste il conflitto fra islam e Occidente. Ne è risultato il ritratto un po’ banale di un giovane presidente buono. Obama immagina il mondo a partire da Obama, dalla sua autobiografia: non a caso non ha nemmeno citato la parola terrorismo. Il presidente americano si è presentato come la prova vivente della negazione del conflitto di civiltà, un giovane uomo cresciuto senza conflitto fra islam e cristianesimo, il padre e il nonno musulmani, la madre cristiana e bianca, gli Stati Uniti il porto d’arrivo, dove anche l’islam è una componente indispensabile. Obama ha parlato un’ora intera, ma il mondo ha sentito bene solo alcune cose: la prima riguarda il tono apologetico, io ho fatto del male a te, tu ne hai fatto a me, tu hai dei pregi e dei difetti, io ne ho altrettanti, parliamone, capiamoci, in fondo abbiamo principi simili, quelli dei diritti umani. Ma non è andata così.
Prima di tutto la storia dei diritti umani è saldamente ancorata all’Europa e agli Usa, non giace anche in qualche anfratto delle satrapie mediorientali pronta a saltare fuori. In secondo luogo la storia delle due culture è sempre stata conflittuale, e mentre le nostre masse lo hanno dimenticato quelle islamiche invece ne fanno la bandiera di ogni giorno, a scuola, in piazza. Non si tratta di fenomeni marginali: lo testimoniano le enormi piazze di Hamas e degli Hezbollah, la determinazione dei talebani e di Al Qaida, la laboriosa strategia atomica e terrorista dell’Iran che dal 2005 minaccia prima di tutto gli arabi moderati (per poco Mubarak non veniva deposto da una recente sovversione). Il più grande problema musulmano è la guerra intraislamica, non quella con gli Usa. Gli Usa, come Israele, non sono in guerra con l’islam, ne sono attaccati. Dal ’79, attacco all’ambasciata americana a Teheran, poi Nairobi nel ’98, la Tanzania, giù fino all’11 settembre, l’islam radicale ha attaccato, mentre si creava intorno agli attacchi un consenso di massa.
Obama misura dentro di sé l’equilibrio delle sue componenti e le proietta in un universo pacificato. Fa così anche sul conflitto israelo-palestinese che ha citato prima della questione iraniana, lasciando Israele di stucco: ha ribadito la forza del rapporto con Israele, ma ha anche messo sullo stesso piano il comportamento di due popoli di cui in realtà uno ha offerto molte volte di sgomberare i territori occupati per fare spazio a uno Stato palestinese e l’altro ha fatto del rifiuto la sua bandiera. Ed è difficile immaginare che proprio a Hamas, che fa della distruzione di Israele la sua ragione sociale, la proposta di Obama di due Stati possa suonare realistica. Non lo è stata ieri quando Arafat ha rifiutato tutte le offerte, non lo è stata poco fa quando Abu Mazen ha detto no a Olmert. Oggi che c’è di nuovo?
Quanto all’Iran, troppe poche parole ha dedicato Obama a quello che è oggi il Paese più pericoloso del mondo, l’islam più aggressivo e feroce. Forse è proprio la sua inconciliabilità con l’islam obamocentrico che lo ha spinto a dire che il Paese degli ayatollah può farsi la sua energia atomica per usi domestici. Risibile ipotesi. Manca lo sfondo: Obama quando parla della tolleranza islamica percorre luoghi comuni. La sua citazione della Spagna era sbagliata: Cordoba, Granada furono testimoni di eccidi musulmani di ebrei, come anche il Marocco, l’Algeria, la Libia, l’Irak, la Siria, l’Iran, lo Yemen, l’Egitto.
Lo scontro con il cristianesimo, poi, è così lungo e profondo che non basterà il viso contrito e deciso di Obama a portare pace. Abbiamo già visto Shimon Peres proclamare ai tempi dell’accordo di Oslo che il Nuovo Medio Oriente era stato realizzato. Ma l’attrattiva dei vantaggi della stabilità non ferma l’aspirazione islamica a primeggiare. Obama ha sbagliato a non farne una promessa all’Egitto: forse solo l’aiuto concreto contro l’estremismo iraniano potrebbe confederare l’islam in un sogno di pace.


“Obama in Good Intentions Land”

Il Giornale, 5 June 2009

It would be wonderful to live in the world that Obama painted yesterday in Cairo, but a sense of reality suggests that it is impossible. We can leave aside obvious words of appreciation for the US President’s desire for peace and his political courage: both are undeniable. In Cairo, Obama used all the force of his magic to try to create a turning point for our era, where the conflict between Islam and the West would cease to exist. What came out was a rather predictable portrait of this young, good president. Obama’s image of the world starts from his own autobiography: it is no accident that he never even mentioned the word terrorism. The American President exhibited himself as living proof that the conflict of civilizations is inexistent, a young man who grew up without conflict between Islam and Christianity, with a Muslim father and grandfather, a white, Christian mother, and the United States as his destination, a US where Islam is also an essential component. Obama spoke for an entire hour, but the world only really heard a few points. The first was his apologetic tone: in essence, we have similar principles, those of human rights. But that is not the way it is.
First of all: the history of human rights is solidly anchored to Europe and the United States; it does not lie in some gorge of Middle-Eastern satrapy, waiting to jump out. Second, the two cultures have always had a history of conflictual relations. But while our own masses have forgotten that, the Muslim masses keep the flag flying daily, in schools and public squares. These are not marginal phenomena: proof lies in the enormous mass demonstrations of Hamas and Hezbollah, the determination of the Taliban and Al Qaeda, and Iran’s painstaking atomic and terrorist strategy. Iran has been threatening moderate Arab leaders first of all ever since 2005 (Mubarak was almost deposed recently by an attempted uprising). The biggest problem of the Muslims is their intra-Islamic war, not the one with the US. The United States, like Israel, is not at war with Islam; it is being attacked by Islam. Ever since 1979 with the attack on the American Embassy in Teheran, then Nairobi in 1998, then Tanzania and on to 9/11, radical Islam has attacked, while creating mass consensus around these attacks. 
Obama measures the balance of the components he carries inside him and projects them onto a pacified universe. He does the same thing with the Israeli-Palestinian conflict, which he mentioned even before the Iranian question, staggering Israel. He reiterated the strength of US relations with Israel, but he put the two people’s behavior on the same level, whereas one has made numerous offers to clear out of the occupied territories to make room for a Palestinian state, and the other carries the standard of refusal. It is hard to image that Obama’s proposal of two states sounds realistic to Hamas, which has made the destruction of Israel its very reason for being. It was not realistic earlier when Arafat refused all the offers, nor was it not long ago when Abu Mazen said no to Olmert. What’s new today? As for Iran, Obama dedicated far too few words to the most dangerous country in the world today, with the most aggressive, ferocious form of Islam. Perhaps it was incompatibility with Obama-centric Islam that induced the President to state that the country of the ayatollah can develop atomic energy for domestic use. The hypothesis is ludicrous. The background pieces are missing. When Obama speaks of Islamic tolerance, he is using worn-out clichés. He was wronge in his quote about Spain: Cordova and Granada were witnesses to Muslim massacres of Jews, as did Morocco, Algeria, Libya, Iraq, Syria, Iran, Yemen, and Egypt.
Finally, the clash with Christianity has been so long and deep that Obama’s contrite, decisive face is hardly enough to bring about peace. At the time of the Oslo Agreement, we saw Shimon Peres proclaim that the New Middle East had arrived. But the attraction of the advantages of stability is no obstacle to Islamic aspirations to come out on top. Obama made a mistake in not making promises to Egypt. It might be that only concrete support against Iranian extremism could unite Islam in a dream of peace.

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Barbieri Stefano , Modena , Italy
 venerdì 12 giugno 2009  19:33:34

Gentile Signora, ho appena letto il suo articolo che dimostra chiaramente che da parte sua non esiste nessuna volontà di cambiamemto e di svolta. Obama ha detto che per cambiare bisogna togliere di mezzo i pregiudizi da ambo le parti. E che bisogna "riconoscersi". Lei ha chiari pregiudizi e chiaramente crede di essere dalla parte giusta. Come accade da centinaia di anni. Continui così e i figli dei suoi figli vivranno nello stesso mondo in cui viviamo oggi. Una bella prospettiva, non c'è che dire. Buon lavoro.



Angela , Frankfurt, Germania
 martedì 9 giugno 2009  21:41:04

Thanks for the translation. I wholeheartedly agree with your analysis. "In essence we have similar principles, those of human rights", proclaims The One. What planet does this man live on, may I ask?Human rights activist, Ayaan Hirsi Ali, in an interview with a German online news site put things into perspective today when she called on the President to use his background and position to stand up for America with pride and self-confidence. Nothing could be further from the values America was founded on than those upon which Islam is founded, she added.



ever arbib , roma
 domenica 7 giugno 2009  19:20:18

Brava Fiamma, ancora una volta hai dimostrato la Tuaprofonda ed attenta analisi della politica internazionale.Brava.Mr. Obama e tanti altri Superman non dovrebbero mai dimenticare che il fine dei nostri cugini non e'un trattato di pace ma semplicemente,come gia' detto da molto tempo:ARAB PEACE IS TO TAKE ISRAEL PEECE BY PEECECon la massima stimaever arbib



jochanan , italia
 domenica 7 giugno 2009  17:53:35

Articolo che metterei accanto a quello di Giorgio Israel. Spero che Obama, politicante freddo e astuto abbia fatto il miglior discorso "al di sopra delle parti" che gli arabi potessero apprezzare. Un discorso più realistico li avrebbe fatti sollevare come un sol uomo. Già ora nei confronti dell'Iran ha cominciato giustamente a mettere qualche puntino sull'I.Personalmente ritengo che una pace con i regimi "democratici " che non l'hanno firmata finora sia una cosa irrealizzabile. Anche il Libano, ostaggio della ben nota minoranza facinorosa quand'anche gli si restituissero le famosissime fattorie non firmerebbe. Basta vedere il NO di arafat a Barak, che gli aveva offerto mezza Gerusalemme!Temo che al massimo, e per chissà quanto tempo ci sarà tutt'al più uno stato di tregua in M.O. Purchè Israele continui a mantenere determinazione e coraggio...



Roberto Riviello , Figline Valdarno
 domenica 7 giugno 2009  12:47:05

Gentile Fiamma Nirenstein,è una fortuna che nel panorama politico italiano si possa ascoltare la sua voce che così lucidamente interpreta la realtà internazionale. Il presidente Obama sta rivelando un grave limite che lei ha giustamente evidenziato. Vorrei anche conoscere la sua opinione sull'ingresso di Israele in Europa, che io trovo fondamentale al contrario della folle proposta, condivisa anche a destra mi sembra, di sostenere la candidatura della Turchia.Tutta la mia solidarietà alla sua attività politica, giornalistica e culturale,Roberto Riviello



giorgio pezzoni , italia
 domenica 7 giugno 2009  11:04:14

I marveled at Obama's speech in Cairo, it was a mastery in speech writing and delivery, his oratory skills are unsurpassed by any in modern day's leaders. Unfortunately, notwithstanding his claim to verity it included some historical inaccuracies. [Obama] It was innovation in Muslim communities that developed the order of algebra, our magnetic compass and tools of navigation, our mastery of pens and printing, our understanding of how disease spreads and how it can be healed.The Internet is now full of counter responses e.g http://www.blackinformant.com/headlines/insult-islam-no-insult-history-yesI raised my eyebrows on listening to the speech when he claimed for Islam the Chinese invention of the compass (can't help my seafaring background):[Quote] The magnetic compass is an old Chinese invention, probably first made in China during the Qin dynasty (221-206 B.C.). Magnetized needles used as direction pointers instead of the spoon-shaped lodestones appeared in the 8th century AD, again in China, and between 850 and 1050 they seem to have become common as navigational devices on ships. The first person recorded to have used the compass as a navigational aid was Zheng He (1371-1435), from the Yunnan province in China, who made seven ocean voyages between 1405 and 1433, The other issue that irked me was Obama crediting Islam with the development of pens and print. There is no record of development of pens (from the reed pen in ancient and Graeco-Roman Egypt, through the quill and up to modern fountain pens, that can be attributed to Islam. However, the statement on print is particularly misguided as the late adoption of print in the Islamic world delayed the dissemination of knowledge in the Muslim world by at least 400 years, which gave the Christian world a head start in human development that was difficult to catch up with. This fact and denying women education were cited by a UN commission as two serious factor



Filippo Zibordi , Nogara (VR)
 domenica 7 giugno 2009  01:06:13

Sono piuttosto d'accordo con il Signor Sattin. Perché non provare un approccio nuovo? Credo che dire che l'Islam sia ostile all'occidente, sia generalizzare molto grezzamente: il Marocco è ostile? La Turchia è ostile? La Tunisia è ostile? E la maggior parte degli altri paesi musulmani sono ostili? Anzi, queste affermazioni o gli atti che ne conseguono mettono ancora più in difficoltà gli stati che cercano il dialogo, da entrambe le parti, perché fanno crescere risentimenti e movimenti estremisti. Certo che i paesi che non cercano la pace vanno combattuti...anche con l'intelligenza. Quindi perché non cercare una soluzione nuova...ricorda Rabin? Non è stato ucciso da palestinesi, né da musulmani..era stato un generale, ha avuto una parte determinante nella vittoria nella guerra dei sei giorni (quindi ha combattuto il nemico), eppure, è stato ucciso quando è andato a cercare la pace. Quindi, c'é qualcuno che cerca la pace, in entrambi gli schieramenti, e c'é qualcuno che si nutre del sangue dei figli della propria terra. Quanti anni sono passati? 50? 60? E ancora i contendenti sono fermi al punto di partenza. Quanti morti ci sono stati? Non siete stanchi?



Ester , Morbio Superiore - Svizzera
 sabato 6 giugno 2009  21:10:57

Un commento? I fatti parlano e nessun commento è appropriato...La mia unica consolazione è di amare Israele restando fedele alla Nazione scelta dal nostro Dio...Un giorno dovremo renderne conto...Shalom, Ester.



RICCARDO , VICENZA
 sabato 6 giugno 2009  18:22:30

PURTROPPO LETTO IN RITARDO.E' UN PO' PRESTO PER CAPIRE LE INTENZIONI DI OBAMA. DEVO RIFLETTERE.CIAO



Agostino Morello , Ancona/ Italia
 sabato 6 giugno 2009  13:59:44

Cara Fiamma Nirenstein,credo l'analisi di Giorgio Israel a pag. 3 del FOGLIO di sabato 6 Giugno sia molto chiara .Un abbraccioA.M.



gianfranco pellegrini , Milano
 sabato 6 giugno 2009  10:43:42

Cara Fiamma il tuo articolo relativo al discorso di Obama in Egitto riflette perfettamente la situazione in cui si trova l'America di fronte ad un Islam ostile in quasi tutte le sue diverse frazioni (che sono tante). Emerge chiaramente che Obama è assolutamemnte inesperto di politica mondiale.sopratutto verso l'Africa e l'Asia.Credeva di fare la parte del buon Samaritano pronto a tendere la mano. Dio protegga tutti noi Europei che abbiamo ancora tanto bisognodi un'America sempre pronta ad intervenire la dove a tutela della civiltà si richiede una presenza forte. Il tanto criticato Busch l'aveva ben capito ed era stato costretto dagli eventi a fare quel che ha fatto.Gianfranco Pellegrini



Enrico Mairov , Milano Italia
 venerdì 5 giugno 2009  21:26:26

Anche Chembarlein nel 1938 dopo Monaco disse di avere portato la pace del secolo...



Giuseppe Casarini , Binasco (MI)
 venerdì 5 giugno 2009  18:35:29

Gentile Signora Nirenstein,tra i tanti e vari commenti al discorso di Obama al Cairo è interessante a mio avviso riflettere su questa acuta osservazione di David Horovitz è ripresa da un suo più ampio articolo riportto da Israel.net:"Dove invece Obama ha terribilmente perso un’occasione vitale, dal punto di vista di Israele, è stato quando ha legittimato il nostro stato nazionale ebraico esclusivamente sulla base delle persecuzioni subite dal popolo ebraico nel corso dei secoli, “culminate in un olocausto senza precedenti”. Naturalmente negare la Shoà è “cosa infondata, ignorante e odiosa”. E, certo, “minacciare Israele di distruzione” davvero “serve solo a rievocare nella mente degli israeliani quelle memorie dolorosissime, impedendo quella pace cui i popoli di questa regione hanno diritto”. Ma il nostro diritto su questa terra non si fonda solo, e nemmeno primariamente, sulle tragedie che ci sono capitate durante la nostra storia in esilio. Quel diritto è legato, invece, al fatto che eravamo in esilio: da questa terra, dalla patria storica del popolo ebraico.".Cordiali salutishalom



Rosanella , Livorno
 venerdì 5 giugno 2009  17:19:19

Gent.Le Sig.ra Nirenstein,come non condividere la sua analisi così lucida, razionale, realistica?Il dibattito sulla 7 mi aveva lasciato stupefatta. A parte il fastidio procuratomi dalla supponenza di alcune partecipanti, sembrava che a parlare fosse stato non il presidente Obama ma una sorta di messia. Le nostre speranze per un mondo migliore non si realizzano con un bel discorso e ignorando la storia e i reali problemi.Grazie ancora per le sue parole.



Francesco Sergio , salerno
 venerdì 5 giugno 2009  17:17:28

Cara Fiamma, mi ritrovo in tutte le Tue analisi anche quelle fatte ad 8.mezzo sulla Sette. Purtroppo oggi ci troviamo con un presidente degli Stati Uniti che come dici Tu interiorizza la sua condizione di musulmano condivisa in libertà con altre religioni per esternalizzarla. Ma ha forse semplicemente dimenticato che l'America è la patria della libertà e dei diritti umani. Lo stesso non si può dire dei paesi arabi e musulmani. Con un Iran patria del dispotismo più feroce ed in procinto di dotarsi della bomba. Spero che Israele agisca al più prestoCordialmenteFrancesco Sergio



Giuseppe Casarini , Binasco (MI)
 venerdì 5 giugno 2009  17:05:20

Analisi lucida e brillante già espressa ed anticipata in parte e in alcuni punti essenziali ieri sera nel corso della trasmissione 8 1/2 e nonostante le "fastidiose" intromissioni di alcuni interlocutori.Cordiali salutishalomggc



Carlo Sattin , Padova - Italia
 venerdì 5 giugno 2009  15:51:25

Gentile Signora, ho appena letto il suo articolo che dimostra chiaramente che da parte sua non esiste nessuna volontà di cambiamemto e di svolta. Obama ha detto che per cambiare bisogna togliere di mezzo i pregiudizi da ambo le parti. E che bisogna "riconoscersi". Lei ha chiari pregiudizi e chiaramente crede di essere dalla parte giusta. Come accade da centinaia di anni. Continui così e i figli dei suoi figli vivranno nello stesso mondo in cui viviamo oggi. Una bella prospettiva, non c'è che dire. Buon lavoro.



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