NONOSTANTE LO CHOC DELLA TRAGEDIA, L’ OPINIONE PUBBLICA VUOLE CONTI NUARE A COMBATTERE Ma per Israele è una tregua imposta
martedì 1 agosto 2006 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
GERUSALEMME
Chi si aspettava che un cessate il fuoco sia vicino, sarà deluso.« La guerra
continua, e non finirà nei prossimi giorni» , ha detto il primo ministro
israeliano Ehud Olmert. « Nessuno ci deve fare la lezione, - ha proseguito, -
sono triste nel profondo per la morte dei bambini e delle famiglie di Cana.
Non erano nostri nemici, nessun civile è nostro nemico, e mi rivolgo al
popolo libanese: siete ostaggi di terribili terroristi mentre vi avviate
sulla strade della democrazia... fra noi non c’ è inimicizia, abbiamo lo
stesso scopo, due Paesi che vogliono una vita semplice e normale, mentre
Hezbollah per conto di altri semina l’ odio e la morte» .
Non ha parlato della tregua concordata con Condoleezza Rice, come fosse un
elemento minore. Ma tutta Israele invece ne discute, e ne è , da sinistra a
destra, turbata. Vede una contraddizione fra la necessità condivisa di
battere gli Hezbollah, la sofferenza di un terzo della popolazione rinchiusa
nei rifugi da 20 giorni, i soldati che muoiono, e la concessione fatta a
Condi.
La Rice, invece ne ha fatto un elemento strategico, un modo di arrivare al
desiderato cessate il fuoco: mentre annunciava che Israele aveva accettato
la tregua di 48 ore, ha promesso di coinvolgere l’ Onu per dare il via a una
forza di interposizione, fino a affermare che la soluzione sarà pronta nel
giro di una settimana attraverso una decisione urgente del Consiglio di
Sicurezza. Nel frattempo, però , l’ Onu ha rifiutato di fissare l’ incontro per
disegnare la nuova forza « finchè non ci sia più chiarezza politica» ; e gli
Hezbollah hanno già dichiarato che la scelta di Israele di fermarsi
rappresenta una vittoria. E Israele è rimasta ancorata alle sue posizioni:
prima di introdurre una forza internazionale, gli Hezbollah devono essere
disarmati e allontanati dal confine, altrimenti nessuno potrà più spostarli.
In realtà , non fosse stata per il disastro di Cana, Israele non avrebbe
accettato la tregua di 48 ore di Condoleezza che forse non l’ avrebbe chiesta
così drammaticamente. Perché Israele e gli Usa condividono un preciso punto
di vista: gli Hezbollah, forza terrorista antisemita e antioccidentale,
ricca, armata come un esercito moderno, non devono neppure poter sostenere
di aver vinto, pena il rafforzamento dell’ integralismo islamico e della
strategia atomico-messianica di Ahmadinejad. D’ altra parte Condoleezza, che
ha costruito tenacemente la sua immagine come quella di un elemento di
incontro con l’ Europa, oltre che di figura aperta alla collaborazione con
gli Stati arabi moderati, non poteva affrontare la convulsione morale
portata da Cana senza portare a casa un risultato tangibile.
Non è stato tanto difficile, e i motivi sono due, uno morale e uno pratico.
Il primo: la tristezza di Israele per la strage. Tutto l’ arco politico, da
Haim Ramon a Bibi Netanyahu, e soprattutto un numero imprecisato ma molto
consistente di militari di alto grado, hanno seguitato a spiegare che
Nasrallah ha cercato la strage dei civili (li ha trattenuti con la forza nei
villaggi pure messi in allarme più volte dall’ esercito, ha nascosto le armi
e i lanciamissili nelle case, ha nascosto la presenza di civili per creare
le premesse per una strage) per ottenere un intervento internazionale. Il
professor Asa Kasher, uno degli elaboratori del codice morale di Tzahal,
ripeteva ieri che via via che la linea morale del nemico si sposta
coinvolgendo i civili, la creatività dell’ esercito deve consistere proprio
nell’ evitare con tutte le proprie forze di coinvolgerli. Israele sa che gli
Hezbollah portano su di sè molta responsabilità dell’ accaduto, ma le
terribili immagini che correvano senza tregua in tv hanno creato una crisi
di coscienza.
In secondo luogo, la Rice sa che la forza d’ interposizione dell’ Onu nascerà
solo con l’ impegno europeo. Se la Francia, la Spagna e l’ Italia non
accettano di farne parte, questa soluzione non esiste più . E possiamo anche
immaginare che Massimo D’ Alema, anche lui qui a colloquio sia con gli
israeliani che con la Rice, abbia spinto per un segnale di disponibilità al
cessate il fuoco, perché se c’ è la guerra e la forza internazionale non si
può formare, allora che soluzione può escogitare oggi l’ America? E l’ idea di
questa forza, se armata per il controllo anche del confine con la Siria,
piace a Olmert, che l’ ha richiamata anche ieri.
Ora, la tregua è un prendere atto del dolore dei colpiti, un segno che
Israele è pronta al dialogo. Ma d’ altra parte, Hezbollah festeggia, mentre
evita di sparare: perché se sarà così ancora per qualche giorno, Israele
riprenderà gli attacchi per spostarli dal confine e disarmarli a freddo. Non
sarà facile, e Nasrallah ci conta. Ma intanto Israele discute un uso più
largo delle truppe di terra.