« Non ho più fiducia in Arafat» Avi Pazner, negoziatore con Barak a Sharm el-Sheikh
mercoledì 18 ottobre 2000 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
AVI Pazner, ex ambasciatore di Israele in Italia e in Francia,
consigliere
di Shamir al tempo della grande scelta di andare a Madrid, torna da
Sharm el
Sheikh come uno dei più eminenti membri della squadra di Barak
all'incontro.
Già sparano a Gerusalemme. Il documento di Clinton non sembrerebbe
un gran
risultato.
« L'accordo in sé è buono: comporta la fine della violenza, non impone
la
commissione internazionale voluta da Arafat ma altri accertamenti; e
dopo le
due settimane di sperimentazione, se tutto va bene, riconduce le
parti al
tavolo delle trattative» .
Ma può funzionare? O è un giuoco di prestigio per compiacere Clinton?
« Non ho molta fiducia nella volontà di Arafat di far cessare sul
serio la
violenza. Però bisogna dar tempo al tempo» .
Arafat è andato a Sharm molto identificato col suo nuovo ruolo di
leader
irriducibile. Cos'è che lo ha ridotto a più miti consigli?
« Certamente oltre alla pressione di Clinton ,anche quella fortissima
di
Mubarak. Il presidente egiziano aveva due buone ragioni per non
mollare la
presa: non esaltare la sua furiosa opposizione interna, gli
estremisti
islamici egiziani, e non arrivare al vertice arabo del 21 in un clima
vulcanico che trascini tutto il Mediorente su prospettive estremiste,
persino di guerra» .
E Arafat, invece che interessi ha?
« Quello di restare padrone del campo: credo che comunque voglia
arrivare al
21 con il terreno caldo per cavalcare tutto il mondo arabo di nuovo
in preda
a una febbre antisraeliana» .
Il clima a Sharm era molto teso.
« Più che teso: il primo giorno era depresso e furioso nello stesso
tempo.
All'aereoporto e lungo la strada c'erano bandiere arabe d'ogni
genere, dalla
Siria alll'Arabia Saudita, e neppure una israeliana. Quando Barak è
sceso
dall'aereo ne hanno tirato fuori una sola, velocemente, e altrettanto
velocemente l'hanno riposta quando ce ne siamo andati in albergo» .
E in albergo? Eravate tutti fianco a fianco..
« Non eravamo certo tutti alla pari: pensi che i vari leader arabi,
come
Abdallah e Arafat hanno ricevuto bellissime suite; e non le dico
l'affettuosità dell'accoglienza. A Clinton e a Barak, sono state
assegnate
due camere qualunque, e niente sorrisi» .
Barak e Arafat non si sono mai trovati faccia a faccia?
« Per niente. E il primo giorno ci sono stati anche molti scontri in
cui si è
alzata la voce, per esempio, fra il ministro degli esteri israeliano
Shlomo
Ben Ami e Saeb Erakat. E, cosa ancora più saliente, benchè senza
strilli,
c'è stato addirittura un duro scontro verbale fra Mubarak e Barak,
perché
Mubarak ripeteva quello che Arafat gli aveva detto sul cinismo
omicida dei
nostri soldati di fronte ai bambini palestinesi. Barak si è davvero
offeso e
arrabbiato, e gli ha detto che Arafat li manda cinicamente a morire
sul
campo come avanguardia innocente di gruppi armati» .
Alla fine, il clima era un po' migliorato?
« Mah, non direi... Io non mi fido molto, speriamo che Arafat possa e
voglia
controllare il suo campo» .
In definitiva, signor ambasciatore, non è cambiato un bel niente con
l'incontro di Sharm el Sheikh?
« Questo non si può dire: anche se Arafat terrà in caldo la situazione
fino
almeno al vertice arabo, questo non significa che gli consentirà di
bollire,
come nei giorni scorsi. Arafat è ormai abituato al ruolo di primo
piano che
ha avuto in questi giorni, si sente adesso una forza dominante nel
Medioriente e non vuole perdere tutto quello che ha guadagnato nel
mondo
arabo fino ad ora. D'altra parte, anche con Mubarak non si scherza.
Un
equilibrio molto delicato, su cui agisce anche l'umore del campo
palestinese. Vedremo. Ripeto: tutto dipende dai prossimi giorni» .