NOI, EUROPEI MASOCHISTI
domenica 24 luglio 2005 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
QUEI nastri di plastica tesi da una parte all’ altra delle strade - a Londra
come a Sharm el-Sheikh - mentre la polizia cerca di esibire miracoli di
ordine pubblico e di calmare la popolazione, sono così volatili ma ben
presenti, come la paura; così insensati, perché vietano l’ accesso ai luoghi
della vita quotidiana, ma così necessari e invalicabili. Sono il segnale
della fine della libertà : il terrorismo nega tutti i diritti umani per come
li ha costruiti nei secoli la nostra società . Li viola quando ci frena dal
prendere l’ autobus, dal godere del libero movimento di Paese in Paese, dal
lasciare i bambini a scuola in pace, dal sedersi al caffè fra amiche o ci
impedisce di goderci le vacanze.
In quante città del mondo ormai questo assedio ci attanaglia: e chi resiste
in nome della libertà è la gente che, contro iterroristi, crede nella
libertà di pensiero e nei diritti delle donne; anche il nostro nobile
interrogarci sulle leggi e sul tema della libertà di espressione e di
opinione fa parte di questa Resistenza. E tuttavia, insegnano le parole del
sindaco Ken Livingstone a Londra, esiste una sindrome dell’ appeasement che
rasenta il masochismo.
La Francia degli Anni Ottanta liberando i terroristi dalle carceri e
sollevando i divieti di pubblicazione ebbe 91 morti e 800 feriti, più 17
dissidenti iraniani assassinati in terra francese, più 53 soldati falciati
dai terroristi suicidi in Libano. Il centro dell’ errore è questo: « Noi
causiamo il terrorismo con le nostre azioni, e le nostre colpe. Come
l’ umiliazione inferta al mondo arabo, o la guerra in Iraq, o l’ occupazione
israeliana» . Vorremmo con tutto il cuore veder risolti i problemi
mediorientali; ma non hanno niente a che fare con il terrorismo attuale:
esso è un movimento conquistatore e autoritario all'attacco, una variabile
indipendente che non prende cura di ciò che facciamo o non facciamo. Il
wahabismo nato alla metà del diciottesimo secolo non aveva mai visto un
occidentale nel cuore dell'Arabia; Al Qaeda è nata nel 1989, quando i
mujaheddin forti della vittoria sui sovietici lanciano la loro guerra di
conquista totale; il primo attacco al World Trade Center avviene nel ‘ 93, in
pieno processo di pace israeliano, mentre l'esercito lasciava tutte le città
palestinesi; l'odio si sviluppa negli anni dell'amministrazione Clinton, uno
dei presidenti più dedito al dialogo che gli Usa abbiano mai avuto;
l’ immenso terrorismo suicida della seconda Intifada si ha quando Ehud Barak
a Camp David offre a Arafat un generoso accordo.
Del resto l’ intenzione dell’ attacco mondiale è chiarissimo nei testi: finché
è stato in mano della Fratellanza Musulmana più dura, il giornale di Londra
Risalat al Khwan portava come frontespizio: « La nostra missione è la
dominazione del mondo» . Bin Laden nel ‘ 98 lo annunciò : guerra ai crociati e
agli ebrei. Abu Muhammad al Maqdisi, il mentore di Abu Musab al Zarqawi, nel
libro dal titolo « La democrazia è una religione» spiegava: ormai cristiani e
ebrei non sono più dimmi, ma servi di un falso Dio, la democrazia,
combattenti da eliminare. Abu Graith, portavoce di Bin Laden, ha spiegato
che « l’ America è il capo di un regime infedele mondiale che divide religione
e Stato» . Oltre a queste teorizzazioni, enormemente diffuse e popolarizzate,
si è avventata sulla tv e i giornali, e sulle prediche pseudoreligiose una
massa di odio che scambiamo per libertà di espressione.
Eppure abbiamo i mezzi per distinguere fra la libertà di pregare
pacificamente in una moschea e lo sceicco Yussef Qaradawi, ospite di Londra
l'anno scorso, quando loda « le eroiche operazioni di martirio» . Livingstone
l'ha chiamato « un uomo di moderazione e tolleranza» . Non difende, così
facendo, la libertà , ma accetta un'ideologia totalitaria che attacca col
fuoco la libertà . Noi, certo non loro, siamo oggi i resistenti antifascisti.