NELLA TELEFONATA CON SHARON IL LEADER PALESTINESE PREPARA IL DOPO B ARAK La doppia strategia del Raí ss tra offerte di pace e Intifada
mercoledì 14 febbraio 2001 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
GIORNI di escalation nel conflitto israelo palestinese; ovunque si
avverte
la crescita del livello di scontro, come dice il portavoce
dell’ esercito
israeliano. Gli attacchi a fuoco dei palestinesi da quando Sharon è
al
potere ammontano ad alcune decine, l’ assassinio di Tzachi Sasson che
tornava
a casa dal lavoro sulla Strada delle Gallerie proprio ai bordi di
Gerusalemme, e poi gli attacchi a fuoco su Ghilo che hanno gettato
nella
paura la capitale, con un volantino che promette « l’ inferno» agli
abitanti
della zona, hanno portato la temperatura al calor bianco; gli
israeliani
rispondono con particolare determinazione, sparando ai primi fuochi
d’ attacco; e a Gaza, l’ assassinio di Masud Ayad, ritenuto dalla
intelligence
israeliana la longa manus fra i palestinesi degli Hezbollah, sempre
più
influenti e attivi con numerosi attentati terroristici, denaro,
influenza
non sempre ben accolta da Arafat.
In pratica: dopo l’ elezione di Sharon, che ancora non è in carica, il
confronto è più duro e nasce da quella che Zeev Shiff, il più famoso
esperto
militare del giornale Haaretz, definisce « una sfida premeditata» . Non
è
pensabile, dice Shiff che il numero di incidenti sia cresciuto così
verticalmente senza il consenso di Arafat stesso. E’ un modo di
dimostrare
al governo che verrà che i palestinesi non lo temono; e anche un
sistema per
Arafat di arrivare al prossimo vertice arabo con il terreno che
brucia, in
modo da ottenere un sostegno militante. Il gioco è molto sottile: se
prendiamo la trascrizione della prima telefonata fra Arafat e Sharon,
dieci
minuti di durata, non vi troviamo solo convenevoli: è il fondamento
di un
dialogo, che Arafat intende impostare in giorni di Intifada dura, e
Sharon
invece vuole condizionare al cessate il fuoco. Arafat dice: « Come lei
sa, la
pace è una scelta strategica del popolo palestinese. Siamo
interessati alla
continuazione del processo di pace, dei negoziati» . E Sharon: « Questo
è
molto importante: i palestinesi e Israele hanno fatto molto per
costruire la
pace. Ma per farlo, dobbiamo vivere nella sicurezza. Questo è
l’ elemento più
importante per i nostri due popoli e per quelli di tutta la regione» .
Arafat: « Ma per raggiungere la sicurezza io devo alleviare le
condizioni di
vita del mio popolo. La chiusura del West Bank e di Gaza è molto
pesante. I
lavoratori non possono andare al lavoro. La situazione economica è
difficile» . Sharon: « Io ho interesse ad assistere la popolazione che
non
partecipa al terrorismo. E ho anche delle soluzioni. Ma il problema è
che
fin quando non ho la stabilità della sicurezza, non potrò avanzare
passi per
alleviare la situazione. Dunque lei dovrebbe agire sul terreno della
sicurezza così da facilitarmi la strada per aiutare la popolazione..» .
Poi, i due leader accennano a una prima discussione: Arafat ripete di
avere
bisogno di fondi e protesta per le restrizioni economiche. Sharon
ricorda a
Arafat l’ impegno per « una guerra dell’ Autonomia Palestinese contro il
terrorismo» . « Anche voi vi eravate impegnati con degli accordi»
risponde il
rais. Qui Sharon cerca un contatto personale fra veterani: « Io ho
delle
ferite sul mio corpo. Comprendo l’ importanza della pace e sento
bisogno di
raggiungerla più di altri politici» . Arafat risponde secco: « Vogliamo
continuare a cooperare per la pace» . Sharon ancora più secco: « Tutto
dipende
dalla sicurezza» . I due poi si lasciano con la promessa di
incontrarsi
presto: nel frattempo, si moltiplicavano gli attacchi.
I media palestinesi rendono note le dichiarazione attendiste di
Arafat,
eppure (e questo non si fa senza il permesso del rais) danno fiato
alle
molteplici dichiarazioni di guerra. Marwan Barghuti, il capo dei
Tanzim,
chiama a continue « Giornate dell’ ira» contro Sharon, che nel
frattempo
mostra il suo volto più quieto, senza che Arafat replichi.