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NELLA CITTÀ DELLE TRE RELIGIONI Israele commossa da un abbraccio W ojtyla conquista il « popolo perseguitato»

lunedì 27 marzo 2000 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME FAME d’ amore. E una madre buona che finalmente lo dona. Si è configurato così , molto più che non come una serie di asserzioni teologico-teoriche, il nuovo storico rapporto fra la Chiesa e gli Ebrei forgiato dal viaggio di Giovanni Paolo II. Gli ebrei non sono abituati ad essere amati. Al contrario: della loro persecuzione millenaria, culminata nella Shoah, hanno dovuto fare un tempio, da cui è nata tanta letteratura, tanta poesia, anche tanta ironia amara. E anche il bisogno di difendersi. In questa casa di sofferenza, armata solo di astrazioni e di cultura, si è formata poi la tempra d’ acciaio dei fondatori dello Stato di Israele. Agli ebrei è mancata fino al ‘ 48 la fiducia in se stessi sufficiente ad affrontare la responsabilità di fondare uno Stato; e fino a poco fa la forza e anche la possibilità di fondare la pace. Ma non c’ era mai stato l’ abbraccio amoroso che aiuta ad affrontare le grandi difficoltà , anzi, che è indispensabile per questo. Perciò la carezza del Papa di questi giorni è un’ intuizione che può cambiare la storia. Una carezza al Muro del pianto, un biglietto con un desiderio in una fessura: solo per questo qualsiasi ebreo parte senza pensarci due volte dall’ angolo più remoto del mondo. Il Papa ha fatto un viaggio anche più lungo: come ha capito che ravvivare la fiamma della memoria al Museo dell’ Olocausto avrebbe curato le ferite più di qualsiasi ulteriore scavo storico-teorico sulle responsabilità della Chiesa, così con un gesto solo e fulminante davanti al Muro del pianto ha parlato di tre cose fondamentali: la presenza viva di Gesù ebreo in quel tempio fantastico e gigantesco (di cui il Muro del pianto è un imponente residuo), una delle meraviglie del mondo, abbellito da Erode nel ‘ 37 a.C. e poco dopo distrutto dai Romani. Era certo un luogo che Gesù ammirava e adorava, con le sue colonne di marmo, il candeliere a sette braccia d’ oro, dove fece il suo Bar Mitzva (la maturità religiosa), da cui cacciò i mercanti perdendosi tra la folla mentre la mamma, Maria, lo cercava disperata. Toccando quel Muro e benedicendolo, il Papa ha sorpreso il mondo. Ha ripetuto, col suo biglietto, la richiesta di perdono per le sofferenze procurate agli ebrei e anche ai musulmani (« i figli di Abramo» ). Infine, ha lanciato un messaggio su Gerusalemme che toglie il bando teologico agli ebrei e che vuole però ristabilire la giustizia politica. I giovani musulmani arrabbiati seguitavano la loro battaglia delle bandiere e degli striscioni. I leader rivendicavano il possesso della città ; intanto qualche fanatico ebreo medievale, con l’ abito nero e i riccioli laterali, scalciava mentre la polizia lo portava via dal lastricato che risale al tempio di Salomone, distrutto dai babilonesi nel 586 a.C. Fu il primo esilio, in cui gli ebrei intrecciarono di preghiere e di canzoni una fede incrollabile nel ritorno alla Città Santa. Il Papa, però , sedendo con il Muftì nelle grandi moschee, ha dato il dovuto onore a tutti. Perché , dice l’ Islam, dove sorge la moschea di Al Aqsa, là Maometto volò a notte alta dalla Mecca, e legò il suo cavallo al muro occidentale. Il vento era lieve e meraviglioso ieri mattina sulla spianata della cupola d’ oro. Di lato, dentro, sopra i magnifici tappeti, sorgono tabernacoli di marmo dove si custodiscono i peli della barba di Maometto e anche l’ orma del suo piede. Ma nel mezzo, scendendo sotto terra si trova quella che anche gli ebrei chiamano l’ Even ha Shtia, la Pietra di Fondazione, che fu staccata da Dio dal suo trono celeste per essere il perno dell’ universo. Al centro la pietra, intorno Gerusalemme, e intorno a Gerusalemme il mondo. E là sotto sono nascosti i resti del tempio ebraico. Il Papa non ha cercato di dominare tutto questo, l’ ha solo coperto d’ amore. Poco lontano, nella chiesa del Santo Sepolcro, ha baciato in ginocchio la pietra della deposizione di Cristo, poi è entrato nella tomba da cui Gesù uscì risorto, e dove la terra tremò di paura e di gioia. Qui ha baciato i rappresentanti delle altre fedi cristiane. Per tutte le religioni Gerusalemme contiene un mito di rinnovamento. Gli antichi compivano la purificazione nel sangue. I Crociati non ebbero paura di far avanzare i cavalli nel sangue di ebrei e musulmani. Questi ultimi hanno nel tempo cercato la loro vendetta. Probabilmente, se gli ebrei l’ avessero potuto, avrebbero fatto lo stesso. Ma sotto l’ Even ha Shtia si dice che sorga tutta l’ acqua del mondo, e il Papa, ora che è partito lo si capisce, ha cercato di instaurare al posto della vecchia teologia del disprezzo una nuova teologia della purificazione. Certo gli ebrei hanno gioì to di questo viaggio più dei musulmani. Forse perché , passato lo stadio della forza, Israele è entrata a capofitto in quello della pace, e si sente più pronta a cedere. L’ Islam sente ancora un senso di incomprensione e di ingiustizia. Ma il Papa non è Dio: è solo un uomo geniale e realista, pieno di amore e di senso di giustizia.

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