MOLTI ORA SI ASPETTANO UN RITORNO IN MASSA DEI SOLDATI NELLA STRISCIA DI GAZA Per Gerusalemme è la svolta « L’ Anp ha iniziato la guerra»
lunedì 26 giugno 2006 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
È la svolta più drammatica dall’ elezione di Hamas: l’ attacco sul confine di
Kerem Shalom viene a tutti gli effetti considerato da Israele il primo atto
di guerra aperta dell’ Autorità palestinese guidata da Hamas, da quando nel
dicembre scorso ha preso il posto di Fatah. Le televisioni e le radio
israeliane conducono trasmissioni non stop dall’ alba di ieri mattina.
Politici e militari si pronunciano con opinioni opposte: bisogna scendere
subito in campo, rientrare a Gaza, distruggere il malefico potere di Hamas?
Oppure, occorre prima di tutto salvare il soldato rapito e poi si vedrà ?
Solo su un fatto sono tutti d’ accordo: la situazione nell’ area si è
notevolmente aggravata. L'operazione ha provocato una forte reazione
militare israeliana, che ha risposto con l'irruzione di mezzi blindati,
accompagnati da ruspe militari e protetti dal fuoco degli Apache. Le
riunioni del Governo si sono susseguite fino a notte alta. Da segnalare le
dichiarazioni del ministro della Difesa Amir Peretz (chiunque attacchi i
soldati è nel mirino) e quella del capo di Stato maggiore Dan Halutz, che
avverte che « l’ indirizzo è chiarissimo. Dalla testa ai piedi, la piramide
del potere palestinese è responsabile» .
Le dichiarazioni da parte palestinese, baldanzose in mattinata, si sono
ammorbidite nel pomeriggio: parole pronunciate in ebraico, chiedendo di non
uccidere il soldato rapito nel pomeriggio. Hamas ha capito che Israele
considera definitivamente concluso il periodo di « sospensione del giudizio»
verso i suoi massimi dirigenti, che diventano di nuovo possibili obiettivi.
Il teatro potrebbe prevedere, nelle prossime ore, l’ ingresso di Tzahal (le
Forze di Difesa israeliane) alla ricerca di Gilad Shalit, il soldato rapito,
casa per casa. Potrebbe implicare l’ eliminazione prossima delle alte sfere
di Hamas. Potrebbe portare alla fine degli speranzosi rapporti con Abu
Mazen. Di certo, sarà cancellata la riunione prevista fra il presidente
palestinese ed Ehud Olmert. D’ ora in poi, una nuova guerra è dietro
l’ angolo. E, nonostante l’ irruzione sul terreno israeliano di Hamas
rappresenti di per sé un « casus belli» , molto dipenderà dalla sorte del
soldato rapito e dagli sviluppi della vicenda. È vivo? È ferito gravemente?
Quante ore resterà nelle mani dei terroristi, sempre che intendano di
rilasciarlo?
L’ evento di ieri ha un significato preciso. Innanzitutto, l’ attentato è il
primo che è stato rivendicato direttamente da Hamas. Un dato, questo, che
non viene modificato dai toni dei portavoce, che sono variati nel corso
della giornata: prima, sprezzanti, hanno definito l’ attacco una « doverosa»
risposta all’ incidente della spiaggia - in cui è stata uccisa la famiglia
Galia (di cui Israele rifiuta ogni responsabilità ) - e una giusta vendetta
per l’ eliminazione di Abu Samadana, che era stato designato capo dei gruppi
armati da Hamas stesso.
In secondo luogo, il gruppo di sette uomini che ha operato l’ attacco, diviso
in tre gruppi, uccidendo Hanan Barak e Pavel Shocher e ferendo altri quattro
soldati, ha agito con lunga preparazione e professionalità . Una fonte
israeliana si è detta certa che Hamas sia coinvolta in tutta la
preparazione: una galleria di quasi un chilometro è stata scavata con una
certa perizia, con notevole sforzo e con mezzi non indifferenti.
In terzo luogo, la scelta di Hamas di penetrare in territorio israeliano con
un commando dalla striscia di Gaza, a soli dieci mesi dallo sgombero, è uno
sberleffo verso ogni scelta della mano tesa, e anche un grossissimo sgarro
nei confronti di Abu Mazen. Perché è questa l’ altra triste implicazione
dell’ azione di ieri: i baci e gli abbracci fra Olmert e Abu Mazen,
enfatizzati da tutto il mondo, non danno al presidente palestinese nessuna
carta concreta in mano per potere avviare un processo positivo con Israele.
Ieri, tutto il consesso internazionale, ma in particolare gli Usa e gli
Egiziani, hanno fatto pressione su Abu Mazen perché compia un’ azione
decisiva per liberare Gilad Shalit. Per ora, tutto quello che Abu Mazen ha
potuto fare alla luce del sole, nonostante gli armati di Fatah siano in
costante e ben concreto scontro di fuoco con Hamas, è solo una condanna
verbale dell’ evento.
Per la politica del futuro, ieri si è mostrato in tutta la sua evidenza il
fallimento dello sgombero di Gaza, che sembra servito soltanto a avvicinare
di più al confine israeliano i gruppi che intendo compiere azioni contro
Israele (anche i kassam ne sono una dimostrazione). E, punto non secondario,
dimostra che la discussione di questi giorni fra Hamas e Abu Mazen, alla
ricerca di unità sul documento dei prigionieri di fatto, fallisce oltre che
sui punti essenziali, come riconoscere Israele, anche su quelli politici,
come astenersi da attacchi dentro la Linea Verde. Abu Mazen stesso ha
accusato ieri Hamas di essere « tornata al punto zero» .
Ultimo punto, ma forse il più importante: per Israele il rapimento di un
soldato è un evento capitale, dopo che gli hezbollah hanno restituito anche
nel passato molti corpi smembrati di soldati rapiti sul confine del Libano,
dopo che i palestinesi hanno ucciso nel ‘ 94 un altro soldato, Nachshon
Wachshman, senza pietà , dopo che è divenuta leggenda la figura del pilota
Ron Arad, usato come carta di scambio per 20 anni, senza che si sia mai
saputo se sia vivo o morto. La prossima guerra è legata al destino del
diciannovenne rapito, con i suoi occhiali da miope.
In serata, il comandante dello Stato Maggiore israeliano ha in parte
rassicurato la famiglia di Gilad Shalit, che vive in un villaggio della
Galilea devoto alla pace e alla natura, affermando: « Ci risulta che Gilad
sia vivo» .