Medioriente, l'ambigua strategia di Biden: dichiara amore a Israele ma flirta con l'Iran
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Il Giornale, 23 maggio 2021
Gerusalemme Ha anche alzato il dito indice e scandito ben chiaro: "Diciamolo chiaro: finché la regione non riconosce senza equivoci il diritto all'esistenza dello Stato d'Israele come Stato Ebraico indipendente, non ci sarà pace. Non c'è cambiamento nel mio impegno verso lo Stato d'Israele. Nessuno. Punto". Poi, Joe Biden ha aggiunto dell'altro, certo: che ha parlato con Abu Mazen, che si è impegnato sugli aiuti e sulla situazione di Gerusalemme, che è per due Stati per due popoli... Ma il discorso di fatto ha messo al centro la "strategia dell'abbraccio", come l'ha chiamata Martin Indyk: un lavoro diplomatico complesso, con cui Biden ha portato Netanyahu ad accettare dopo 11 giorni di guerra il cessate il fuoco, anche se ci sarebbero state ancora alcune cose per ottenere un'indispensabile senso di quiete per la popolazione d'Israele bersagliata da Hamas e quindi perplessa dalla tregua.
Biden, come ha confermato Bibi ringraziandolo, ha parlato sei volte con il PM israeliano nei giorni dello scontro, e non si è lasciato andare alle condanne che gli venivano richieste con insistenza da una parte del Partito democratico: e accadeva ogni giorno di più mentre aumentava il numero dei morti e i cortei invadevano le strade. Biden è rimasto saldo anche di fronte a Rashida Tlaib, la parlamentare democratica americano-palestinese che accusava Israele di apartheid e pulizia etnica e lo copriva di proteste e richieste. Il presidente le ha solo fatto tanti auguri per i suoi genitori a Ramallah. E intanto, giorno dopo giorno, ha seguitato a ribadire il diritto di Israele alla difesa. È stato il suo mantra mentre auspicava il ritorno alla pace. Attenzione tuttavia: a fianco di questo atteggiamento ci sono due questioni divergenti. La prima: il sentimento personale di Biden, cui il padre insegnò il dettato morale fondamentale "never again" appena immigrato in America, ha incontrato nel ‘73 Golda Meir e nell' ‘82 Menahem Begin, sa in che pericolo Israele vive sempre, ha impedito a George H. W. Bush di condizionare i fondi per l'immigrazione dalla Russia a Israele ed è sempre stato contrario a qualsiasi altro condizionamento, conosce Bibi e gli ha detto "Ti voglio bene anche se la pensiamo diversamente".
Biden, vuole che il suo affetto per gli ebrei sia registrato nei libri di storia. D'altra parte, però, vuole molto bene anche a Obama, gli deve la Presidenza, è parte della sua squadra: con lui disapprova al massimo la politica di delegittimazione della questione palestinese, e per ragioni di squadra (l'ha portata tutta con sé alla Casa Bianca) vuole ristrappare dagli abissi dell'oblio l'accordo con l'Iran, costi quel che costi. Che peccato. Ha ripristinato i fondi per i palestinesi senza condizionarli alla fine degli stipendi ai terroristi come fece Trump, ha ridato vita all'UNRWA, l'organizzazione detta per i profughi palestinesi, l'unica del suo genere, di fatto una serra di sopravvivenza delle idee più estreme e della leadership più anti-israeliana alle fondamenta. Trump le aveva tolto i fondi nel 2018 per i suoi rapporti col terrorismo. Adesso Biden cerca di riportare alla superficie Abu Mazen promettendogli aiuti e riaprendo la questione dei Territori e dei "Due Stati". Ma riuscirà solo a pulire la strada per maggior potere ad Hamas, che ormai gode del consenso palestinese più entusiasta a spese di Fatah. In febbraio Biden ha anche restituito diritti e denaro agli Houti, togliendo dalla lista delle organizzazioni terroriste la fazione armata dall'Iran in Yemen, ciò che ha ringalluzzito Hamas che vuole a sua volta essere riabilitata in America. In più in aprile ha tolto le sanzioni alla Corte Criminale senza condizioni, mentre Fatou Bensouda, Pubblico ministero, accusa Israele di crimini di guerra.
lunedì 24 maggio 2021 09:56:58
Timeo Biden ert dona ferens!Shalom