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Medioriente bollente. È già partita la corsa alle armi nucleari

lunedì 5 marzo 2018 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 05 marzo 2018

Sarebbe molto interessante, in queste ore di frenetica verbalizzazione delle intenzioni politiche sul futuro dell'Italia, capire come intende muoversi il nostro Paese nell'ambito di una crisi mondiale che rischia di vedere il Medio Oriente prendere fuoco a causa degli appetiti iraniani e della reazione di chi intende difendersene, da Israele a tutti i Paesi arabi moderati.

Gli USA da una parte, Putin dall'altra, Israele pronta all'azione, i Paesi Arabi si armano contro gli Ayatollah, le milizie iraniane si espandono a decine di migliaia  con gli Hezbollah, le loro intenzioni imperiali minacciano ben più dell'ISIS.

Naturalmente la promessa dei Cinque Stelle di una ministra degli Esteri, come ha scritto Il Foglio, sostanzialmente antioccidentale e amica dei seguaci di Chomsky, lo riteniamo uno scherzo di cattivo gusto. Ma sarebbe bello, invece, capire come si intende reagire alla macelleria di Bashar Assad coadiuvato dagli Hezbollah, armato e difeso dagli iraniani mentre seguita a uccidere i suoi compatrioti, supportato dai russi fino nel Consiglio di Sicurezza insieme al suo schieramento sciita omicida, fino al recentissimo veto di  chiedere a Teheran di smettere di mandare armi agli Huthi, "proxy" degli iraniani a Teheran.

Cosa si pensa sull'inasprirsi dello scontro stile "Guerra Fredda" delle due grandi potenze, della melensa inutile ripetizione di principi terzomondisti dell'Europa, della questione della Corea del Nord?

Le elezioni sono un momento buono per esporre intenzioni e principi morali, e invece non ne abbiamo saputo niente, proprio niente, mentre il mondo si trasforma sempre di più in una fornace di odio al calor bianco.

Il viaggio di Benjamin Netanyahu verso la Casa Bianca intrapreso ieri disegna un incontro col presidente Trump in cui si parlerà di nuovo di Iran: 10 chilometri a nordovest di Damasco un satellite ha scoperto una base iraniana operata dalle forze Quds in cui si allineano, con le loro rampe di lancio, missili a medio raggio che possono colpire qualsiasi parte di Israele. Una struttura simile fu distrutta dicembre. Ma niente, se ne fa un'altra. Mentre questo avviene, dato che i missili sono stati disseminati dall'Iran a decine di migliaia anche presso gli Hezbollah si prevede che sia in Siria che in Libano le cose potrebbero svilupparsi fino alla necessità di fermare la situazione con un intervento di terra.

Ma la prospettiva più drammatica è disegnata da Egitto, Arabia Saudita, Giordania, Algeria, Tunisia, Sudan, Emirati, intenti a dotarsi tutti quanti di strutture nucleari  travestite all'inizio, prendendo esempio dall'Iran cui è andata così liscia, da strutture civili. Si riporta di accordi palesi e occulti sia con la Russia che con la Corea del Sud per costruire le strutture, mentre tutti questi Paesi hanno abbastanza materiale fissile. Farsi una bella struttura nucleare è lo status symbol che manifesta la determinazione di ogni rais e sceicco a difendersi dall'Iran. Se Trump non si decide a far qualcosa, e Israele si limita a difendersi a episodi, gli arabi non sono dello stesso parere: l'Iran ha occupato tutto lo spazio lasciato libero da Saddam nel 2003 e la preoccupazione è ormai organizzazione.

Manca poco a uno scontro multi - comprensivo. Solo Hamas e i palestinesi occhieggiano da quella parte, i toni degli altri sunniti verso Israele sono diventati moderati, gli accordi si moltiplicano (come quello clamoroso dell'Egitto con Israele sull'energia) e ormai non  ha più senso la narrativa del conflitto arabo-israeliano, in cui l'Europa sembra credere ancora, ma piuttosto quella del conflitto arabo-iraniano.

Magari dopo le elezioni qualcuno si accorgerà che la strada è ardua e che richiede, guarda un po’, decisioni politiche audaci.

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