MARTEDÌ L’ INCONTRO CON L’ INVIATO USA CHE POTREBBE RIAPRIRE TUTTI GLI SCENARI DELLA PACE I palestinesi aspettano Condi « Ora c’ è democrazia anche qu i» Abu Mazen sta trasformando il vecchio apparato di Arafat
domenica 6 febbraio 2005 La Stampa 0 commenti
MARTEDI’ il grande vertice di Sharm El Sheik con tutti i protagonisti:
Ariel Sharon, Abu Mazen, Hosni Mubarak, re Abdallah e importanti osservatori
da tutto il mondo. E oggi arriva Condoleeza Rice, sul vento della promessa
di uno Stato palestinese fatta di nuovo da Bush nel discorso sullo stato
dell’ Unione. I palestinesi si preparano su parecchi fronti ai mutamenti in
vista: è un mondo in subbuglio, che cambia umore, abitudini, rapporti
politici. Nelle città più importanti come Ramallah ci si riaffaccia alla
vita, si torna al ristorante e al caffè . Nei luoghi invasi ormai da quattro
anni da gang terroristiche si affrontano duri scontri intern. Nella
diplomazia si cambiano gli uomini e la linea; in politica si osservano
feroci testa a testa per il predominio al di là della facciata esterna che
riferisce alle opinioni pubbliche internazionali soprattutto di una « hudna» ,
la tregua.
In politica estera sia Abu Mazen che Condoleeza che alti ufficiali
dell’ esercito israeliano nei giorni scorsi hanno compiuto visite di lavoro
in Turchia. Lo snodo geografico, etnico, e soprattutto religioso-politico
che Ankara rappresenta è cresciuto di molto sul mercato. Oggi è una chiave
fondamentale per il futuro della regione. E il rischio a cui li mette la
temperie islamista tanto che il governo turco ha preso posizioni molto dure
recentemente contro Israele e contro la guerra in Iraq, e anche sulle
recenti elezioni, danno in fondo ad Abu Mazen un vantaggio nella corsa
all’ amicizia con uno Stato che ha acquistato un’ importanza strategica sempre
maggiore.
Abu Mazen si è già creato una catena di rapporti internazionali in cui al
solito la star è l’ Egitto, il più voglioso di primato agli occhi della
rinnovata amministrazione Bush, e quindi per i palestinesi tuttavia meno
affidabile come alleato nel lungo termine. Abu Mazen si è anche volto a
Putin, poiché lo vede ansioso di ridiventare un giocatore importante sulla
scacchiera mondiale: la Russia cerca una nuova egemonia che la ponga di
nuovo in primo piano sui Paesi mediorientali. Infatti ha cancellato il
debito con la Siria e si propone di venderle armi, mentre intesse con la
Cina nuovi-antichi rapporti di alleanza-competizione nei rapporti col Medio
Oriente. Così Abu Mazen ha firmato un documento congiunto insieme a Putin in
cui si richiama Israele alla Road Map secondo la risoluzione dell’ Onu 1515
del novembre 2003 e al ritiro dalla West Bank e dalla Striscia di Gaza come
passo verso la pace. E’ questa la scelta di un sentiero autonomo rispetto al
punto di vista americano che chiede uno Stato palestinese, ma lascia le
trattative aperte su come realizzarlo in modo da salvaguardare la sicurezza
di Israele.
E tuttavia il gioco della democrazia è quello che vince in queste settimane
e Condoleeza trova fra i palestinesi soprattutto un clima culturale nuovo:
la tv ha abbassato di molto i toni. Prima i media parlavano un linguaggio
guerresco mettendo al centro le cosiddette « operazioni di martirio» che ora
invece sono semplicemente diventate « esplosioni» . Mercoledì scorso il capo
della compagnia palestinese che gestisce le trasmissioni televisive ha
dichiarato che la nuova situazione in Medio Oriente richiede un « nuovo
approccio» . Il direttore, Radwan Abu Ayash, ha dichiarato che « i nostri
programmi sono naturalmente legati all’ attualità , e poiché ora c’ è
un’ atmosfera di pace e di speranza li abbiamo modificati» . Abu Mazen stesso
ha detto ai giornalisti: « Non voglio più uno schermo pieno di sangue; voglio
uno schermo aperto, ricettivo di diversi punti di vista; non voglio che
cantiate sempre le mie lodi, non voglio essere il primo nelle notizie né che
copriate tutto quello che faccio» . Uno stile assai diverso da quello di
Arafat.
Intanto ferve il gioco del potere: i contendenti principali naturalmente
sono il primo ministro Abu Mazen e il presidente Abu Ala. Quest’ ultimo
sostiene che bisogna evitare i grandi cambiamenti in vista delle elezioni
legislative a luglio; l’ atteggiamento dell’ altro leader è opposto perché per
mandare avanti riforme gli servono uomini nuovi, i suoi. Abu Mazen vuole
soprattutto che il generale Nasser Yussef diventi presto il ministro
incaricato di gestire la riforma delle forze di sicurezza al posto di Hakam
Balawi scelto da Arafat e grande amico di Abu Ala. Qui sta una delle chiavi
fondamentali del cambiamento: per combattere il terrorismo c’ è bisogno di un
uomo nuovo interessato alla nuova politica e pronto a rispondere a Mohammed
Dahlan, il fiduciario di Abu Mazen nel campo delle milizie armate, della
loro riforma e unificazione. In secondo luogo Abu Mazen sta cercando di
rimpiazzare il ministro degli Esteri Nabil Shaat con Nasser al Kidwa, capo
della delegazione dell’ Olp alle Nazioni Unite, duro e combattivo nipote di
Arafat.
I tre uomini chiave comunque si può giurare che saranno di Abu Mazen: primo
fra tutti Dahlan, ma anche Nabil Amr, che presto sarà ministro
dell’ Informazione e Mohammed Shtayyeh, che certamente è il più innovativo
tra questi personaggi: organizzatore della campagna elettorale di Abu Mazen,
è un economista, un accademico e un uomo di finanza, astuto e giovane. Abu
Ala sa che tuttavia il popolo è favorevole al cambiamento, anzi lo desidera
enormemente perché non solo contiene una promessa di pace, ma anche di
contenimento della dilagante corruzione.