MARTEDI’ A SHARM EL SHEIKH, SARÀ PRESENTE ANCHE ABDULLAH DI GIORDANIA Primo vertice Sharon-Abu Mazen, a casa Mubarak
giovedì 3 febbraio 2005 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
GERUSALEMME
Più in fretta, più in fretta, e con grande senso del teatro, il Medio
Oriente si prepara la visita di Condoleezza Rice di domenica con un annuncio
ancora più sonoro: Ariel Sharon, Abu Mazen, Hosni Mubarak e re Abdullah di
Giordania si incontreranno martedì a Sharm El Sheikh nel Sinai, su
territorio Egiziano. Prima di tutto, nella terra dove l’ onore è quasi tutto,
Sharon fa un gesto di grande cavalleria: come primo ministro non è mai stato
ospite di questo Paese con cui vige una pace molto « sui generis» , piena di
scaramucce e di risvolti gelidi, e che ha ritirato l’ ambasciatore
dall’ inizio dell’ Intifada. Ma Omar Suleiman, il potentissimo capo
dell’ intelligence egiziana, ha visitato Sharon proprio per convincerlo al
bel gesto. Mubarak lo avrebbe considerato segno di grande cortesia, come di
grande cortesie, ha rivendicato il grand commis, era stato il rilascio due
mesi fa del prigioniero israeliano druso Azzam Azzam condannato per
spionaggio.
Le carte sul tavolo sono quelle del grande giuoco postelezioni irachene:
pace e contemporaneo progresso della democrazia palestinese dopo le elezioni
in Irak sono una tessera fondamentale del puzzle e una dimostrazione
lampante del teorema di Bush, se dovesse riuscire. Condeleezza ha ripetuto
nelle ultime ore che la pace è impensabile senza uno stato palestinese, e il
messaggio è chiaro a Sharon; ma la sicurezza è ancora il tassello incompiuto
che regge l’ inizio di una trattativa autentica. Essa quindi ancora non avrà
luogo a Sharm, dove di fatto si tratterà sostanzialmente di come fermare il
terrorismo e di cosa prometterà in cambio Sharon: liberazione di
prigionieri, cessazione delle eliminazioni mirate, uscita dell’ esercito
dalle città palestinesi del West bank, e sopprattutto il grande sgombero
degli insediamenti da Gaza,
Tutte scelte che costano la rabbia e il dolore dei coloni e di tanta altra
gente. Ma intanto Sharon dirà a Abu Mazen: come possiamo stringere accordi
se i razzi continuano a cadere sulle cittadine dentro e fuori la linea
verde, e se Hamas dichiara che non cambierà la linea terrorista? Come
impedire che l’ incitamento prosegua dalle moschee e dai media locali, magari
affibbiando (due giorni fa) all’ esercito l’ assassinio di una bambina di
dieci anni che invece è stata uccisa da proiettili di gioia di un gruppo di
ritorno dal Haj a Gaza? Sharon chiederà garanzie, e gli egiziani saranno i
mallevadori: è per questo che ospitano al Cairo, invitati da Suleiman, il
durissimo Khaled Mashal, capo di Hamas con sede a Damasco, e Ramadan Shalah
capo della Jihad Islamica. Mashal incontrerà Suleiman appena tornato dalla
sua visita a Sharon, e quindi si può immaginare che la trattativa per
ottenere una « hudna» interna ai palestinesi volga per Hamas tutta sul tema
dei prigionieri e dei ricercati.
Ma anche l’ Egitto ha un ruolo da giuocare in proprio: quello di bloccare il
contrabbando d’ armi lungo il confine sud di Gaza (il tragico « Sentiero di
Filadelfia» ) attaverso quelle gallerie che letteralmente fino a ieri vengono
scavate dalla parte egiziana. Intanto la polizia, dopo che i giornali si
erano riempiti la bocca di teorie della cospirazione sull’ attentato di Taba
dell’ 8 ottobre, ha ucciso il sospettato numero uno, Mohammed Abdel Rahman
Bardawi.
Anche la Giordania oltre che il suo consueto compito di moderatore ha un
compito specifico: su richiesta di Assad di Siria, richiederà un ruolo anche
per il paese che vince il concorso di antipatia, con l’ Iran, presso gli Usa.
Assad non vuole restare fuori dal più grande giuoco del Medio Oriente e
poichè ha in casa le organizzazioni (Hamas, Jihad e Hezbollah) che più
disturbano il processo di pace, ha elementi di trattativa. Comunque anche se
tutti saranno insieme appassionatamente, conta più di tutto la difficile
chimica fra « Arik» , Sharon, e il resto.