LO STATO EBRAICO NESSUNO SCONTO POLITICO AI LEADER ISLAMICI RICERCATI Gerusalemme sotto choc non abbasserà la guardia
lunedì 30 gennaio 2006 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
Nessuno ancora ha capito bene che ha vinto Hamas. I Palestinesi per primi.
Abu Mazen ha cancellato sabato un incontro a Gaza perchè i suoi servizi
segreti e anche le violente manifestazioni degli uomini di Fatah che
protestano contro i propri leader, lo avevano avvertito di un serio rischio
per la sua vita: il Hamastan, come hanno cominciato a chiamarlo in molti,
non è più sicuro per quella che fino a ieri è stata una potente leadership
che ha dettato tutte le regole di comportamento interno e esterno. Niente
riconoscimento di Israele, cancellati gli accordi di Oslo o qualsiasi altro
protocollo, niente riconoscimento del vantaggio portato ai Palestinesi dallo
sgombero di Gaza, ripristino del diritto al ritorno e della propaganda
contro « il nemico sionista» .
Siamo tornati a quindici anni fa, almeno. Per gli israeliani si tratta di
una rivoluzione conoscitiva, e l’ incertezza sulla opportunità di ulteriori
concessioni territoriali impera. Si può trattare con un nemico di cui
persino il linguaggio religioso e fanatico, è alieno e ostile? Ma nella
nuova situazione Hamas, confuso a sua volta lancia messaggi alterni: ieri su
Al Jazeera Mahmoud Al Zahar, il capo di Hamas a Gaza ha detto che le due
strisce azzurre sull bandiera Israeliana segnano i due fiumi cui gli
israeliani vogliono estendere il loro dominio, dal Nilo al Tigri, ha
aggiunto che gli ebrei sono in Israele solo dal 48 e qiuindi son perfetti
estranei senza diritti, che la dominazione islamica « è stata l’ epoca più
costruttiva della storia» . Dall’ altra vari leader dichiarano disponibilità a
una tregua di lunga durata, senza però riconoscere Israele. Ma nessuno
intende toccare la Carta che dichiara l’ intenzione di distruggere Israele,
nessuno parla di fermare la lotta armata.
Hamas dimostra una certa disponibilità a lasciare nella mani di Abu Mazen,
che da segni di volerlo, il potere sulle forze dell’ ordine, dalla nascita
legate al Fatah. La linea di Israele sembra essere al momento molto incerta,
perchè comunque la vittoria di Hamas è frutto di una scelta democratica, che
insieme a Bush Sharon aveva auspicato, e che poi Olmert ha consentito
persino a Gerusalemme anche quando era chiaro che si prospettava una grossa
affermazione dell’ organizzazione terrorista.
Israele, in generale, per ora esprime un « no» concettuale, perchè dopo tante
vittime, tanto odio, tanti attentati agli autobus (fin dal 1992) nessun
cittadino israeliano è pronto a considerare un dialogo con Hamas fruttoso o
possibile. Per questo, e nella prospettiva che comunque la vicinanza di
Hamas, che apre le porte a Iran e Hezbollah, non porterà buoni frutti,
Olmert ieri insieme alla sua ministra degli Esteri Tzipi Livni ha chiamato
una quantità di capi di Stato e ministri per spiegare ciò che Hamas è , e
quel che ha fatto, prima che l’ opinione pubblica mondiale si sia abituata
alla infelice novità .
Il ministro della difesa Shaul Mofaz ha cominciato a suggerire fra un mare
di parole di condanna, che Hamas per ora si comporta responsabilimente,
intendendo dire con questo che non gli si conoscono attentati in fieri. Ma
il fatto che Lkhaled Mashaal l’ arciricercato che vuole ritornare da Damasco
a Gaza, dice Israele, non perchè la sua organizzazione è stata votata
diventa un agnello che gode di un’ immunità che non si è guadagnata con
nessuna posizione politica. E’ un terrorista, e se entra in Israele tale
sarà considerato, dice Mofaz. Ma Hamas, appena eletto da una costituency che
approva la linea secondo la quale Gaza è stata strappata a Israele con la
lotta armata, non può recedere dalla sua maggiore fonte politica di
consenso.
Appare quindi confusa e tenue la linea del governo Israeliano che dice in
sostanza: accetteremo Hamas quando non sarà più Hamas, ovvero quando
cancellerà la sua carta e quando deporrà le armi. Hamas non ne ha nessuna
intenzione, almeno per ora: anche le minacce economiche degli Usa non lo
muovono più di tanto, dato che ha un potente alleato, l’ Iran.