Lo sceicco liberato: viva i kamikaze Arafat e re Hussein abbracciano il nemico d'Israele
venerdì 3 ottobre 1997 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO I baci sono una merce molto a buon mercato
in Medio Oriente. Si distribuiscono agli amici e ancora più
volentieri ai nemici o a quelli che stanno per diventarlo. Ieri
all'ospedale di Amman lo sceicco Ahmad Yassin ha ricevuto quelli di
Arafat in visita, che certo teme il suo ritorno a Gaza non appena il
fondatore di Hamas avrà recuperato la buona salute; e quelli di re
Hussein che è il mallevadore della liberazione, due notti fa, dalle
carceri israeliane del vecchio integralista islamico. Lo sceicco che
fondò Hamas subito dopo l'inizio dell'Intifada era ormai in una
prigione israeliana dal 1989, dopo l'ennesimo assassinio- agguato
della sua organizzazione a cittadini israeliani. Era stato condannato
all'ergastolo nel '91. La sua liberazione a sorpresa, dopo la lunga
assenza dall'arena politica, era stata certo accompagnata dalla
speranza che Yassin portasse un poco di positivo pragmatismo nella
vita politica mediorientale: lo sceicco infatti, a seguito di un
rapimento, quello di Nachson Wachsman, e di alcuni recenti attentati
terroristi suicidi da parte della sua organizzazione, si era
dichiarato genericamente contro la . Ma
Yassin, una volta messo fuori dal carcere, si è già smascherato, ha
immediatamente dichiarato a un giornale il suo dispiacere perché ,
quand'era in carcere, non ha visto uscire sul giornale il nome di suo
figlio fra quelli dei terroristi suicidi imbottiti di tritolo. Ha
aggiunto: e ha confermato il suo
completo appoggio alla prosecuzione degli attentati suicidi da parte
di Hamas contro gli israeliani. Yassin ha detto anche di essere in
possesso di una garanzia israeliana scritta che lo autorizza a
tornare a Gaza, dalla sua organizzazione e dalla sua famiglia.
israeliani - ha detto - hanno cercato di convincermi a spingere Hamas
a una politica più moderata. Hanno infatti paura che gli attentati,
così come hanno provocato la sconfitta di Peres, provocheranno anche
quella del governo di Netanyahu. Ma a noi non interessa quale governo
israeliano è al potere. Ci interessa una vita decorosa e libera.
Come dire: la guerra è senza quartiere quali che siano la politica e
il governo israeliani. Questa è semplicemente la linea attuale di
Hamas. Arafat dunque, nonostante abbia fatto buon viso a cattivo
gioco, e abbia sparso sulle coltri di Yassin abbracci, sorrisi,
benedizioni ed entusiastiche espressioni di benvenuto, certamente ha
di che temere il ritorno del carismatico mistico santone che oltre a
odiare tanto gli israeliani, di certo non nutre simpatie neppure per
Arafat e la sua politica. Non è un segreto che Hamas, mentre
controlla attraverso una formidabile rete di assistenza privata
(scuole, ospedali, associazioni sportive femminili e quant'altro) la
vita civile delle città palestinesi, non solo impartisce
un'educazione religiosa e militare estremista, ma coltiva anche un
capillare dissenso politico contro Arafat e il suo governo. Intanto
in Israele si sente sempre di più il bisogno di giustificare il
motivo per cui il vecchio leader integralista sia stato liberato dal
carcere: Netanyahu lo avrebbe consegnato ad Hussein, ripete la radio,
per spingerlo a consegnargli i due agenti israeliani che sotto
mentite spoglie, con passaporto canadese, hanno tentato di uccidere
Khalid Mashaal, un altro capo di Hamas. I due uomini del Mossad sono
ora in una prigione di Amman, ed è probabile che Hussein li
libererà in cambio di Yassin. Il primo ministro canadese Jean
Cretien intanto ha sollecitato da Israele chiarimenti, definendo
che agenti dei servizi segreti di un Paese straniero
utilizzino passaporti canadesi per dedicarsi ad atti illegali.
Nonostante le feste del capodanno ebraico, che impediscono l'uscita
dei giornali e mettono la sordina al dibattito politico, arrivano
segnali del malcontento che sta montando nei servizi segreti per la
doppia gaffe di Netanyahu con Yassin e Mashaal. Radio Gerusalemme ha
riferito che anonimi dirigenti del Mossad chiederanno una commissione
d'inchiesta sull'operato del premier. Fiamma Nirenstein