LE TRATTATIVE SIRIA-ISRAELE NIENTE PACE PER ASSAD
venerdì 14 gennaio 2000 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
SE si guarda al modo in cui Israele e Siria sono uscite dal primo
round di
trattative, si vede che il mondo ha ancora grandi problemi pratici e
teorici
rispetto all'idea stessa di pace: in una parola, potremmo dire che
questa
trattativa mostra senz'ombra di dubbio che per le democrazie la pace
è un
valore in sé , una garanzia di valori da perseguire anche a costi
molto alti;
per le dittature più impermeabili invece la pace è un male necessario
da
perseguire solo a patto che la ricompensa sia molto elevata, tale,
appunto,
da non suscitare all'interno del regime il dissenso, il senso della
discontinuità , la discussione rispetto ai valori di forza e di
autoesaltazione che, appunto, caratterizzano i capi assoluti.
Per Assad, che non pronuncia il nome di Israele, togliere al popolo
questo
cemento in mancanza di molti altri incentivi al consenso pare
un'impresa
troppo difficile. Il messaggio ricevuto dall'atteggiamento di Faruk
Ha Shara
durante le trattative era inequivoco: trattare con gli israeliani gli
risultava fastidioso, persino disgustoso. Questo era il comportamento
concordato con Assad. Il sorriso di Sadat a Camp David, le strette di
mano
di Arafat a Oslo, il calore umano di re Hussein sono stati un
intelligente
prezzo alle cessioni territoriali di Israele. I leader egiziano,
palestinese
e giordano vivono o vivevano, sì , in vetta a una piramide
autoritaria, ma
permeabili per varie cause storiche almeno all'idea della democrazia,
dell'importanza dell'opinione pubblica; Assad semplicemente ignora,
perché
non rientra nella sua mentalità , che il popolo d'Israele - una volta
convinto che non riceverà se non una rinnovata ostilità sostanziale,
seppure
patteggiata, da una cessione territoriale dolorosa e pericolosa - può
votare
contro qualsiasi accordo di pace, e obliterarlo democraticamente.
Israele non ha ragioni cogenti per fare la pace con i siariani, come
invece,
per esempio, con i palestinesi: il fronte è tranquillo, la Siria ha
perduto
l'Urss. Ha solo ragioni morali di carattere generale per cedere il
Golan a
un paese che l'ha attaccato in due guerre, l'ha provocato in una e
per tre
volte è stato sconfitto, che ci ha tenuto durante il Processo di Pace
a
dichiararsene accerrimo nemico, che comanda e finanzia insieme
all'Iran a
tutt'oggi la guerriglia degli hezbollah dal Libano. Israele non ha
nessuna
ragione di simpatia, e neppure nessun senso del dovere verso un Paese
che
comunque ha avuto per poco tempo sotto il suo dominio il Golan, e ne
ha
fatto una base militare. Infine: Barak ha spiegato il motivo per cui
Israele
persegue la pace dicendo che qualunque prezzo pagato per la pace è
minore di
quello che si paga in una guerra. Anche questa idea, quella del
valore
primario della vita umana, non è ancora nel mondo un valore
condiviso. Solo
le democrazie, per quanto imperfette e egoiste, basano l'intera loro
speranza e prospettiva sui diritti umani.