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LA VISITA A GERUSALEMME FINI L’ ISRAELIANO

lunedì 17 luglio 2000 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein IL segretario dei laburisti israeliani Ra’ anan Cohen ha dichiarato sui giornali di ieri di essere pronto a incontrarsi con Gianfranco Fini, il cui arrivo era atteso per oggi con una delegazione di Alleanza Nazionale. All’ ultimo momento la visita è saltata, pare per impegni legati all’ attività parlamentare in Italia, ma An ha fatto sapere che si farà tra un paio di settimane, dopo la chiusura della Camera e del Senato per la pausa estiva. Per i nostri parlamentari, però , non si prospettano accoglienze festose. L’ opposizione israeliana, che finora si è manifestata attraverso la comunità italiana in Israele e attraverso vari membri del Labor, è legata al rifiuto degli ebrei italiani, convinti che ancora non ci sia stata quella storica contrizione che consentirebbe un dialogo tra la destra post fascista e il mondo ebraico nel suo distillato più significativo, Israele. C’ è in questo della verità : mentre Fini ha più volte dichiarato la sua totale riprovazione verso l’ antisemitismo ed è perfino andato ad Auschwitz, pure un giudizio chiaro sul passato - le leggi razziali, l’ atteggiamento di Mussolini sul nazismo, la collaborazione volenterosa dei fascisti nelle deportazioni - non è stato espresso, e neppure sulle organizzazioni estremiste di destra che oggi usano svastiche e slogan antisemiti. E tuttavia vi è nella posizione ebraica qualcosa di ingiusto, di arretrato, di bloccato. Era giusto che dopo il ‘ 45 gli ebrei si volgessero alla casa comunista e socialista, dato che dalla destra era venuta la Shoah; ma non è stato giusto mantenere alla sinistra una gratuita, cordiale legittimazione esclusiva poiché essa ha dato prova di autentico antisemitismo nel socialismo realizzato, e anche nell’ accanito e talvolta gratuito atteggiamento anti-israeliano. Da parte degli ebrei è stata forse una debolezza, e forse talvolta perfino un calcolo (rivelatosi più volte sbagliato) considerare la sinistra il suo interlocutore privilegiato. Quanto alla destra, essa oggi ha più che altro caratteristiche di sostegno dell’ ordine pubblico quasi a ogni costo, di conservatorismo sociale e spesso anti-femministra, di anti-globalizzazione e di xenofobia che certo la comunità ebraica mondiale non condivide e che ha il diritto e anche il dovere di discutere in pubblico. Ma da qui a rifiutare un contatto ci corre: e farlo, dopo che è stato addirittura superato nell’ abbraccio col Papa l’ antisemitismo cristiano, fonte storica di tutti gli altri antisemitismi, ha solo il senso di spingere la destra su posizioni allora davvero antisemite. Fini può tuttavia essere più diretto, più esplicito, può mostrare maggior coraggio e togliersi di dosso, così facendo, il legittimo sospetto di strumentalismo pre-elettorale. Se vuole andare in Israele riveda chiaramente il passato, perché ci vuole troppo poco oggi a dire: « Non sono antisemita» e da parte loro, se gli ebrei vogliono essere giusti, gli parlino allo stesso titolo con cui accolgono gli uomini della sinistra.

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