LA VIA DEL DIALOGO DOPO LO STORICO VIAGGIO DEL PONTEFICE La mossa del Vaticano si chiama equidistanza
martedì 2 gennaio 2001 La Stampa 0 commenti
L'ANNUNCIO dato ieri dal Papa della visita di Monsignor Roger
Etchegaray in
Terra Santa per incontrare sia le autorità palestinesi che quelle
israeliane
per « proseguire sulla via del dialogo» certamente rappresenta nella
intenzione del Vaticano una prosecuzione in tempi difficili della
visita
papale che ha segnato per sempre la storia del rapporto fra
cristianità
ebrei e mussulmani. La visita riempie di un significato ulteriore la
già
densissima vicenda e non è affatto un caso, che l'annuncio del Papa
venga in
chiusura di Giubileo, e quindi come gesto che ne corona lo spirito.
La visita giunge in una situazione che dire delicata è dir poco. Il
clima è
di guerra, le parti sono come non mai l'una contro l'altra armate:
non era
affatto scontato, prima di tutto, che il Vaticano si volesse
avventurare in
mezzo alle pietre e alle pallottole, e che nel farlo si mettesse in
posizione, per così dire, equidistante. I palestinesi hanno spesso
monopolizzato il nome della cristianità . E' solo di due giorni or
sono la
dichiarazione del patriarca latino monsignor Sabbah che sembrava
tornare ai
tempi della prima Intifada: « Arafat è il capo dei palestinesi, sia
mussulmani che cristiani… ed è tempo che sia fatta giustizia per i
palestinesi» . Il messaggio di tono militante come non si sentiva
forse dalla
visita del Papa e specie nei momenti in cui il processo di pace era
florido,
è chiaro: la cristianità tiene in questo momento per l'Autorità
Palestinese,
mentre si decide del destino dei confini del prossimo Stato e quindi
anche
delle zone cristiane che esso deve contenere. E Arafat, in questi
giorni in
cui la Spianata delle Moschee è il punto principale della discussione
sul
tavolo della pace e la contesa riguarda soprattutto un luogo
mussulmano di
fronte a uno ebraico, pure non si è dimenticato, in una sua
espressione di
pubblico entusiasmo, di dire che « la bandiera palestinese sventolerà
su
Gerusalemme, sulle Moschee e sulle Chiese» . Il Natale di lutto che i
palestinesi hanno celebrato in estrema modestia a Betlemme e
soprattutto
rimarcando che le sue manifestazioni esteriori erano solo quelle di
carattere religioso, non ha mancato di ospitare nella Chiesa della
Mangiatoia, con arrivo a mezzanotte in punto, il rais palestinese in
divisa
militare. Negli ultimi tre mesi, durante lo scontro fra israeliani e
palestinesi si era arricchita di un controverso elemento legato al
mondo
cristiano, poiché il quartiere di Betlemme da cui si è sparato dentro
il
quartiere gerusalemitano di Ghilò è appunto Beit Jalla, dove vivono
soprattutto famiglie di palestinesi credenti in Cristo, e sulle loro
case
sono caduti, apportando stress e distruzione, i missili della
risposta
israeliana. E tuttavia, la tendenza pacifista e mite degli abitanti
di Beit
Jalla ha fatto sì che questo scontro non sia diventato in mano della
propaganda della parte palestinese un simbolo di lotta. Anzi, benchè
molto
irati contro Israele le vittime di questi episodi si sono spesso
lamentati
anche del fatto che i tanzim, la milizia armata palestinese,
utilizzasse
nottetempo il loro quartiere come rampa di lancio antisraeliana.
Già dal tempo dell'incontro di Oslo, quattro mesi fa, Clinton
ricevette una
lettera da parte delle Chiese cristiane locali firmata dai quattro
patriarchi di Gerusalemme in cui si esprimeva una sostanziale
richiesta di
libertà di culto, la preferenza per una presenza internazionale che
garantisse la vita cristiana a Gerusalemme, e anche una certa, nuova
equidistanza fra le due parti. Soprattutto si metteva in rilievo il
desiderio di pace e di sovranità spirituale soggettiva. Questo
atteggiamento, che sembra ispirare la visita di Etchegaray dalla
visita del
Papa in avanti è stata la politica costante di Monsignor Pietro
Sambi,
Delegato Apostolico. Dalla sua casa sul Monte degli Ulivi, egli è
stato il
tessitore, fra mille difficoltà , della visita del Papa, ha saputo
tenere
l'equilibrio fra ebrei e mussulmani, fra autorità politiche e
religiose
antagoniste; ha fornito all'incontro quella cornice organizzativa che
ha
consentito al Papa di farne una svolta storica anche per l'occasione
di
grande orgoglio soggettivo dei cristiani della zona, al di là della
loro
appartenenza nazionale o etnica. Una novità assoluta, dopo anni di
soggezione e di silenzio. Nella scontro di queste settimane fra
Israeliani e
Palestinesi, si ha la sensazione che Etchegaray venga a portare,
oltre a un
messaggio di pace, anche un dato di forte soggettività della Chiesa,
una
presenza che afferma una richiesta della Chiesa sui luoghi Santi di
Gerusalemme, senza deleghe di sorte, in cambio di una mano tesa a
tutte e
due le parti.