La Turchia s’avvicina all’Iran, non all’Europa
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Il Giornale, 14 settembre 2010
Il nominalismo dell’attuale percezione internazionale di ciò che è buono e giusto è davvero formidabile. Sembra un diritto umano al Consiglio d’Europa l’uso del burqa, appare indispensabile ai liberal americani, compreso il presidente, costruire una moschea a Ground Zero, appare quasi irrinunciabile iscrivere all’islam moderato personaggi palesemente intenti a stabile il califfato universale, come Tarik Ramadan. Adesso è la volta di lodare il risultato del referendum turco, come destinato a condurre per mano in Europa il Paese di Kemal Atatürk, ed è infatti l’Ue la più dedita ad applaudire la vittoria. Peccato che si possa dire che il referendum appena conclusosi segna la fine del kemalismo, e dà il benvenuto istituzionale non a una Turchia più laica e democratica, ma all’erdoganismo avanzante.
Anni fa, da inviata, cercai di capire che cosa era la Turchia e se era pronta a entrare in Europa come chiedeva: incontrai la migliore borghesia turca in un lungo viaggio per il Paese, professionisti colti ed eleganti, donne raffinate. Ma una volta tornata a Istanbul nel «giorno del korban», il sacrificio di pecore agnelli e mucche nelle strade della città, trovai uno spettacolo in così estrema contrapposizione con ciò che avevo visto fino a quel giorno da sconcertarmi completamente. L’islam più antico occupava e tingeva di rosso le piazze e le moschee, sbaragliava sul campo della modernizzazione.
Gli articoli della Costituzione che sono stati aboliti sono quelli che consentivano al militare e al giudiziario di avere un potere inconsueto in una democrazia. Ma inconsueto era anche stato il passato dell’Impero Ottomano, straordinario il suo senso di sé, e grande la rivoluzione con cui Atatürk aveva sorretto sul filo dell’impossibile una società che aveva abolito la scrittura araba, il capo coperto, la discriminazione sessuale e il canto dei muezzin. La Turchia ce l’ha fatta a conservarsi laica e filoccidentale con uno sforzo che è stato spesso anche caratterizzato da azioni di prepotenza e da violazioni di diritti umani. È stato un male? Certamente è stata inflitta sofferenza, ma l’atteggiamento dei militari e dei giudici non è stato mosso da interessi personali, elettorali, economici.
Contro il potere laico è sorto il perenne vincitore Erdogan. Non c’è dubbio che il suo cavallo di battaglia sia stato l’islam, le accuse e l’arresto dei militari, l’adozione di una politica mediorientale che lo hanno portato fino a votare contro le sanzioni all’Iran. La sua retorica anti-israeliana ha raggiunto e promosso nel Paese punte spaventevoli. Gli Stati Uniti hanno bloccato la nomina di Francis Ricciardone alla carica di ambasciatore ad Ankara perché ritenuto «troppo morbido per avere a che fare con l’attuale governo».
Capace in politica economica, la Turchia ha promosso incontri in serie e firmato accordi con i peggiori dittatori mediorientali. Il presidente siriano Bashar Assad ha proposto proprio ieri, per festeggiare la vittoria del suo alleato, che la Turchia riprenda il suo ruolo di mediazione con Israele; il ministro degli esteri Davutoglu ha incontrato a metà luglio il leader di Hamas, Khaled Mashal; la simpatia per Ahmadinejad non è un segreto. Ed è notizia recente che l’intelligence turca e la Guardia rivoluzionaria iraniana avrebbero firmato un accordo per assistere Hezbollah nel ricevere armi.
L’atteggiamento antisraeliano, culminato nella vicenda della flottiglia diretta a Gaza, è stato uno strumento di propaganda popolare fantastico per Erdogan: più che la sua politica di modernizzazione, che ancora si deve misurare, sono state le sue urla contro Shimon Peres a Davos e il film alla tv di stato in cui i soldati israeliani uccidevano innocenti bambini palestinesi che hanno riportato un senso di appartenenza militante islamica, la percezione di essere al centro di un mondo che in questi anni ha sofferto sotto il tallone liberale e laico.
Difficile dunque, anche se è bello sperarlo, immaginare che questa vittoria porti la Turchia in Europa, piuttosto che nell’orbita del nuovo polo strategico ispirato da Teheran.
Turkey moves closer to Iran, not to Europe*
Il Giornale, 14 September 2010
The nominalism of the international perception of what is good and right is truly dreadful. The use of the burqa seems like a human right to the Council of Europe. It seems indispensable to American liberals, including President Obama, to build a mosque at Ground Zero. It appears almost essential to include among the figures of moderate Islam a man like Tarik Ramadan, who is clearly intent on building a universal caliphate. Now the time has come to praise the results of the Turkish referendum as destined to guide in Europe by hand the country of Kemal Atatürk, and it is the EU, in fact, which is totally committed to applaud this victory. Too bad though, that you can say the recent Turkish referendum that just concluded marks the end of Kemalism and welcome institutionally not a more secular and democratic Turkey, but the advanced Edoganism.
Years ago, as a correspondent, I sought to understand what was Turkey and if it was ready to enter into Europe as it requested: I met the best of the Turkish bourgeoisie in a long trip throughout the country, professionals, educated and elegant, refined women. But once I returned to Istanbul during “the day of the Korban,” the sacrifice of sheep, lambs and cows in the streets of the city, I found a spectacle that was in extreme contrast to what I had seen until that day, which completely perplexed me. Ancient Islam occupied and dyed in red its squares and mosques, invading the camp of modernization.
The articles of the Constitution that were removed with the referendum are those that allowed the military and the judiciary to have an unusual power in a democracy. But unusual too was the Ottoman Empire’s past, its extraordinary sense of itself, and the great revolution that Atatürk carried on, sustaining on the edges of the impossible a society that had abolished Arabic script, head coverings, gender discrimination and the sound of the muezzin. Turkey did it – it succeeded to keep its pro-Western secularism with an effort that has often been characterized by acts of arrogance and by violations of human rights.Was this bad? Of course it has inflicted suffering, but the attitude of the military and the courts has not been blurred by personal interests - electoral or economic.
Against secular power has emerged the perennial winner Erdogan. There is no doubt that his rallying cry has been Islam, the accusations and the arrests of the military, the adoption of a Middle East policy that lately led him to vote against sanctions on Iran. His anti-Israel rhetoric has reached and promoted frightening heights in the Country. The United States has blocked the appointment of Francis Ricciardone as Ambassador to Ankara because he was considered "too soft to deal with the current government".
Capable in economic policy, Turkey has promoted mass meetings and signed agreements with the worst dictators in the Middle East. Syrian President Bashar Assad proposed just yesterday to celebrate the victory of his ally and called upon Turkey to resume its role of mediator with Israel. Turkey’s Foreign Minister Ahmet Davutoglu met in mid-July with Hamas leader Khaled Mashal; the Turkish leardship simpaty for Ahmadinejad is not a secret. And it's recent news that the Turkish intelligence and the Iranian Revolutionary Guards may have signed an agreement to assist Hezbollah in receiving arms.
The anti-Israel attitude, which culminated in the events of the flotilla to Gaza, has been an instrument of fantastic popular propaganda for Erdogan: more than his policy of modernization, which still must be evaluated, there have been his shouts against Israeli President Shimon Peres in Davos and the film on state television in which Israeli soldiers kill innocent Palestinian children - these deeds have returned a sense of belonging to militant Islam, the perception of being at the center of a world that in these years has suffered under the liberal and secular heel.
It is difficult therefore, even though it’s nice to hope, to imagine that this victory will bring Turkey into Europe, rather than into the orbit of the new strategic hub inspired by Tehran.
* translation by Amy K. Rosenthal
al massimo la turchia può aspirare ad essere associato privilegiato all'UE. Dobbiamo a tutti costi evitare che possa rovesciare sull'Europa milioni di immigrati regolari. Ci sono alcuni articoli sullo Spiegel di un paio di anni fa che in parte ho tradotto che fanno paura al riguardo (notare che lo Spiegel non è affatto un giornale di destra)alcune perle di comportamento turco, raccontate da un ex avvocatessa turca che ha restituito la licenza per eccessive minacce, senza che nei suoi confronti fosse stata messa in opera una protezione.-ragazze adolescenti o ormai donne mai sole per strada, sempre in compagnia di fratelli e amici-a scuola i fratelli si danno il cambio a sorvegliare dalla strada i cortili in cui gli scolari/e fanno l'intervallo, per vedere con chi parlano, ecc.-ingannate con vari mezzi per far loro sposare -e subire- un marito turco, andato a pescare non in Germania ma in turchia-stretto controllo del vestiarioe potrei continuare.
caterina ghio , genova
Cara Fiamma concordo pienamente con l'articolo:la turchia si avvicina all'iran,non all'europa.Però permettimi di criticare berlusconi per la sua "amicizia" con gheddafi che considero inaffidabile e pericoloso!Per te tanta stima ,con amicizia caterina
franco , pozzo d'adda(mi)
Gloria a Israele,spero che l'europa non intenda far entrare un paese islamico che stadiventando anno dopo anno sempre piu' integralista non abbiamo bisogno di loro. saluti Franco
Fernando Loffredi , Italia
Carissima Signora Fiamma, purtroppo sono pessimista, visti i risultati delle ultime elezioni, la Turchia stà perdendo la sua laicità a fronte dell'islam. Credo pertanto che ciò allontanerà quella nazione dal contesto Europeo, e non sarà un bene per nessuno nè per l'Europa nè per Israele. Spero tanto di sbagliarmi e le confermo la mia completa adesione ai problemi del suo Popolo. Un Saluto caloroso Fernando Loffredi.
vanni , italia
Egregia Signora Nirenstein, in estrema semplicità, pare di poter dire che lo scontro di civiltà che l'Islam alimenta e persegue con chiarezza d'intenti e determinazione preveda un conflitto dall'interno nei confronti dell'Occidente; non siamo mica in Africa, dove si ottengono ottimi risultati con le armi. La Turchia in Europa servirà a promozione e tutela delle rivendicazioni e dei costumi musulmani in UE, e acquisirà nel contempo prestigio nel mondo musulmano, al quale continuerà ad appartenere. Per Erdogan & c. significa consolidare il governo in casa e nella umma il consenso per i turchi. Finché l'Occidente non sarà in grado di pretendere con durezza reciprocità e rispetto della sua cultura entro confini musulmani, la pressione sarà a senso unico e a senso unico i successi e il decorso degli eventi. Per ora sembra anche più complicato che trattare ad esempio con la Cina, o addirittura con Cuba, con le quali i successi occidentali sono sotto gli occhi di tutti.
michele lascaro , matera
E' quello che stavo dicendo a mia moglie questa mattina prima di comprare Il Giornale e leggere il suo articolo, che, confermando il mio colloquio, mi ha elevato di un gradino ai suoi occhi(di moglie).A parte questo prologo siamo di fronte alla distruzione del pensiero riformatore di Ataturk. Però Erdogan sta dimenticando quello che successe al suo predecessore Erbakan, molti anni fa. Io ricordo e mi auguro che i militari abbiano la identica forza di reazione. Mi meraviglia invece la stupidità degli Usa e UE, che hanno inviato gli auguri al presidente turco.Saluti
loris , Bolzano
Purtroppo l'Europa è ostaggio delle sue stesse istituzioni . La commissione europea è presieduta da personaggi che quotidianamente dimostrano la loro incapacità operativa , figuriamoci se codesti individui riescono ad elaborare una seria analisi e relative conseguanze del referendum turco!!!!!!!!!!!!!!!!!!
pierluigi agnelli , brescia
A nome della Redazione di http://www.iostoconoriana.it/site/news.phpribadisco il commento fatto nel sito a questo articolo:"E questa Turchia la si vorrebbe a pieno titolo in Europa? Spaventoso!! Forse sarebbe il caso che la Nirenstein, di cui abbiamo grande stima e considerazione, queste cose le spiegasse al nostro Presidente del Consiglio!"
giuseppe casarini , binasco (MI)-Italia
Analisi lucida e cristallina dalle corrette e significative considerazioni in netto contrasto con gli euforici commenti di editoriali apparsi sulla stampa nazionale ed internazionale.Ai loro Autori diciamo: Turchia in Europa?Circospezione: Attenti a quel che desiderate potrebbe realizzarsi! E poi?shalomgiuseppe casarini
Ilaria Arri , Rivoli (To), Italy
Cara Fiamma, se é questa la Turchia che vogliono, se é davvero così, allora io penso che sia uno sbagli annetterla alla nostra Europa.Penso che la Turchia, per essere annessa all' Ue, si deve adeguare ai modi e costumi dell'Europa,e che debba avere un modo di agire molto più calmo.Gentili saluti, Ilaria.
Paolo Mantellini , Milano
Se non sbaglio, Lei è stata eletta al Parlamento Italiano nelle liste del PdL. Sa che cosa pensa in merito il suo collega Eurodeputato del PdL, On. Paolo Bartolozzi, iscritto al PPE? A una mia domanda sull’ingresso della Turchia in Europa mi ha TESTUALMENTE risposto:“…le faccio semplicemente notare che la Turchia, per connotazioni geopolitiche oggettive, fa parte del continente Europa, mentre Israele appartiene al continente Asia. Ne consegue che la Turchia può aspirare a far parte dell'UE, mentre Israele non può. Questo non significa che non si guardi con simpatia allo stato d'Israele, significa semplicemente che sono due piani oggettivamente diversi...”Ho chiesto quali fossero le “connotazioni geopolitiche oggettive”, ma dal 3 Agosto non mi ha ancora risposto. Su questo episodio ho allora pubblicato un articolo, ma la mia “audience” è purtroppo limitata e la mia abilità non è paragonabile alla sua:http://www.lisistrata.com/cgi-bin/lisistrata3/index.cgi?action=viewnews&id=411Credo però che il PdL debba fare chiarezza su questo argomento se non vuole continuare a perdere voti a vantaggio della Lega.Un plauso alla sua battaglia per la sopravvivenza di Israele.Paolo Mantellini
Boaz senator , Milano\Voghera italia
Ovvio che la Turchia entrerà in Europa. Entrerà come il cavallo di Troya nel processo dell islamisazione TOTALE dell'Europa per l'idiozia apatica dell'Europa che cammina a suono di ideologie ed utopie stile Mary Poppins.
ALBERTO CARUCCI , COMO ITALIA
Gentile signora Nirenstein, cerchi di far capire ai nostri "intelligenti" politici europei che con l'ultima "riforma" costituzionale la Turchia si avvia sulla strada di diventare uno stato islamico.Ma ci siamo dimenticati che il partito di Erdogan è un partito dichiaratamente islamico e che lo stesso Erdogan non poteva essere eletto in parlamento finchè il suo partito non ha vinto le elezioni e non ha cambiato la legge?Ma come si fa a far entrare in europaun paese che, oltretutto, ne geografi-camente ne etnicamente è europeo.Perchè non Israele allora.