Fiamma Nirenstein Blog

La toccante vicenda del signor Vorchheimer: pronti ad aiutare

lunedì 25 agosto 2008 Generico 0 commenti
Segue la mia lettera pubblicata sul Corriere di oggi a seguitodell'articolo che vi riporto sotto, sempre pubblicato dal Corriere ilgiorno precedente.

"E' la prima volta che vengo a conoscenza, tramite il Corriere della Sera, della toccante storia del signor Umberto Vorchhmeir e persino delsuo nome. La mia collega Alessandra Farkas riporta che Vorchheimer sisarebbe appellato a me cercando aiuto.  Per quello che sono le miepossibilità, mi interesserò con tutto il cuore alla sua vicenda e avicende analoghe non appena il signor Vorchheimer si farà vivo, cosamai avvenuta fino ad ora. Lo prego anzi di farlo al più presto.
Con cordialità,
Fiamma Nirenstein, vice presidente della Commissione Esteri della Camera dei Deputati"


Corriere della Sera,  24 agosto 2008, pagina 23
di Alessandra Farkas


La storia Vittima delle leggi razziali, lasciò Milano per Filadelfia
L' ex bimbo espulso dal duce non riesce a tornare italiano
Nel ' 39 gli fu tolta la cittadinanza, lo Stato non gliela rende. Ilviceconsole a Filadelfia: «La aspetta da 4 anni ma è più facileottenerla la prima volta che riaverla» Il ministero: «Non è vero»

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE NEW YORK - L'hanno data a Martin Scorsese,Patti Lupone e Robert De Niro, che ora può votare nel paese deibisnonni. Per lo ius sanguinis il tempo d' attesa è di un anno; seimesi soltanto per quella da matrimonio. Ad ottenerla sono per lo piùitalo-americani di seconda, terza, persino quarta generazione che nonhanno mai vissuto in Italia. Né hanno intenzione di farlo. Ma l'irrefrenabile boom di cittadinanze italiane conferite dal Bel Paese aicittadini d' oltreoceano esclude alcuni individui che, paradossalmente,italiani già lo sono. Come il 75enne Umberto Vorchheimer, milanesetrapiantato a Filadelfia che dopo ben quattro anni di vani tentativinon riesce ad ottenere da Roma il riconferimento della cittadinanzarubatagli dai fascisti nel 39, in quanto ebreo. All' indomani dellapolemica sollevata da Famiglia Cristiana sul «rischio di un ritorno alfascismo», l' incredibile vicenda di Vorchheimer suona come un caso adir poco emblematico, in odore d' antisemitismo. «Oggi è più facileottenere per la prima volta la cittadinanza piuttosto che riacquisirequella perduta», spiega Giorgina Vitale, 82 anni, ebrea torineseemigrata in Connecticut che da ben 15 anni cerca di coronare lo stessosogno di Vorchheimer. L' odissea di quest' ultimo inizia nel febbraiodel 1933 a Milano, dove l' unico figlio di Vittorio Felice - facoltosocommerciante di origine tedesca trasferitosi in Italia nel 1912 e dal1936 cittadino italiano - vede la luce in un appartamento in viaVisconti di Modrone. Tre anni più tardi la serena esistenza dell'affiatata famiglia va in frantumi. «Nel giro di pochi mesi mia madremorì di cancro a 31 anni», rievoca Vorchheimer, ex dirigente dellaGeneral Electric in pensione, sposato con l' americana Carol e padre didue figlie, Ellen e Shahana - Mussolini ci revocò la cittadinanza epapà fu costretto a svendere per poche lire ai fascisti il suo negoziodi cappelli in corso Venezia». Dopo un pellegrinaggio tra Liguria eSvizzera, dove frequenta la scuola e viene accudito dall' adorata nonnamaterna Omi, è il momento di lasciare l' Italia. «Il giorno del miosettimo compleanno nonna mi disse che sarei partito per New Yorkinsieme a papà, mentre lei avrebbe raggiunto i suoi figli a BuenosAires». L' ultimo giorno di scuola, quando un compagno gli grida dietro«l' America perderà», lui non sa di cosa stia parlando. Dopo averritirato il visto al consolato americano di Napoli, padre e figlio sirecano al cimitero Maggiore di Milano per dire addio alla moglie emadre: «Papà recitò sottovoce il Kaddish, mentre io deposi una pietrasulla tomba». Salpano per l' America a bordo del transatlantico Rex eal loro arrivo a New York vengono accolti da zio Julius, tratto insalvo da Dachau dal fratello Vittorio Felice verso la metà degli anni30. «Quando papà seppe che Julius vi era stato internato, si presentòal campo di concentramento con i documenti secondo cui il parentediretto di un cittadino italiano non poteva essere detenuto», racconta.«"Ha ragione", risposero i nazisti e lo lasciarono andare». Ma undecreto in data 15/12/1939 emanato da Vittorio Emanuele III su propostadel Duce revocherà «ad ogni effetto» la loro cittadinanza italiana. Daquando, anni fa, seppe che Usa e Italia avevano introdotto la doppiacittadinanza, Vorchheimer non si dà pace. Per riottenerla si èappellato persino a Fiamma Nirenstein, vicepresidente della CommissioneAffari Esteri della Camera(Pdl), senza ottenere il minimo riscontro. Ecosì il suo dossier - protocollo numero 7947 - continua a giacere trale carte impolverate dell' ufficio cittadinanza del ministero dell'Interno. «Se Vorchheimer avesse fatto richiesta di cittadinanzaregolare avrebbe già concluso», teorizza adesso Renzo Oliva,viceconsole a Filadelfia. «E invece ha chiesto la riconcessione: untipo di pratica laboriosa gestita dal Viminale con un arretrato dioltre tre anni». «Il consolato ignora i fatti», ribatte GiuseppeAscrizzi, vice prefetto presso il ministero dell' Interno, presidentedella Commissione interministeriale che deve esprimere parere positivoo negativo sulle richieste di cittadinanza. «La cittadinanza vieneripristinata automaticamente su dichiarazione degli interessati all'ultimo comune italiano di residenza. La questione riguardamarginalmente il ministero». «Mi domando come sarebbe stata la mia vitase non mi avessero cacciato dall' Italia - riflette adesso Vorchheimer-. Milano è la mia città, un buon posto per crescere e diventarevecchi». L' amarezza ha accompagnato anche suo padre, fino alla morte:«Era un uomo infelice, non l' ho mai visto ridere». Ma lui e Giorginanon si arrendono: «Non chiediamo soldi o restituzione dei beni ma soloche il governo ci riconosca che siamo italiani. È un gesto simbolicoche per noi avrebbe un valore grandissimo. Se verrà quando siamo ancoravivi».

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