LA TESI CONTROCORRENTE DEGLI ANALISTI USA L’ America che è certa di av ere vinto « Economia, politica, diritti umani: a Baghdad un mondo nuovo»
domenica 21 marzo 2004 La Stampa 0 commenti
WASHINGTON
EPPURE c’ è qualcuno per cui quell’ immagine della statua staliniana di
Saddam che precipita nel vuoto e si infrange sradicata dagli americani fra
le acclamazioni della folla, non ha niente di controverso. « Quando si
leggono i giornali o si guarda la televisione si ricava un’ impressione
disastrosa: il Far West del terrorismo. Ma, a un anno di distanza, la realtà
non è quella: è completamente diversa» . Incontriamo a Washington Rend Rahim,
un’ elegante signora bruna che dopo essere stata per anni della Fondazione
Iraq per la democrazia e i diritti umani è la rappresentante ufficiale,
ovvero l’ ambasciatore, del Consiglio governativo iracheno presso gli Usa.
Meglio di ogni altro, insieme a un gruppo di esperti americani riunitisi
all’ « American Enterprise Institute» per discutere di « Iraq un anno dopo»
Rend Rahim rappresenta l’ opinione positiva, ovvero che la liberazione
dell’ Iraq da Saddam per mano della coalizione abbia fondamentalmente
funzionato bene: « Ultimamente ho trascorso sette mesi a Baghdad e ho
visitato il resto del Paese: ho visto una nazione fragile e ferita, certo,
ma anche un’ incredibile rinascita democratica dopo venticinque anni di
oppressione, violenze, uccisioni di centinaia di migliaia di cittadini. I 25
milioni di iracheni sono sostanzialmente grati di essere stati liberati e
vivono una nuova vita: le scuole, gli uffici, i ristoranti, il mercato,
l’ informazione, i consigli locali, centinaia di giornali, televisioni,
funzionano. Sono stata fuori la notte vedendo che finalmente la gente può
uscire fino a tardi come in una nazione normale, i tetti fioriscono di
antenne satellitari, si può guardare di tutto, mettersi in contatto con
chiunque, comprarsi un telefonino... e soprattutto il progetto di
costituzione garantisce a ogni componente etnica e religiosa i suoi diritti,
e questo è un fatto totalmente inusitato: nessuno ha avuto cento, nessuno ha
avuto zero. Tutti hanno visto e rispettato i loro diritti e io amo
particolarmente quella lunga sezione, che non osavo neppure sognare, in cui
si garantiscono i diritti umani e civili di ogni cittadino. Il mondo
dovrebbe finalmente capire che questo è meraviglioso non solo per gli
iracheni, ma per tutti coloro che amano la libertà » .Eppure il terrorismo
ripete ogni giorno la sua strage, la guerra in quanto guerra contro il
terrore non ha funzionato: anzi, nel mondo intero i terroristi rivendicano
le loro azioni in nome della guerra all’ occupazione americana. Richard
Perle, forse il maggior ideologo della guerra in Iraq come guerra contro il
terrorismo, ispiratore e consigliere del presidente Bush, risponde
spazientito e preoccupato per il fatto che non si capisca cosa accade laggiù
effettivamente: « Innanzitutto non è vero affatto che il terrorismo nel mondo
sia aumentato, e tanto meno che i terroristi agiscono di conseguenza alla
politica americana. Ai tempi del presidente Clinton, il più pacifista di
tutti i presidenti, mentre l’ impegno Usa era tutto sul processo di pace, Al
Qaeda stava preparando l’ attacco alle Twin Towers e in tutto il mondo
scoppiavano le bombe. Quanto alla perdita di vite umane in Iraq, è certo una
tragedia: i soldati americani sono eroici nella loro difesa della libertà in
una situazione tanto difficile; ma la perdita di vite umane oggi è
infinitesimale rispetto a quella inflitta da Saddam al suo popolo (si parla
di 300-400 mila assassinati) e anche di quella che possono infliggere i
terroristi al mondo se lasciati liberi di agire. Per identificare i
terroristi in Iraq bisogna pensare che vi sono migliaia di carnefici e
torturatori a suo tempo incaricati da Saddam Hussein, residui del regime,
che temono l’ avvento dei processi per crimini contro l’ umanità ; oppure, i
terroristi islamici che lottano per il dominio del mondo finanziati dagli
Stati vicini terrorizzati dall’ avvento di una democrazia in Medio Oriente.
Essi temono per se stessi. Gli altri vogliono conquistare il mondo. La
scelta è : combattere questa inevitabile ondata di aggressività letale, o
restarne succubi?» .
Chi difende la guerra in Iraq, non si lascia respingere dal fatto che non si
sono trovate le armi di distruzione di massa: « Le informazioni degli
ispettori dell’ Onu erano e restano il punto di riferimento; e Saddam non ha
permesso le ispezioni; niente ancora ci dice che tali armi non debbano
essere ritrovate» , sostiene Perle, che si indigna alquanto quando si insinua
che qualcuno, per esempio il Consiglio Nazionale iracheno, possa aver
gonfiato a dismisura le notizie sulle armi nascoste: « E’ orribile e assurdo
pensarlo, e dimostra anche molta ignoranza del modo in cui funzionano i
servizi di intelligence: fa parte della campagna di discredito che copre la
verità di grandi progressi in Iraq e nella guerra contro il terrore» . E la
terribile miseria? « Si è mai visto in un mese che si possa eliminare il
risultato di venticinque anni di corruzione e di rapina?» . Comunque i dati
parlano una lingua piuttosto chiara, dice Danielle Pletka, la vicedirettrice
dell’ American Enterprise citando una ricerca condotta dall’ istituto:
l’ elettricità dal maggio 2003 ha raggiunto adesso il picco assoluto di
consumo settimanale, i telefoni e i cellulari si comprano con facilità , si
stanno distribuendo 500 mila opuscoli che spiegano le linee della nuova
Costituzione democratica, l’ Organizzazione per il Commercio Mondiale ha
conferito all’ Iraq lo stato di osservatore, la televisione di Stato
Al-Iraqiyah sta per mandare in onda una produzione locale intitolata « Fosse
comuni» ... « Tutto sta andando relativa bene - sostiene uno studioso che da
anni percorre il Medio Oriente e l’ Asia Centrale, Reuel Marc Gerecht -. Non
c’ è guerra civile, la gente lavora e seguita anche ad arruolarsi nelle forze
di polizia e militare, l’ Arabia Saudita, l’ Iran e la Siria avrebbero potuto
intervenire molto più pesantemente...» . « In una visione strategica di lunga
gittata - sostiene Thomas Donelly, direttore del Comitato per la sicurezza
nazionale americana dal ‘ 95 al ‘ 99 - questo è il cambiamento di gran lunga
migliore e più promettente per un assetto strategico pacifico, utile a tutto
il mondo: ha già condotto alla rinuncia di Gheddafi alle armi di distruzione
di massa e a un atteggiamento più meditato e attento da parte del mondo
arabo. L’ Iraq potrà partecipare alla prossima riunione della Lega Araba da
cui all’ inizio lo si voleva escludere a tutti i costi. Non è un mutamento
fondamentale e interessante, questo seme di democrazia impiantato nel mondo
arabo?» .