LA TEMPESTA DOPO LA QUIETE
domenica 18 febbraio 2001 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
DIECI anni e un mese fa il mondo discuteva in maniera non molto
dissimile
da quella attuale l’ attacco degli americani a Baghdad; Europa e Stati
Uniti
su fronti differenziati ma non inevitabilmente conflagranti, il Medio
Oriente sull’ orlo di un conflitto che investiva interessi non solo
d’ area.
Non si giocava ancora apertamente la grande battaglia che invece è
aperta
oggi: la proliferazione delle armi non convenzionali, né l’ Iran e
l’ Iraq
erano così avanzati nella costruzione di armi atomiche. Da quella
guerra
nacque una sorta di pax americana che portò alla Conferenza di Madrid
mentre
si sperava che anche il quadro post-comunista in Europa si
sistemasse. Una
valanga di illusioni accompagnarono l’ intervento contro Saddam, una
quantità
altrettanto grande di delusioni lo seguirono.
Il quadro mondiale in cui Bush junior agisce è molto più
problematico,
perché Est Europa e Medio Oriente sono ricaduti gravemente dopo la
cura. E
America e Europa si sono ulteriormente allontanati mentre Russia e
Cina
tornano in gara ciascuno a suo modo. E non è un caso che il globo
intero si
mobiliti, perché l’ intervento di Bush ha una direzione strategica, e
non di
routine. L’ assunto di fondo è la morte della strategia di Clinton.
L’ improponibilità , in certi casi, della trattativa. Ciò si coglie
osservando il ruolo di Saddam nel conflitto mediorientale: Saddam è
il
catalizzatore di un atteggiamento estremo. Ultimamente, coi suoi
finanziamenti ai palestinesi e il dislocamento delle sue divisioni
lungo il
confine giordano e siriano, è diventato il beniamino delle piazze
arabe più
accese. Le visite dei politici siriani, i voli russi e arabi sul suo
territorio si sono svolti parallelamente con la crescita del suo
ruolo
antiamericano e antisraeliano. Nel frattempo, il suo arsenale, specie
quello
anticonvenzionale, è cresciuto. Si disegna un ponte di duri contro
Egitto,
Giordania, sauditi etc. Il messaggio di Bush travalica il Medio
Oriente: il
presidente americano manda a dire che durante il suo mandato nel
mondo è
proibito costruire dimensioni strategiche antioccidentali. Una scelta
che
può creare uno stato di relativa calma, come invece accendere una
miccia
alla rivolta e allo scontro totale.
