La tattica dello scorpione. Hamas provoca, Israele non si scompone

Il Giornale, 16 ottobre 2025
Hamas ci prova, Israele non si scompone. Dopo il ritorno dei 20 ostaggi vivi dagli orrori di Gaza, la consegna dei corpi dei caduti non funziona: la sua importanza è paragonabile solo al simbolismo sacro per cui Priamo va da Achille e si inginocchia davanti a lui per riavere il corpo di Ettore. È nella storia dell’umanità e oggi in particolare in quella degli ebrei tornati nella loro terra il ritorno alla sepoltura fra i propri cari. Oggi, per queste creature che hanno sofferto la peggiore tragedia della storia di Israele, è irrinunciabile. Achille, eroe divino, restituisce il bel figlio al vecchio padre, ma Hamas è un’organizzazione di terroristi che in queste ore in cui il suo popolo vorrebbe festeggiare la fine della guerra, è intenta a stragi di vendetta, come mostrano le immagini dei suoi in ginocchio mentre chiedono invano pietà. Torturati, picchiati, alla fine fucilati, i membri della «hamula» ribelle Doghmush hanno già perso una ventina dei suoi membri. Adesso, dopo la consegna solo di sette corpi su 28, il numero quattro è un gazawi vestito con una divisa dell’Idf. Hamas dice che è stato un errore, ma è comunque una violazione: Israele non si impunta. In teoria l’accordo prevedeva in 72 ore la riconsegna di tutti i rapiti, vivi e morti, in cambio di 1.750 prigionieri tra cui 250 ergastolani, ogni mese retribuiti dall’Autonomia Palestinese di Abu Mazen per decine di milioni di dollari. Ma i titoli dei media mettono gli ergastolani alla pari con i rapiti tornati in libertà.