La strana idea che Hamas ha della pace
venerdì 5 ottobre 2018 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 05 ottobre 2018
Certo, pace! Hamas adesso vuole la pace, anzi, lo annuncia a Repubblica Yahya Sinwar, il suo capo. Lo fa in un'intervista a Repubblica che in realtà è poi Yediot Aharonot, giornale popolare israeliano, che l'ha pubblicata. Lui nega di averlo saputo, ma è chiaro: l'intervista è un messaggio politico a Israele che non contiene promesse di pace, ma semmai una minaccia di guerra. Se volete capire il Medio Oriente, dovete leggere bene quello che l'arciterrorista scelto nel febbraio del 2017 come capo di Hamas intende quando dice pace, proviamo a decifrarlo: "Voi sapete benissimo che cosa siamo capaci di fare, ne portate i segni sulla vostra pelle, nelle vostre vite orbate, nei campi cooltivati andati in fiamme. Benissimo. Potrebbe interrompersi per un po’, ma potrebbe peggiorare. I nostri terroristi sono pronti, i giovani che mandiamo a morire al confine con gli aquiloni e le bombe molotov, pure.
Queste le condizioni: se non imponete ad Abu Mazen, voi che siete amici suoi, di fornirci i fondi che ci ha tagliato e di cui abbiamo estremo bisogno, se non lo costringete a consentire al Qatar, all'Iran, a tutti i nostri vari simpatici finanziatori di far convergere nelle nostre tasche i soldi e i beni che ci spettano... Qui esplode tutto. Altrimenti, almeno per un po’, saremo degli agnelli, e bloccheremo gli attacchi terroristici e le "marce del ritorno" che possono diventare molto più violente". Anwar dice nell'intervista che naturalmente subito viene promossa a titolo strategico da tutti quelli che in fondo trovano simpatica un'organizzazione islamista dedita all'omicidio sistematico dei innocenti: "Non dico che non vogliamo più combattere ma che vogliamo porre fine all'assedio"; ma questo significa semplicemente: fate capire ad Abu Mazen di piantarla di chiederci le armi in cambio dei soldi, le armi ci servono, il potere sarà nostro. Insomma, non è molto importante se ogni tanto si presenta una situazione di tregua: Sinwar è un intelligente inventore di strategie che combinano la violenza delle dimostrazioni lungo i confini con una pretesa di legalità; la fedeltà alla Fratellanza musulmana con la richiesta di aiuto al suo peggior nemico al Sisi; il terrorismo con la diplomazia. Sinwar, che è stato in galera 22 anni e che è uscito con lo scambio di terroristi con Gilad Shalit, è un tipo che ha ammazzato letteralmente con le sue mani quelli di cui ha sospettato connivenze con gli israeliani, che dice frasi tipo "Noi gli strapperemo via il cuore dal petto con le nostre mani" e poi manda i suoi uomini ad agire di conseguenza, promuove tunnel per i terroristi, dice anche per spiegare la sua strategia: "Abbiamo deciso di fare dei corpi delle donne e dei bambini una diga per bloccare il collasso arabo".
Ha rinsaldato il rapporto con l'Iran e con gli hezbollah e se ne vanta. Adesso urbanamente di fronte alla mancanza di denaro e di accesso e alla decisione di Abu Mazen di chiudere i cordoni della borsa, poiché fronteggia il disagio dei suoi, tramite la Repubblica e Yediot, Sinwar chiede l'intervento israeliano per salvarlo, e usa come scudo l'idea di cessare l'assedio. Intanto ammassa forze lungo il confine, oggi lo vedremo. E immaginiamoci un porto di Gaza aperto, e le navi iraniane che sbarcano portando armi letali. Dunque, la sua è una strategia di breve respiro. Ma paradossalmente, è del tutto possibile che l'appello non vada inascoltato per i bisogni primari della gente di Gaza, cui Israele è rimasta sempre sensibile. Dal passaggio di Shalom passano ogni giorno centinaia di camion di generi alimentari e medicine. Questo fin quando Hamas non decide che è il momento, e succede spesso, di chiudere il passaggio con un bell'attentato. Di quelli che piacciono a Anwar.