LA STORIA Il ribelle diventa poliziotto
giovedì 23 dicembre 1993 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME UNA mattina di settembre, pochi giorni dopo l’accordo fra
Rabin e Arafat, Jaacub Ramadan, 31 anni, decise che era venuto il
tempo dell’ordine. Così volse un ultimo sguardo alla sua kefiah
bianca e nera; la kefiah lo aveva accompagnato nel suo ruolo di
responsabile per Al Fatah della zona intorno a Bir Zeit (sette
villaggi alquanto focosi, situati nel West Bank vicino
all’università che oggi è in maggioranza integralista islamica). La
piegò , la mise nel cassetto della memoria. Ripensò ai 60 giovanotti
che erano stati ai suoi ordini, le forze d’attacco dell’Intifada,
tiratori di pietre; pensò ai mascherati, ai feriti, ai morti, a
quelli in galera; pensò agli intemperanti, agli affettuosi, ai
pazzi. E si avviò al centro di Ramallah. A casa, in mezzo alla
campagna, alle coltivazioni d’ulivo, di vite e di frutta, retaggio
del lavoro antico della sua famiglia, rimasero la moglie e i quattro
figli, tre maschi e una femmina. Una famiglia benestante, adesso
contenta della scelta del capofamiglia, una scelta ambiziosa. Del
resto, Ramallah prima di diventare un paese segnato dall’Intifada,
orrido di spray colorati sulle mura, di asfalti sbucciati e divelti,
di montagnole di sassi, rumoroso di jeep, di spari, di urla, era il
paese più elegante del West Bank, perfino con qualche pretesa
urbanistica nello snodarsi delle vie intorno alla piazza principale.
Dunque Jaacub andò in centro, e si presentò all’ufficio organizzato
dall’Olp con tutti i documenti richiesti:
poliziotto nel nuovo Stato palestinese, disse e porse le
credenziali. Jaacub Ramadan ha già saputo come sarà la divisa: caki
e pesante d’inverno, con la bandiera palestinese sulla spalla, e
beige chiara e leggera d’estate, simile alla tenuta consueta di
Arafat. Per entrare nelle nuove forze dell’ordine occorre un
documento di studio che dimostri che il richiedente è andato a
scuola per dodici anni; il certificato della Croce rossa
internazionale che provi che il soggetto in causa se è stato in
galera, come nella maggior parte dei casi, lo è stato per motivi
politici e non per ragioni di criminalità comune; infine, ci
vogliono tre testimonianze di membri noti di Fatah che testimonino la
valentia fisica e morale dell’aspirante poliziotto. Dalla ribellione
all’ordine, dalla clandestinità al ruolo conclamato di difensore
dello status quo. Che passaggio difficile per Ramadan. In questi
giorni in cui gli israeliani iniziano il loro ritiro da Gerico e da
Gaza, Israele e i territori aggricciano la pelle in cento delitti;
ogni giorno sono vendette di sangue, assalti a civili israeliani
sugli autobus di linea e lungo le strade, e per contro micidiali
colpi di coda dei settler israeliani. La coscienza di Jaacub, mentre
in questi giorni si sta preparando a partire per l’Egitto dove è
stato apprestato un campo d’addestramento per poliziotti palestinesi,
è in subbuglio. Da giovane non aveva dubbi: gli hamasnik, gli
integralisti islamici altro non sono che fratelli nella battaglia. Ma
lo sono tuttora, adesso che seguitano a uccidere dopo l’accordo di
pace?
decideranno a darci ciò che è nostro. Il terrorismo, come lo
chiamano loro, per noi è ancora patriottismo. Si ricorda come
fianco a fianco con i religiosi intransigenti che gridano Allah hu
Ahbar, lui, con i suoi baffetti rossi ben curati, i capelli corti, il
maglione di lana inglese, la giacca di impermeabile chiaro con la
fodera a disegni cachemire, impedì per tre giorni alle camionette
israeliane di entrare ad Abu Kash, il paese a lui affidato:
ben quattro pattuglie israeliane; fu uno scontro epico, in cui tutti
i gruppi di Fatah e anche le altre formazioni hanno preso esempio per
molto tempo. I soldati israeliani, circondati alla fine da noi,
dovettero essere recuperati dai loro elicotteri. Mentre parliamo
dalla finestra sulla piazza di Ramallah giù in strada si vedono gli
scontri: domani al posto degli israeliani in divisa potrebbero
esserci le forze di polizia palestinese, e dall’altra parte
un’Intifada integralista islamica. Che farà in questo caso Jaacub?
Attaccherà col manganello? Sparerà ?
siamo un solo popolo, io conosco le loro ragioni. Anche io, come
loro, prego cinque volte al giorno. Saremo una polizia non violenta.
E se un terrorista cercherà rifugio da voi dopo aver compiuto un
delitto in Israele?
catturare; gli ordini sono ordini. E se qualcuno ucciderà e farà a
pezzi, come è accaduto molte volte, un collaborazionista, un amico
degli israeliani?
comunque avranno il buonsenso di andarsene insieme agli israeliani. E
poi, non dimenticate, Hamas ha già detto che i poliziotti
palestinesi sono i suoi figli, i suoi fratelli.... Dopo l’epica
battaglia di Abu Kash, Jaacub Ramadan fece un anno e mezzo del
carcere più duro d’Israele, a Kziot, nel deserto del Negev, sotto le
tende:
l’appello dei prigionieri piangevano, e le lacrime scorrevano loro
lungo le guance mentre sillabavano all’alba i nostri nomi. Gli
israeliani non scendevano fra le tende. Con me dormivano molti
hamasnik. Nel futuro seguiteremo a capirci, non litigheremo. Basta,
ripeto che Israele ci dia quel che è nostro. Arafat ha incaricato a
Tunisi un comitato speciale di esaminare una ad una le domande di chi
vuole entrare nella polizia. Dai territori ne sono già giunte più
di ventimila:
cui 250 donne. La prima cernita ha mandato a Tunisi 1500 nomi. Sarà
un lavoro rispettato, pagato 500 dollari al mese. Ma soprattutto
sarà un lavoro in difesa del nostro nuovo Stato. Arafat porterà da
fuori undicimila dei suoi uomini. Noi, dall’interno, saremo novemila.
No, non mi dispiace. No, non credo che saranno appollaiati sopra la
mia testa a controllare la mia politica, il mio atteggiamento di
militante cresciuto qui. E poi, chi è stato con Arafat tutti questi
anni è meglio allenato di noi in questioni militari, di strategia.
Possono insegnarci qualcosa. Jaacub è un militante disciplinato; un
grande ritratto di Arafat campeggia nel suo ufficio ghiaccio e
disadorno, dove pochi affari sembrano essere stati fatti. La società
dei territori è una società disadattata; e la vita di guerra di
Ramadan ha conosciuto una tregua solo immediatamente dopo la galera
quando per un po’ tornò ad occuparsi degli ulivi della sua famiglia:
ferita aperta, bruciante per gli interrogatori, per la prigione. Non
ho mai scambiato due parole amichevoli con un israeliano. Possono
crepare se ora si aspettano che noi li difendiamo dal nostro stesso
popolo. Non è per questo che creiamo una polizia. La creiamo perché
lo Stato ne ha bisogno, per motivi miei, per difendere la mia
famiglia, la mia società . Uno scherzo, sotto il ritratto di Arafat,
nell’ufficio bianco, mentre a dieci metri di distanza i soldati
sparano lacrimogeni, e i giovani con la kefiah seguitano a urlare
tirando grosse pietre: ma lei vuole essere un poliziotto
all’americana, di quelli che aiutano i bambini ad attraversare la
strada? Lui ride. Ma vicino un suo amico con gli occhi neri che ha
assistito a tutto l’incontro lo guarda triste:
arrestarmi. Fiamma Nirenstein