LA STORIA I ragazzi di Israele senza guerra
domenica 20 settembre 1992 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV VENERDÌ sera a Tel Aviv: umida e calda la festa ebraica dello shabbat promette stavolta pace, shalom. Yitzhak Rabin e Shimon Peres riempiono le conversazioni festive della gente immobilizzata nel riposo. Un’ inconsueta attesa di quiete aleggia su questa scheggia di energia compressa che è Israele. È un’ ansia nuova e sconosciuta, la pace. Un’ abitudine da imparare. Vivere invece di lottare per sopravvivere. Le famiglie riunite meditano ancora storie troppo avventurose. A Ramat Gan, un quartiere decoroso, Malca e David Nachmuni siedono in giardino: tutt’ intorno, sul tavolo, carte e fotografie del loro figlio minore Gai, morto a 23 anni in un’ avventura estrema. Bello, spavaldo, scuro di pelle, bianco il sorriso, la divisa tutta in ordine: un ufficiale israeliano. Capita spesso che un ufficiale ventenne muoia. Ma Gai non è morto nei Territori, o a Gaza, e neppure nel Libano. È morto in una nuova guerra che si fa in tempo di pace per provare a se stessi di valere quanto i propri genitori sopravvissuti a tante impossibili avventure, e anche per vivere in quella dimensione sospesa fuori della banalità che solo la guerra sa dare. che lo cercavo aiutato dagli indigeni, sfoltendo la giungla del Parco delle Tartarughe alle isole Galapagos con il machete racconta David Nachmuni , il suo corpo fu ritrovato molto lontano dal punto di partenza. Aveva lottato molto a lungo. Si era avventurato da solo, con un po’ d’ acqua e lo zainetto, e si è perduto in una foresta impenetrabile. Era un ufficiale, era pronto ad ogni difficoltà . Quindi, non temeva l’ imprevisto. Là , dove giaceva morto, la gente ha costruito una Stella di David di pietra Venerdì scorso il primo ministro Rabin ha interpellato l’ associazione sindacale (Histadruth) degli insegnanti. spiegare perché dopo l’ esercito tanti nostri ragazzi partono per terre lontanissime e vi restano anni; talvolta non fanno ritorno. Perché ? Non trovo la risposta. Shulamith Alloni, la radicale laica ministro dell’ Educazione del nuovo corso gli ha risposto: nostri giovani mancano di buone motivazioni esistenziali. Ma questa risposta può funzionare solo se ci guardiamo bene dall’ interpretarla in termini occidentali, da società opulenta. È infatti una bomba di tensione tutta particolare quella che i ragazzi accumulano in questa punta di mondo negli anni dell’ educazione, del militare, la Zavà , specie nelle unità scelte. Soltanto qui impari a sopravvivere nel deserto per alcuni giorni, solo con una borraccia, nascondendoti ai tuoi stessi compagni che ti cercano in veste di nemici. Si impara a gareggiare per la vita e per la morte e per vincere sull’ impossibile. A Tel Aviv il negozio Le Metaiel ( ) è passato in quattro anni da 60 metri quadri a dieci vetrine. Zaini, funi, fornelli, pile. Centinaia di ragazzi ogni giorno vi si incontrano per scambiarsi i diari di viaggio dell’ America Latina e del Lontano Oriente. Qui Fiamma Nirenstein comincia il rito di iniziazione di un paio di decine di migliaia di ragazzi l’ anno; un’ enormità su quattro milioni di abitanti ebrei. musulmano in cui è vietato l’ accesso agli israeliani che vi si infilano tuttavia ad ogni momento in clandestinità , avvenne il famoso incidente di Srinagar: un gruppo fu rapito dai ribelli e destinato alla fucilazione. Con le arti apprese nella Zavà gli israeliani si ribellarono con le mani nude e uccisero i rapitori. Lasciarono però un morto sul campo. Al momento dell’ incidente gli israeliani erano il 90 per cento dei turisti presenti in Kashmir. Ronny Zehavi, ventisei anni, partì per il suo rito d’ iniziazione dopo l’ esercito (tre anni più uno da ufficiale paracadutista): Bangkok nelle caselle postali che ogni ambasciata tiene, cariche di messaggi, di esclamazioni, di appelli, trovai i nomi di cinque miei compagni di unità nell’ esercito. Amici intimi. Li incontrai tutti quanti per caso in ristoranti di Bangkok. Riformammo il gruppo di sempre. Capita a tutti così . Partii solo, trovai gli altri a 10 mila chilometri da casa. In molti locali nell’ Estremo Oriente, nei villaggi più strani, vedi menu scritti in ebraico, bambini che cantano le nostre canzoni. Siamo così tanti, così abili nel cercare la cosa migliore al minor prezzo, così tenacemente solidali tra noi, e in fondo incuranti degli altri, che la gente del luogo ci teme un po’. Siamo rumorosi, occupiamo lo spazio come fossimo a casa, ridiamo forte, cantiamo forte, facciamo gare. In un trekking difficile, un israeliano non affida il suo zaino al portatore indigeno. Così , sente di più di stare affrontando la propria vita di adulto, che in realtà ci fa tanta paura. Il ministero degli Esteri israeliano è costantemente impegnato in operazioni di recupero, aiuto, informazione. Un’ unità di crisi tiene il contatto con le famiglie che credevano di aver chiuso un periodo d’ ansia dopo la fine del servizio militare, e ne vedono sorgere uno forse peggiore. Personaggi mitici come Herut Lapid, un kibbutznik, dedicano la loro vita al salvataggio di ragazzi nei guai in Paesi inospitali. quotidiano “Haaretz”, Dorod Rosenblum l’ ideologia del vivere nel gruppo, dall’ asilo all’ esercito, rende i nostri ragazzi particolarmente impreparati a una vita normale, individuale. Forse non sappiamo porgere loro la normalità . Al confine fra Burma e la Thailandia, dove si sparava ogni giorno, esiste un fiume blu, fosforescente, inverosimile. farmi da guida. Solo un contrabbandiere mi caricò sul suo camion: dietro, fra due tori legati che mi guardavano negli occhi. Per passare fra i soldati armati offrimmo loro del denaro, mentre le pallottole ci fischiavano intorno. Giunti al fiume, io scesi e l’ uomo sparì d’ improvviso, senza dirmi nulla e mi sentii perduto in mezzo a una guerra sconosciuta, nella boscaglia. Ricomparve solo dopo molte ore. Pensavo ormai che ci avrei lasciato la pelle. Che senso ha avuto tutto ciò ? Che senso ha avuto un viaggio così estremo? magnifica fantasia nell’ ultimo dormiveglia della vita. Prima del risveglio. Il fiume blu, del resto, era meraviglioso. Fiamma Nirenstein