La storia di Wajih Nusseibeh e della sua famiglia che da 1300 anni cu stodisce l'edificio più sacro di Gerusalemme Il musulmano del Santo Sepolcro A pre ogni giorno il cuore della cristianità
domenica 27 dicembre 1998 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
ALLE quattro di mattina, anche alla vigilia di Natale, un uomo
piccolo, con la giacca e i baffetti grigio chiaro, bussa al portale
del Sacro Sepolcro. Si apre un largo spioncino, quasi una finestra,
dall'interno una scala a pioli, stretta e chissà quanto antica,
viene fatta passare nelle mani dell'uomo in grigio. Nel buio, rotto
appena da una luce fioca, si intravede un alto cappello da prete
armeno, o gredo ortodosso. Il piccolo uomo sfila la scala dal
ventre della basilica, la poggia sulle pietre sconnesse, corrose
dalla pietas dei fedeli e dall'ansia di contemplare con gli occhi
la resurrezione della carne, e sale tre scalini. Wajih Nusseibeh,
così si chiama quest'uomo, si volge di lato, e sorride a un altro
uomo giunto nel buio, saluta in arabo cerimoniosamente augurando il
buon mattino. È il signor Jawdah, incaricato della custodia della
chiave del Santo Sepolcro. E il signor Nusseibehm, che invece ha il
compito di aprire, infila la chiave nel marchingegno di ferro nero
lungo venti centimetri, cosicché da dentro i preti
greco-ortodossi, copti, cattolici, armeni, possano inaugurare un
nuovo giorno di adorazione, perdersi con i pellegrini nei meandri
del Golgota, della Pietra dell'Unzione, del Sepolcro di Gesù . Una
volta adempiuto al suo compito, Nusseibeh restituisce la chiave e
Jawdah, che gliela riporterà la sera alle sette. Allora, chiuso il
portale, passata la scaletta dalla finestra, restituita la chiave a
Jawdah, Nusseibeh tornerà a casa da sua moglie e da suo figlio
Obada. Ma prima si affretterà alla moschea perché è quasi l'ora
della quinta preghiera della giornata. Infatti Nusseibeh è
musulmano credente, anzi è un haj, come dice orgogliosamente,
cioè un praticante che ha assolto al precetto di compiere il suo
pellegrinaggio alla Mecca.
I gesti di Nusseibeh sono iscritti nei suoi geni, si potrebbe dire
che apre quella porta da più di 1300 anni. Fra tutti gli archi a
sesto acuto e a botte, tra le mura bizantine, crociate, giù giù
fino alle cupole del secolo scorso, tra gli spezzoni di muro
salvatisi per caso dagli incendi, le rapine, le lotte interne, le
invasioni musulmane e turche, Nusseibeh è senz'altro il pezzo più
autentico e più stabile del Santo Sepolcro. La sua nobile famiglia
musulmana venne dalla Medina prima dell'Islam. Umma Omara Nusseibeh
al-Hazrajieh, era assai vicina al Profeta, che la benedì come una
grande protettrice dell'Islam. Quando i musulmani giunsero a
Gerusalemme nel 636 d.C., uno dei suoi figli, Ibrahim, venne col
Califfo. Da allora i Nusseibeh fanno questo lavoro. È vero che i
crociati tentarono di buttarli fuori, ma pervicacemente avvinti al
paradosso meraviglioso del loro ecumenismo, essi tornarono ancora a
Gerusalemme con Saladino nel XIII secolo: "Il Saladino, che era
saggio, decise di non distruggere il Sepolcro. Le famiglie Jawdah e
Nusseibeh ricevettero di nuovo la chiave". Racconta seduto su una
sua speciale panchina nell'ingresso Wajih.
Il suo paesaggio interiore ed esterno, a chi sogna l'ecumenismo,
deve apparire magnifico e longanime: con i loro disinibiti cappelli
e con le vesti purpuree nere, ricamate, con le loro barbe, o se
sono donne con i loro mirabili travestimenti da monache medioevali,
le fedi cristiane di tutto il mondo compiono sotto i suoi occhi una
sfilata che a lui pare del tutto naturale. Uno dietro l'altro,
roteando i mantelli e sventolando i turiboli carichi di un incenso
particolarmente fumoso, i preti copti, greci, armeni, cattolici
seguono il loro turno. Fuori, giovani soldati israeliani guardano
un po' stufi l'andirivieni delle masse di pellegrini che baciano le
pietre, piangono, si commuovono al pensiero di Gesù morente,
oppure al contrario spargono lattine di Coca-Cola e si baciano con
i walkman sulle orecchie.
"Maometto accolse Gesù ed Abramo come grandi profeti nel Corano.
Maria per noi è la più santa tra le donne. C'è nel Corano la
"sura Mariam", che loda la Vergine". Tutti i preti che passano
accanto a noi salutano Wajih con grandi sorrisi, qualcuno gli dà
pacche o carezze: "Più di tutto qui dentro mi piace la statua
della Madonna di Fatima, regalata nel 1884 alla chiesa dal re del
Portogallo. Eccola lassù , sul Golgota. Mi piace anche perché
Fatmah, Fatima, era una delle figlie del Profeta. Non mi dà nessun
fastidio che i cristiani rappresentino i loro santi... a ognuno le
sue tradizioni. Io apprezzo tutti coloro che credono in un solo
Dio. Ognuno ha il suo modo", e qui Nusseibeh esagera, il suo "dieci
in ecumenismo" si fa bizzarro: "Anche i terroristi suicidi possono
avere le loro ragioni, magari sono disperati...".
Nusseibeh cominciò il suo lavoro quando aveva 25 anni, e ora ne
ha 48. E se non avesse voluto? E se suo figlio Osama, diciottenne,
adesso non vorrà essere il custode del Sepolcro cristiano? "Un
fratello, un cugino, qualcuno di noi sempre si prenderà cura di
non spezzare la catena". Wajih passa tutte le sue ore, salvo che
quelle della preghiera, su e giù per la chiesa. Fa piccoli lavori
di elettricista, aiuta a tenere in ordine e ad affrontare con garbo
i millenari problemi di vicinato delle varie fedi cristiane che si
contendono le sante pietre. È una bella vita, e il suo piccolo
sorriso non lo abbandona anche quando racconta che il suo
appannaggio è di 5 dollari al mese. Nessun problema per questo, è
un onore, è la tradizione, e d'altra parte tutta la famiglia è
interessata a che essa non si interrompa. Entra un gruppo
di americani assai poco intrisi di santa aria natalizia. Nusseibeh
improvvisamente fa una faccia feroce: "Ecco, questa è l'unica cosa
che non posso sopportare: la guida che urla, le cartacce, la
distrazione...", poi si scusa e si congeda perché tra poco c'è la
sua preghiera. Saluta affettuosamente i preti, rivolge parole
gentili ai soldati... sarà bene curare per i prossimi mille anni
le public relations.
Fiamma Nirenstein