LA SIGNORA DI ISRAELE
mercoledì 8 novembre 1995 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME COSÌ Leah la vedova diventa Leah la profetessa di pace,
simbolo dell'Israele che vuole ritrovare la sua forza dopo i giorni
del pianto. Autentico simbolo di forza, se è vero che domenica - ha
annunciato - parlerà in pubblico nella stessa piazza, sullo stesso
palco ove si è consumata l'ultima ora di suo marito. Alta, elegante,
avvolta nel dolore come nel manto dellaPizia, il suo primo discorso
politico al pubblico israeliano l'aveva pronunciato già nel cuore
della notte in cui rimase vedova. Tornata al suo appartamento di
Ramat Gan, tutto a un tratto, ha deciso di scendere tra la folla. La
illuminavano nel buio le candele accese da tanti cittadini sul
selciato della via dove abitava la coppia e dove tutti i venerdì
sera, per la cena dell'entrata nel sabato, si riuniva la grande
famiglia patriarcale del primo ministro. Il volto affilato su cui
risplende ancora a 66 anni la grande bellezza per cui è stata
famosa, gli occhi verdi pieni di lacrime, ma truccati con un segno di
matita, ha iniziato a parlare al popolo d'Israele. E da quella sera
non ha più smesso. Ha lasciato che televisioni e radio nazionali e
straniere la intervistassero continuamente, rivelando una impetuosa
volontà di reagire, di farsi sentire. Il suo messaggio è chiaro,
forte e ripetuto: la destra, tutta la destra ha delle pesanti
responsabilità nella morte del marito. Anche la destra parlamentare,
quella del Likud di Benjamin Netanyahu. Netanyahu, ha ripetuto Leah
Rabin, non ha mai zittito gli estremisti che alle manifestazioni
gridavano parole d'odio e di vendetta contro Yitzhak. È stato in
sostanza un complice silente.
volentieri - ha detto Leah - ma non potevo provocare uno scontro
davanti alla bara. Però a un deputato che è venuto a salutarmi, non
dirò chi, ho detto sul viso: "Troppo tardi". Leah, l'anima
tedesca, elegante, europea e anche ricca del proletario sabra Yitzhak
Rabin, la sua consigliera più influente, è sempre apparsa consona
alla tradizione della first lady: è rimasta un passo indietro,
soddisfatta delle doti di grande cuoca e di ospite, di donna di
cultura, di attivista nella causa dei bambini autistici, di ottimo
tramite con le donne del mondo arabo; le piace godere anche della
fama che era un po' quella di John e Jacqueline Kennedy, quella di
essere con Yitzhak una coppia di esseri umani bellissimi, simili a
dei nell'aspetto e nella fortuna. Ma rispetto a Jacqueline, Leah ha
la statura che le proviene dall'avere a sua volta lottato
nell'Israele poverissimo e pericoloso degli Anni 30 e 40: è una
combattente, e tanto più lo è diventata adesso che è rimasta sola.
Ha avuto la forza di dire che la morte del marito può rimanere una
tragica pietra miliare sulla via della pace e anche dell'unità del
popolo ebraico. Il suo insegnamento, ha ripetuto Leah, deve per forza
andare a buon fine. Più che una constatazione è un incitamento.
Leah sorge come una madre biblica, circondata dai suoi figli, e parla
al popolo sull'arena della politica israeliana in nome degli ideali
di suo marito con cui ha condiviso 47 anni di vita. Si può pensare
che questo sia il frutto di una cultura che ha messo la divisa da
soldato alla donna, che le ha chiesto di sostenere il dolore della
perdita dei propri cari inghiottendo le lacrime. Ma nel suo
intervenire a voce tanto alta certo si vede anche un amore coniugale
che non vuole smettere di essere una passione. Fiamma Nirenstein