La sfida tra Netanyahu e Barak specchio di un Paese-Babele, frammenta to ma realista In fila alle urne, con i mille volti d'Israele Russi ed etio pi, signore e coloni, scettici e ortodossi
martedì 18 maggio 1999 La Stampa 0 commenti
                
Fiamma Nirenstein 
GERUSALEMME 
Israele che vota è una Babele, un insieme del meglio e del peggio 
che ci sia al mondo, un coacervo di speranze altissime e rarefatte, 
e di bassissime paure, dense di feroce rabbia. In fila, alle urne, 
pronti a votare con la carta d'identità in mano, ai quattro angoli 
del Paese, trovi di tutto: eleganti tedeschi che parlano a bassa 
voce, rossi di capelli; signore coi guanti bianchi e gli occhi di 
colore slavato di pura stirpe anglosassone; giovani americani con 
la coda di cavallo e la kippa e che vogliono soddisfare la loro 
pretesa onnivora con il sionismo; tribù intere di freak reduci dal 
lontano Oriente, che cercano di trasformare Israele in un centro di 
meditazione; marocchini vocianti, e marocchini invece gentilissimi 
e signorili, con accento francese; neri etiopi magrissimi per la 
fame, vera fame; ultrareligiosi che vorrebbero partir via, con te, 
in macchina verso un mondo che disprezzano e insieme invidiano; 
russi, caucasici, circassi, lituani che non parlano una parola di 
ebraico e si sentono una repubblica a parte. E tutti quanti sono in 
conflitto, gli uni contro gli altri; tutti hanno la verità in 
tasca, e anche un gran bisogno di potere, di quattrini, in questo 
giorno di gara all'ultimo voto tra Bibi Netanyahu e Ehud Barak, tra 
la destra e la sinistra, fra il processo di pace e il braccio di 
ferro coi palestinesi. E litigano in ogni piazza, nelle strade 
affrontandosi con gli striscioni dei propri leader. 
A Neve Yaacov, un quartiere povero di Gerusalemme, in collina, 
dove il giallo delle case di pietra si perde sul giallo più scuro 
e largo del deserto, c'è una sezione tutta composta di russi. Qui 
si vede che la gente non sa scrivere in ebraico neppure le due 
lettere dell'alfabeto richieste per indicare il partito prescelto. 
Come la gente sia straniata, venendo da Paesi freddi: tutti sono 
vestiti in maniera sbagliata; incontriamo due donne, madre e 
figlia, che sembrano matrioske con in testa il fazzoletto di lana a 
fiorellini. Una ha due incisivi d'oro. Per chi votano? Per Arieh 
Deri, del partito religioso marocchino. Semplicemente, perché la 
madre è rimasta sola all'età di 27 anni con cinque figli, è 
venuta in Israele tredici anni fa, non parla ebraico, e "Shas, il 
partito religioso, ci paga l'affitto" ci dice la figlia "ci dà da 
mangiare". E poi votano anche Bibi, naturalmente. Quando le due, 
chiamiamole Ruth e Miriam, si accorgono di quello che hanno 
raccontato tra risate furbesche e singhiozzi di miseria, 
improvvisamente cambiano faccia e assumono il volto dei contadini 
russi infuriati, stufi della fame. Prendono il quaderno con gli 
appunti della cronista, e lo fanno a pezzi. Un altro russo 
sornione, fuori del cancello, tira via la giornalista dal seggio, 
all'aria aperta, sotto la sua protezione: "Sappia che noi russi 
siamo l'ago della bilancia. Io ho fondato una lista antireligiosa, 
Tikva, Speranza. Mi chiamo Alex Tenser. Ebbene, noi russi vogliamo 
mangiare il maiale se ci va, a volte è anche buono, tutto dipende 
da chi lo mangia. Ci piace la nostra cultura, la nostra lingua, che 
c'è di male in Dostoevskij? Però siamo sionisti. E in questo 
istante Barak e Netanyahu sono alla pari nella comunità russa. Se 
Barak ci consente di sposarci anche senza rabbini, secondo me ci 
conquista tutti". Ancora più lontano, al tempio di Ateret Avraham, 
ecco una sezione tutta di religiosi neri: sono in gran parte di 
origine sefardita. Un ragazzo coi riccioli si dice offeso con 
Barak: "Come si permette di dirci che non valiamo nulla? Noi 
manteniamo questo Paese nella tradizione ebraica, in mezzo a 
ignoranti, americani, italiani, peggio di tutti i russi, gente che 
non ha nulla a che fare con l'ebraismo. Il servizio militare che 
Barak ci vuole imporre è molto meno importante del grande servizio 
che rendiamo a Israele: conservare l'ebraismo!". Una elegante 
signora di trent'anni, di nome Rachel Bazri, accompagnata da un 
marito con la barba, i riccioli e la palandrana nera, porta la 
gonna lunga, il cappello in testa, e cinque bambini la seguono: 
"Sono qui per aiutare vecchi e malati a votare, in questo Paese 
molta gente non sa nemmeno trovare la strada, non sa leggere i 
cartelli, non capisce cosa deve fare... Io li aiuto a votare per 
Bibi". 
A Kiriat Matos, a Sud di Gerusalemme, vivono gli etiopi: qui il 
senso di straniamento è totale. È come una Harlem più 
miserabile. Alcuni ragazzi di Barak, bianchi, cercano di convincere 
gli etiopi a votare a sinistra, ma tra i caravan appoggiati sulla 
terra battuta, sotto il sole, tra tutti quei bambini neri portati a 
spalle dalle belle mamme, vanno molto più forte gli amici di 
Netanyahu. 
Per trovare i votanti di sinistra, andiamo nel centro di 
Gerusalemme, a Rehavia, oppure a Moshava Germanit, dove gli edifici 
Bauhaus si mischiano alle case arabe, tra gli alberi fioriti. Qui, 
ironia della sorte, ha votato anche Netanyahu con la moglie Sara. 
In fila, al seggio dell'Accademia di Musica, ecco l'antica 
segretaria di De Gaulle, una piccola affascinante signora vestita 
di bianco di nome Ina Brunn. Si sposò a Beirut, come dice, "col 
suo palestinese", lei proveniente dalle file francesi e lui 
dall'esercito britannico, tutti e due ebrei. In piedi in fila, 
donne vestite a fiori con cappelli di paglia, che parlano fitte, 
antiche compagne, di servizio militare, oggi di corsi di cucina o 
di viaggi in Italia. Con gli occhi azzurri persi nel vuoto fa la 
fila un famoso sassofonista, Arnie Lawrence: dopo tanti anni di 
Village a New York, è approdato a Rehavia, in Israele. Oggi 
coltiva giovani talenti, e sua moglie lo accompagna con un vestito 
lungo sino ai piedi. In fila anche un francescano, un ebreo 
convertito di nome David, venuto a votare per Barak... Le storie 
volano nell'aria, si scontrano mille a mille, si frangono sulla 
tesa aria delle elezioni fatali, vanno a finire piegate in quattro 
nelle urne di Israele. La polizia sorveglia pesantemente le strade, 
che non ci siano attentati. 
            