La scadenza naturale era a ottobre: alle urne entro maggio. Ai laburi sti 16 punti di vantaggio nei sondaggi Peres gioca la sua carta: elezioni an ticipate Il premier vuole il massimo consenso per trattare con Assad
lunedì 12 febbraio 1996 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME NOSTRO SERVIZIO Pallido e vestito di blu Shimon Peres ha
annunciato ieri sera che le elezioni si terranno prima della loro
scadenza naturale il 25 di ottobre. Le elezioni che possono garantire
oppure porre fine alla pace in Medio Oriente. Parlando, si è
soffermato a lungo sulla continuità del suo rapporto con Rabin,
rivendicandolo in modo tale che si capisce che questo sarà il lead
della campagna elettorale che si sta preparando. Ha chiamato intorno
al suo progetto di pace tutti i giovani che mostrarono, nei giorni
dell'assassinio, tanta partecipazione e passione. Ha elencato le
acquisizioni nel campo della pace e dell'economia, e ha detto che è
pur vero che i rapporti con la Siria migliorano più lentamente di
quanto si pensasse, anche se non è questa la causa delle elezioni
anticipate. Si capisce però che Peres vuole un mandato più lungo e
più sicuro per portare a casa la pace. Peres non ha annunciato la
data esatta delle elezioni che saranno comunque o il 21 o il 23 di
maggio. Il Likud le vorrebbe il 28, il più tardi possibile. Benjamin
Netanjau, impaurito e affannato, ha tenuto una conferenza stampa in
risposta quasi contemporaneamente a Peres ribadendo i suoi no (a
Gerusalemme divisa, alla restituzione del Golan) e inaugurato una
guerra per il teleschermo che sarà certo terribile. La mossa di
Peres è audace e anche rischiosa: benché l'onda lunga del consenso
dopo l'assassinio di Rabin sia ancora al partito laburista (il
Mifleget Avoda) di Peres, dandogli sedici punti di vantaggio sul
Likud, tuttavia, se Peres perde queste elezioni, passerà alla storia
come l'uomo che preferì giocarsi il tutto per tutto piuttosto che
come colui che dette ogni cosa pur di proseguire nel processo di pace
fino allo stremo delle forze. Tuttavia è certo che l'intenzione
basilare di Peres è quella di fare la sua pace, la pace con la
Siria. In questo momento le frecce all'arco di Peres sono molte:
l'opposizione dopo l'assassinio, non ha ancora riorganizzato una
linea di attacco efficace. Benjamin Netanjau è ricorso infatti a
un'alleanza con Tsomet, il partito di Rafael Eitan, detto Raful, un
influente ex capo di stato maggiore che esercita un'attrattiva
sull'elettorato moderato, ma non su quello religioso. E che crea
forti dissensi all'interno del partito di Netanjau. Ma soprattutto,
il governo di sinistra che nacque nel '92, ha portato a casa molti
risultati positivi che sono sotto gli occhi di tutti, e che Peres
ieri ha rivendicato uno per uno. La pace con la Giordania non mostra
crepe, quella coi palestinesi si sviluppa senza traumi eccessivi,
Arafat si è dimostrato finora capace di contenere gli attacchi della
Jihad islamica e di Hamas. Gli attentati terroristici non sono in
questo momento un tema bruciante, e quindi il problema della
sicurezza è passato in secondo piano. Sono per strada grandi
aperture economiche e politiche di rapporti con i Paesi del Golfo,
con il Maghreb e con tutto il Medio Oriente. Una situazione mai
sognata prima da Israele. Peres può contare in questo momento anche
su un diffuso buon umore dovuto al flusso di investimenti e a un
volume di affari che trovano riscontro nella crescita pazza
dell'edilizia e nell'acquisto di beni di consumo prima perfino
sconosciuti in Israele. Se Peres vincerà potrà trattare con mano
sicura lo stato di Gerusalemme, avrà mano più libera per far pace
con la Siria. Era troppo difficile per lui, oggi, trattare la
cessione del Golan rischiando il tutto per tutto. Domani, invece, se
vincerà , verrà finalmente il suo turno di apporre un timbro
personale alla storia. Menahem Begin raggiunse la pace con l'Egitto,
Rabin quella con la Giordania; con i palestinesi Rabin e Peres
lavorarono insieme. Adesso Peres vuol essere un vero solista.
Spietatamente, il ministro Yossi Sarid, del partito radicale Meretz
accusa: per amore della sua credibilità , sarebbe stato meglio che
Peres avesse detto la verità alla nazione: doveva evitare di
uscirsene con discorsi troppo elevati e pretese di continuità con
Rabin e dire alla nazione che le elezioni anticipate sono vantaggiose
per il suo partito. Ma questo problema sembra non sfiorare Peres;
semmai il primo ministro è concentrato ad affrontare le autentiche
difficoltà . C'è la grande incognita : un brutto
attentato, un gesto sconsiderato da parte araba o israeliana, può
cambiare tutta la situazione. Qui, la politica, come la sabbia, si
alza a grandi ondate. Netanjau non è battuto in partenza. Ma Peres
dice che tutta la sua storia personale gli dà il diritto ad essere
ottimista. Ed è vero. Fiamma Nirenstein