LA RIPRESA DEL NEGOZIATO SI ALLONTANA SEMPRE DI PIU’ Nel labirinto de gli estremismi Sharon e gli arabi vincolati alla linea dura
giovedì 15 febbraio 2001 La Stampa 0 commenti
SPARSI sulla strada a sud di Tel Aviv, verso Ashkelon, un mare di
sangue
che viene strizzato via con stracci zuppi dentro dei secchi, come
sapone;
scarpe con le lunghe stringhe da soldato, saponette cadute dai
sacchi, e
altri oggetti di casa che un soldato o una soldatessa di leva portano
con sé
alla base. Ma un tocco surreale c’ è stato nella tragica giornata
dell’ attentato per cui Israele ha seppellito sette soldati fra i
diciotto e
i vent’ anni e una donna di trent’ anni: Arafat che ha dichiarato in
Turchia
che, per quel che ne sapeva lui, si era trattato di un incidente
stradale.
Altre bizzarrie di questo genere erano state diffuse nei giorni
scorsi,
quando la stampa palestinese, che non si è data pena di verificare le
accuse
del Rais, ha riportato come pura verità l’ uso di plutonio da parte
delle
truppe israeliane per contaminare i palestinesi; e lunedì la
televisione e
la radio hanno ripetuto all’ infinito che Israele usa gas nervino. Le
fonti
israeliane, anche le meno favorevoli all’ uso della forza, dicono che
è una
pura invenzione, e che si tratta di gas lacrimogeno.
Questo genere di notizie che danno un’ immagine di Israele come di un
paese
criminale e bugiardo punteggiano la stampa palestinese da quando la
figura
di Sharon si è profilate all’ orizzone. « Quale che sia la
responsabilità
diretta di Arafat nell’ escalation di gesti terroristici fino nel
cuore delle
nostre città - ha detto Shaul Mofaz , il capo di Stato Maggiore -
solo lui è
il vero mandante, con il continuo incitamento a colpire dai suoi
mezzi di
comunicazione di massa e l’ atmosfera che si respira nei Territori» .
Anche il presidente della Repubblica Moshè Katsav lo ritiene l’ unico
responsabile. Lo stesso afermano i politici quasi all’ unisono, destra
e
sinistra. E i tecnici, come il direttore del Ministero degli esteri
Allon
Liel: « E’ lui il mandante» . « Da quando c’ è Sharon, Arafat non ha
condannato
né fatto condannare neppure un attentato - spiega Michael Widlanski,
uno
studioso del Medio Oriente che sta completando un lavoro accademico
sui
media nell’ Intifada - Ha permesso invece che leader dei Tanzim, di
Hamas,
incitassero dalla radio, dalla tv e dai giornali, alla violenza, ha
diffuso
una quantità di voci sul carattere "estremista" e anche "fascista" o
"razzista" degli israeliani; d’ altra parte, ha continuato a
dichiarare al
mondo che è disposto a riprendere di nuovo la trattativa se si
riparte dai
vecchi accordi. In realtà , tiene alta la tensione, punta a un
ampliamento
del conflitto che spinga l’ opinione pubblica internazionale a
chiedere una
forza di interposizione nell’ area e desidera l’ appoggio attivo dei
paesi
arabi» .
Ma c’ è un problema, anzi, ce ne sono due. Il primo riguarda il cambio
del
governo: Sharon nella prima dichiarazione sulla crescita della
violenza, ha
riproposto la sua principale decisione strategica: « Sono interessato
a
colloqui di pace solo dopo un cessate il fuoco» . Ovvero, l’ escalation
rischia di produrre su Sharon l’ effetto opposto a quello che faceva
su Barak
e i suoi, che pensavano che la trattativa sui territori fosse l’ unica
strada
per porre fine alla violenza. Sharon invece non riaprirà il dialogo,
neppure
su temi economici che ormai per i palestinesi sono drammaticamente
urgenti,
a meno che Arafat non raffreddi la tensione. Ma Arafat resta al
potere
finchè segue gli umori del popolo: fermare i tanzim, mettere in
prigione i
terroristi di Hamas e requisire armi non è facile. In secondo luogo,
la
presenza degli Hezbollah fra i palestinesi, legata ai nuovi rapporti
con gli
iraniani e a frequenti visite a Damasco, oltre alla rafforzata
amicizia con
Saddam che ha mandato aiuti alle famiglie palestinesi, mettono a
fianco di
Arafat come alleati Paesi Arabi che a differenza dalla Giordania,
dall’ Egitto, dall’ Arabia Saudita, sono poco graditi agli americani.
Il
consenso internazionale che Arafat cerca si dovrebbe fermare
all’ Europa. E
la pressione della Ue su Israele non vale certo quella Americana,
soprattutto ora che le elezioni hanno cambiato la linea di Israele.
Sharon
non cercherà la pace ad ogni costo, e invece si dedicherà
preventivamente
alla sicurezza. Anche con dure azioni di guerra come l’ assassinio di
martedì
a Gaza: i palestinesi li ritengono atti di implacabile e feroce
violazione
della legalità internazionale, che chiamano vendetta. Israele li
considera
come l’ unica risposta praticabile in una guerra senza volto.